Da trivelle a pesca e turismo, la corsa all’oro del Mediterraneo
Economia | 19 gennaio 2016
Dalle estrazioni di petrolio e gas all'acquacoltura, dai trasporti marittimi al turismo, le attività produttive nel Mar Mediterraneo crescono in modo esponenziale, in una «corsa all'oro» che sta gettando le basi per una lotta per lo spazio marittimo e per le risorse marine. A farne le spese le aree marine protette e quindi la biodiversità, in tutto il bacino ma soprattutto in Italia, che nelle sue acque ospita 870 specie introvabili altrove. A lanciare l'allarme sui rischi di uno sviluppo dell'economia 'blù non pianificato e insostenibile è lo studio MedTrends del Wwf. L'indagine analizza i settori economici marittimi chiave e ne delinea le tendenze di sviluppo da qui a 15 anni. Si parte dalle trivelle: al momento oltre il 20% del Mediterraneo è dato in concessione all'industria dei combustibili fossili.
Entro il 2030 la produzione di gas offshore verrà quintuplicata, soprattutto nell'area orientale del bacino. Per l'Italia, dove la Consulta ha appena detto sì al referendum sulle trivelle, sono previste 40 istanze di permesso di Ricerca e 9 istanze di Coltivazione. Le zone più interessate sono il medio e basso Adriatico, il Canale di Sicilia e la Sardegna occidentale. Con la crescita del commercio tra Europa e Asia, il trasporto marittimo cresce ogni anno del 4%, mentre nella Penisola il trend prevede che dai 10 milioni di container standard si passi a 12,5 milioni nel 2020 e ai 17,5 nel 2030.
Nel turismo - il Mediterraneo è la prima destinazione al mondo - si stimano oltre 500 milioni di arrivi internazionali entro il 2030. I croceristi che sbarcano nel Belpaese potrebbero superare i 17 milioni entro il 2020 e salire fino ai 24 milioni entro il 2030. Il turismo si contenderà lo spazio costiero con l'acquacoltura, che nel giro di tre lustri crescerà del 112%.
L'unico settore a mostrare una tendenza in calo è la pesca professionale: agli stock ittici già sovrasfruttati si sommerà l'impatto negativo delle estrazioni di combustibili e minerali. Altro tasto dolente è l'urbanizzazione costiera, che invaderà oltre 5mila km di coste entro il 2025. In Italia, coi suoi litorali ampiamente cementificati, si rischia un consumo di suolo di 10 km all'anno. «L'attuale sfruttamento è semplicemente non sostenibile», avverte il Wwf. «L'unico modo di garantire che il Mar Mediterraneo continui a sostenere le nostre economie nazionali e a promuovere un approccio 'blue growth' è una gestione integrata dello spazio marittimo. Occorre riconciliare la crescita economica e la gestione delle risorse».
CANALE DI SICILIA: L'area interessata, al largo delle coste meridionali della Sicilia, è di circa 3.599 kmq e quattro aree già estrattive o richieste, al largo di Pantelleria, Licata, Gela e Ragusa. Tra le piattaforme petrolifere operative in Sicilia c'è la Vega (60% Edison e 40% Eni), la più grande piattaforma petrolifera fissa del Mediterraneo, 12 miglia a sud di Pozzallo (Ragusa).
ADRIATICO: Oltre 12.290 kmq nell'Adriatico centro meridionale italiano sono interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio, il 58% del totale nazionale estratto dai fondali marini. È in fase di autorizzazione una nuova piattaforma a largo di Ortona dell'Agip, mentre quella di Ombrina mare di Rockhopper, a largo della costa teatina in Abruzzo, è stata invece bloccata dall'emendamento del governo alla Legge di Stabilità che ha ripristinato il limite delle 12 miglia per le trivellazioni il 23 dicembre scorso. IONIO: Nel Mar Ionio sono interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio circa 7.219 Kmq, compresa un'area per la quale è stata richiesto il permesso per l'estrazione degli idrocarburi al largo di Marina di Sibari (Cosenza).
di Francesca Scaglione
Entro il 2030 la produzione di gas offshore verrà quintuplicata, soprattutto nell'area orientale del bacino. Per l'Italia, dove la Consulta ha appena detto sì al referendum sulle trivelle, sono previste 40 istanze di permesso di Ricerca e 9 istanze di Coltivazione. Le zone più interessate sono il medio e basso Adriatico, il Canale di Sicilia e la Sardegna occidentale. Con la crescita del commercio tra Europa e Asia, il trasporto marittimo cresce ogni anno del 4%, mentre nella Penisola il trend prevede che dai 10 milioni di container standard si passi a 12,5 milioni nel 2020 e ai 17,5 nel 2030.
Nel turismo - il Mediterraneo è la prima destinazione al mondo - si stimano oltre 500 milioni di arrivi internazionali entro il 2030. I croceristi che sbarcano nel Belpaese potrebbero superare i 17 milioni entro il 2020 e salire fino ai 24 milioni entro il 2030. Il turismo si contenderà lo spazio costiero con l'acquacoltura, che nel giro di tre lustri crescerà del 112%.
L'unico settore a mostrare una tendenza in calo è la pesca professionale: agli stock ittici già sovrasfruttati si sommerà l'impatto negativo delle estrazioni di combustibili e minerali. Altro tasto dolente è l'urbanizzazione costiera, che invaderà oltre 5mila km di coste entro il 2025. In Italia, coi suoi litorali ampiamente cementificati, si rischia un consumo di suolo di 10 km all'anno. «L'attuale sfruttamento è semplicemente non sostenibile», avverte il Wwf. «L'unico modo di garantire che il Mar Mediterraneo continui a sostenere le nostre economie nazionali e a promuovere un approccio 'blue growth' è una gestione integrata dello spazio marittimo. Occorre riconciliare la crescita economica e la gestione delle risorse».
TRIVELLE OFFSHORE DALL'ADRIATICO AL CANALE SICILIA
CANALE DI SICILIA: L'area interessata, al largo delle coste meridionali della Sicilia, è di circa 3.599 kmq e quattro aree già estrattive o richieste, al largo di Pantelleria, Licata, Gela e Ragusa. Tra le piattaforme petrolifere operative in Sicilia c'è la Vega (60% Edison e 40% Eni), la più grande piattaforma petrolifera fissa del Mediterraneo, 12 miglia a sud di Pozzallo (Ragusa).
ADRIATICO: Oltre 12.290 kmq nell'Adriatico centro meridionale italiano sono interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio, il 58% del totale nazionale estratto dai fondali marini. È in fase di autorizzazione una nuova piattaforma a largo di Ortona dell'Agip, mentre quella di Ombrina mare di Rockhopper, a largo della costa teatina in Abruzzo, è stata invece bloccata dall'emendamento del governo alla Legge di Stabilità che ha ripristinato il limite delle 12 miglia per le trivellazioni il 23 dicembre scorso. IONIO: Nel Mar Ionio sono interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio circa 7.219 Kmq, compresa un'area per la quale è stata richiesto il permesso per l'estrazione degli idrocarburi al largo di Marina di Sibari (Cosenza).
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