Da energia, acqua e gas almeno 11 mila posti di lavoro al Sud

Economia | 14 febbraio 2019
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Per molto tempo il Sud è sembrato scomparire dal dibattito pubblico italiano. Eppure, la gran parte dei temi attualmente in discussione avranno effetti tutt'altro che secondari su economia e società meridionali. Si pensi all'impatto di una misura come il reddito di cittadinanza che per oltre il 53% sarà devoluto a beneficiari residenti in queste aree, ma anche al fatto che ,sorprendendo coloro che non avevano capito i reali contenuti del provvedimento, le domande per la cosiddetta “quota cento”- cioè l'accesso al pensionamento con i due requisiti di 63 anni di età e 38 di contribuzione- vede in testa la Sicilia, seguita dal Lazio e dalla Lombardia. 

A segnalare la complessità e la contraddittorietà di quanto sta avvenendo a sud del fiume Garigliano, i recenti dati Eurostat confermano che tre delle principali regioni del Mezzogiorno si collocano agli ultimi posti in Europa della graduatoria della disoccupazione giovanile (15-24 anni): la Sicilia con un tasso del 52,9%, la Campania con il 54,7% e la Calabria addirittura al 55,6%. Peggio di quest'ultima, a livello comunitario, fanno solo Melilla, enclave spagnola in Marocco, l'isola greca di Voreio Aigaio, la regione ellenica di Ipeiros e la Mayotte, territorio francese d'oltremare. Necessita un ragionamento di tipo nuovo, capace non solo di attirare verso l'area nuovi investimenti pubblici e privati, ma anche di affrontare in una logica di integrazione la prospettiva di un cambiamento profondo della qualità della vita nel Sud. 

Da questo punto di vista, risulta assai utile l'analisi che la Svimez ha condotto per conto di Utilitalia (Federazione delle aziende pubbliche dei servizi di acqua, gas ed energia elettrica) sulle società pubbliche (utilities, come si usa definirle) che erogano servizi come l'acqua, l'energia elettrica, il gas metano) e che è stata presentata a Bari nei giorni scorsi. Lo studio dell'istituto di via Porta Pinciana mette in rilievo che «se si realizzasse un miliardo di euro di investimenti aggiuntivi all' interno dei tre comparti delle utilities, equivalente al doppio di quanto effettivamente realizzato nel 2016, si genererebbe un incremento di produzione permanente nelle otto regioni del Sud di quasi 900 milioni di euro, con un Pil aggiuntivo di poco più di mezzo miliardo e oltre 11.000 posti di lavoro in più».Svimez, guardando nel lungo periodo, stima che con altri 5 miliardi di investimento si determinerebbero effetti più che proporzionali rispetto a quelli prodotti con l'investimento di un solo miliardo, riducendo significativamente il gap con il Centro-Nord.
Dallo studio, emerge che le aziende di servizi di pubblica utilità partecipate dagli enti territoriali con sede legale nel Sud (245) sono finanziate in modo insufficiente e risultano sottodimensionate. Ne consegue che la produzione per abitante dei servizi di pubblica utilità al Sud è di circa 201 euro, mentre è di 972 euro nel resto del Paese.
Quanto agli investimenti il divario è eclatante: 22 euro contro 124, , pur con notevoli differenze all'interno dell'area. In Puglia sono stati investiti oltre 44,6 euro per abitante, in Sicilia 18,1, in Campania, 13,1, 8,9 in Basilicata e 3 miserrimi euro in Calabria. Ma ciò che colpisce è che a disposizione ci sarebbero 60 miliardi del Fondo sviluppo e coesione da spendere per le utilities da qui al 2025, una somma enorme che non viene utilizzata per «carenza di progetti e capacità organizzativa». L' Associazione per lo sviluppo dell' industria nel Mezzogiorno ha registrato anche che le utilities del Mezzogiorno, pur attivando in media l' 1,14% del Pil regionale, ne disperdono una parte al di fuori dei loro territori verso il Centro-Nord, a dimostrare la stretta interdipendenza dell' economia centro-settentrionale con quella meridionale. Inoltre, oltre il 45% della spesa per investimenti delle aziende meridionali del settore è rivolta a beni e servizi prodotti nel Centro-Nord, percentuale che supera il 50% in Sardegna e Calabria.

 Ma ancora una volta, conclude la ricerca, «la capacità di trattenere all' interno dei confini regionali una quota maggiore o minore è influenzata anche dalla gestione operativa delle aziende, migliore nelle regioni del Centro-Nord rispetto a quelle del Sud». E' una partita veramente importante: non si tratta, infatti, solo di servizi al cittadino e alle imprese, di qualità degli stessi e di virtuosità dei comportamenti, ma anche di sviluppo del territorio e di posti di lavoro.

 di Franco Garufi

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