Da Bisacquino a Los Angeles, la parabola di Frank Capra

Cultura | 2 settembre 2021
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Trent'anni fa (3 settembre 1991) moriva uno dei registi più importanti dell’epoca d’oro di Hollywood, Frank Capra, autore del film "La vita è meravigliosa". Nato a Bisacquino, in provincia di Palermo come Francesco Rosario Capra il 18 maggio 1897, è stato un pioniere dell’american dream, un umile emigrante italiano divenuto celebrità internazionale. Ultimogenito dei sette figli di Salvatore, fruttivendolo, e di Rosaria, a cinque anni emigrò con la famiglia in California. Capra è stato infatti uno degli autori più importanti dell’epoca d’oro di Hollywood fra gli anni '30 e '40.

 In una cornice di glamour e sogno, è riuscito a regalare al mondo pellicole memorabili all’insegna dell’ottimismo e delle emozioni, capaci di commuovere il pubblico e portarlo verso i buoni sentimenti. Fra le sue commedie ricordiamo "Accadde una notte" (1934), "E' arrivata la felicità" (1936), "Mr. Smith va a Washington" (1939), "Arriva John Doe" (1941), "L'eterna illusione" (1938) e naturalmente "La vita è meravigliosa" (1946) che ancora oggi le reti tv ci regalano ogni Natale come fosse una tradizione da rispettare.

 La strada per arrivare al successo però non fu in discesa, e neppure breve: a dieci anni di età, per aiutare la famiglia, Frank già lavorava come "strillone" agli angoli delle strade, vendendo i giornali ai passanti. Una volta diplomatosi poi, anzichè andare a lavorare come avrebbero voluto i genitori, volle continuare gli studi e divenne ingegnere chimico presso il Throop Institute, il futuro California Institute of Technology, mantenendosi con lavoretti come il servizio di lavanderia del campus e quello ai tavoli della mensa. 

Un vero self made man, Frank. E anche l’incontro con il cinema fu frutto della sua intraprendenza: nel 1922, dopo aver compiuto esperienze di aiuto-regia per piccole produzioni locali, si propose come regista a Walter Montague, produttore dei Fireside Studios, dirigendo il cortometraggio "Fultah Fisher's Boarding House". E capì che quello era il suo destino, ma che si trattava ancora di una strada in salita da percorrere faticosamente. Negli anni successivi infatti Capra ricoprì il ruolo di tuttofare del set, fino a diventare battutista, e finalmente sceneggiatore per la serie comica di "Simpatiche canaglie", prodotta da Hal Roach. 

Quel periodo di apprendistato sul campo fu però la migliore delle scuole di cinema, dei suoi meccanismi, dei piccoli e grandi segreti e delle regole del backstage. Finchè Capra cominciò una vera formazione come regista sotto Mack Sennett, alla Keystone, che lo portò a lavorare alla First National con il comico Harry Langdon per il quale diresse "La grande sparata" (1926), sua prima regia di un lungometraggio, e "Le sue ultime mutandine" (1927).

Frank ce l’aveva fatta: era diventato un regista; ora doveva dimostrare al mondo che era anche bravo. L'occasione arrivò con la Columbia: dopo un ultimo film per la First National, "Per l’amore di Mike" (1927), fu l’incontro della vita, destinato a lasciare il segno nella storia del cinema. La Columbia, in cerca di affermazione su un mercato dominato dalle "Big Five" - MGM, Warner Bros., Paramount, 20th Century Fox, RKO - concesse a Capra completa autonomia ed ottenne da lui una serie di film a basso costo che si rivelarono fra i maggiori successi cinematografici degli anni trenta, e che portarono a Capra tre Premi Oscar come miglior regista nel giro di cinque anni (1935, 1937, 1939), fama e denaro. Il 1934 segnò infatti la svolta decisiva della sua carriera: il suo "Accadde una notte" gli regalò uno straordinario successo, e i cinque Oscar maggiori: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior attore protagonista e miglior attrice protagonista, rendendolo uno dei registi più importanti di Hollywood.

 Fu l’inizio di un periodo d’oro per Capra, che nei suoi film riuscì a rappresentare la Grande crisi ma anche la speranza che animava gli americani, i conflitti e la solidarietà, con una dote unica: riusciva a raggiungere il cuore del pubblico. I cinque film girati tra il 1936 e il 1941, da "E' arrivata la felicità" a "Arriva John Doe", ottennero complessivamente trentuno candidature e sei premi Oscar, e furono tutti grandi successi commerciali. Capra fu presidente della Motion Picture Academy dal 1935 al 1939, mentre dal 1939 al 1941 della Screen Directors Guild, guidando le rivendicazioni dei registi per il riconoscimento del loro ruolo centrale nel processo produttivo. All’inizio del nuovo decennio però, la Columbia gli appariva ormai non più alla sua altezza e così si mise in proprio con la produzione indipendente: insieme a Robert Riskin, sceneggiatore di fiducia, fondò la Frank Capra Productions e strinse un accordo per la distribuzione con la Warner Bros. 

Ma il successo non è eterno. Gli anni della seconda guerra mondiale e quelli successivi segnano una cesura netta nella sfolgorante carriera di Capra, attaccato a uno stile ormai superato in un mondo in veloce trasformazione post-bellica. E così arrivarono il declino professionale, la stanchezza, la mancanza di creatività, le difficoltà nell’indipendenza produttiva. La Liberty Films, fondata nel 1945 insieme all’ex produttore capo della Columbia Samuel J. Briskin e ai colleghi registi William Wyler e George Stevens, ebbe vita breve: nel 1947 venne ceduta alla Paramount Pictures a causa dell’insuccesso del film "La vita è meravigliosa" (1946) e dè "Lo stato dell’Unione" (1948). Dopo qualche anno, e dopo alcuni remake dei propri film, come "La gioia della vita" del 1950 e "Angeli con la pistola" del 1961, ecco arrivare una nuova avventura: il piccolo schermo. Capra fu uno dei primi grandi di Hollywood a sperimentare la televisione realizzando, tra il 1956 ed il 1958, una serie di documentari didattici a carattere scientifico. Trascorse il resto della sua lunga vita nel buen retiro californiano di La Quinta, dove morì nel 1991.



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