Da energia, acqua e gas almeno 11 mila posti di lavoro al Sud
Per molto tempo il Sud è sembrato scomparire dal dibattito pubblico italiano. Eppure, la gran parte dei temi attualmente in discussione avranno effetti tutt'altro che secondari su economia e società meridionali. Si pensi all'impatto di una misura come il reddito di cittadinanza che per oltre il 53% sarà devoluto a beneficiari residenti in queste aree, ma anche al fatto che ,sorprendendo coloro che non avevano capito i reali contenuti del provvedimento, le domande per la cosiddetta “quota cento”- cioè l'accesso al pensionamento con i due requisiti di 63 anni di età e 38 di contribuzione- vede in testa la Sicilia, seguita dal Lazio e dalla Lombardia.
A segnalare la complessità e la contraddittorietà di quanto sta avvenendo a sud del fiume Garigliano, i recenti dati Eurostat confermano che tre delle principali regioni del Mezzogiorno si collocano agli ultimi posti in Europa della graduatoria della disoccupazione giovanile (15-24 anni): la Sicilia con un tasso del 52,9%, la Campania con il 54,7% e la Calabria addirittura al 55,6%. Peggio di quest'ultima, a livello comunitario, fanno solo Melilla, enclave spagnola in Marocco, l'isola greca di Voreio Aigaio, la regione ellenica di Ipeiros e la Mayotte, territorio francese d'oltremare. Necessita un ragionamento di tipo nuovo, capace non solo di attirare verso l'area nuovi investimenti pubblici e privati, ma anche di affrontare in una logica di integrazione la prospettiva di un cambiamento profondo della qualità della vita nel Sud.
Da questo punto di vista, risulta assai
utile l'analisi che la Svimez ha condotto per conto di Utilitalia
(Federazione delle aziende pubbliche dei servizi di acqua, gas ed
energia elettrica) sulle società pubbliche (utilities, come si usa
definirle) che erogano servizi come l'acqua, l'energia elettrica, il
gas metano) e che è stata presentata a Bari nei giorni scorsi. Lo
studio dell'istituto di via Porta Pinciana mette in rilievo che «se
si realizzasse un miliardo di euro di investimenti aggiuntivi all'
interno dei tre comparti delle utilities, equivalente al doppio di
quanto effettivamente realizzato nel 2016, si genererebbe un
incremento di produzione permanente nelle otto regioni del Sud di
quasi 900 milioni di euro, con un Pil aggiuntivo di poco più di
mezzo miliardo e oltre 11.000 posti di lavoro in più».Svimez,
guardando nel lungo periodo, stima che con altri 5 miliardi di
investimento si determinerebbero effetti più che proporzionali
rispetto a quelli prodotti con l'investimento di un solo miliardo,
riducendo significativamente il gap con il Centro-Nord.
Dallo
studio, emerge che le aziende di servizi di pubblica utilità
partecipate dagli enti territoriali con sede legale nel Sud (245)
sono finanziate in modo insufficiente e risultano sottodimensionate.
Ne consegue che la produzione per abitante dei servizi di pubblica
utilità al Sud è di circa 201 euro, mentre è di 972 euro nel resto
del Paese.
Quanto agli investimenti il divario è eclatante: 22
euro contro 124, , pur con notevoli differenze all'interno dell'area.
In Puglia sono stati investiti oltre 44,6 euro per abitante, in
Sicilia 18,1, in Campania, 13,1, 8,9 in Basilicata e 3 miserrimi euro
in Calabria. Ma ciò che colpisce è che a disposizione ci sarebbero
60 miliardi del Fondo sviluppo e coesione da spendere per le
utilities da qui al 2025, una somma enorme che non viene utilizzata
per «carenza di progetti e capacità organizzativa». L'
Associazione per lo sviluppo dell' industria nel Mezzogiorno ha
registrato anche che le utilities del Mezzogiorno, pur attivando in
media l' 1,14% del Pil regionale, ne disperdono una parte al di fuori
dei loro territori verso il Centro-Nord, a dimostrare la stretta
interdipendenza dell' economia centro-settentrionale con quella
meridionale. Inoltre, oltre il 45% della spesa per investimenti delle
aziende meridionali del settore è rivolta a beni e servizi prodotti
nel Centro-Nord, percentuale che supera il 50% in Sardegna e
Calabria.
Ma ancora una volta, conclude la ricerca, «la capacità di trattenere all' interno dei confini regionali una quota maggiore o minore è influenzata anche dalla gestione operativa delle aziende, migliore nelle regioni del Centro-Nord rispetto a quelle del Sud». E' una partita veramente importante: non si tratta, infatti, solo di servizi al cittadino e alle imprese, di qualità degli stessi e di virtuosità dei comportamenti, ma anche di sviluppo del territorio e di posti di lavoro.
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