Da Parigi a Roma e Palermo rivolta contro il terrore
“Non in mio nome”, è stato il motto che ha contraddistinto le manifestazioni dei musulmani europei contro il terrorismo islamista dopo il 13 Novembre. Da Parigi a Roma a Palermo una presa di coscienza collettiva del pericolo rappresentato dal terrorismo schermato da motivi religiosi che solleva molte discussioni su come rispondere. Poiché non è una guerra tradizionale, la risposta deve adeguarsi alla tipologia di un fenomeno terroristico che nasconde dietro la religione i veri motivi dello scontro. Così scopriamo di trovarci di fronte a una ristretta oligarchia di ricchi e potenti che mira al controllo del petrolio e del potere in quell’area mediorientale con propaggini e alleanze in Africa. Il Califfato, generato da Al Qaeda a sua volta nata dagli errori degli Usa e dell’Occidente,prima in Afganistan poi in Iraq e in Libia, invoca Allah, ma sostenuto da potenti uomini d’affari sunniti, wahhbita e salafita, commercia in armi e petrolio con tanti paesi del mondo compreso quello occidentale. Così il Califfato, che sostiene una ideologia di totalitarismo assoluto, sempre in nome di Allah, riesce a reclutare militanti nel disagio sociale e nell’area vasta della disuguaglianza frutto di tanti anni di neoliberismo e di globalizzazione senza governance democratica. Non per caso gli assassini del 13 novembre sono figli o nipoti di immigrati di prima generazione che sono nati, hanno studiato e vissuto in Francia e in Europa, che pensano di trovare il proprio io e la salvezza eterna nel terrorismo, sino al suicidio. Dopo mille anni dalle crociate cristiane fatte al grido”Lo vuole Dio”registriamo nuove crociate al grido “Allah Akbar” dimenticando che il Dio invocato dai cristiani, dagli ebrei o dai musulmani predica la misericordia.
La risposta non può essere solo quella militare, ma deve affrontare i nodi della disuguaglianza sociale tra i vari paesi e al loro interno. Le periferie degradate e il perenne precariato di intere fasce generazionali, mentre una ristretta elite diventa sempre più ricca, sono alcune componenti di quell’humus che alimenta il terrorismo.
La stabilità politica nei vari paesi è fondata sul grado di benessere dei cittadini e sulla loro possibilità di partecipare al governo dell’economia e della società, e quindi non solo di votare ogni tanto per una democrazia rappresentativa formale. L’eliminazione violenta di dittatori come Sadam Hussein, Gheddafi, Mubarek senza una strategia democratica per il dopo ha favorito la nascita del Califfato. La risposta al terrorismo deve prevedere un progetto di liberazione, di democrazia e di controllo democratico delle risorse da parte dei cittadini e della loro rappresentanza politica. Oggi il controllo delle risorse economiche del Pianeta e della loro equa distribuzione sfugge ai governi nazionali e aegli organismi internazionali sprovvisti di una strategia globale di sviluppo armonico. Da questo punto di vista la minaccia del terrorismo potrebbe rilanciare il processo di unità politica europea e rendere concreta la sinergia tra Usa, Russia, Brics nella difesa i diritti dell’uomo e la pace. Se questa intesa nascerà il Califfato avrà poca vita, sarà sconfitto militarmente e politicamente. Ma la pace nel mondo e il diritto di tutti alla felicità terrena sarà garantita solo con il riequilibrio dell’uso delle risorse e della ricchezza prodotta nel pianeta.
Allah dei musulmani o Dio dei cristiani o degli ebrei non possono essere schermi per nascondere i veri interessi in gioco.
L’illusione che il radicalismo fanatico possa risolvere i drammi degli uomini è già stata sconfitta nel Novecento con la fine dei totalitarismi del fascismo, del nazismo, dello stalinismo con la partecipazione delle grandi masse oltre che degli eserciti. Il terrorismo di questo quindicennio del ventunesimo secolo non può rimuovere quelle esperienze e ignorare i pericoli dei populismi e dei neoautoritarismi del presente.
Ancora una volta gli antidoti saranno innovazione, conoscenza e democrazia.
Ultimi articoli
- La marcia del 1983, si rinnova la sfida alla mafia
- Bagheria, consiglio
aperto sulla “marcia” - La nuova Cortina
di ferro grande campo
di battaglia - La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione