Covid: dramma per milioni di italiani, affare per le mafie

24 febbraio 2021
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Un dramma per milioni di italiani, un affare per le mafie. I clan hanno trasformato la crisi-Covid in grande opportunità di guadagno: rilevano aziende fallite per la pandemia, si infiltrano negli enti locali, incamerano appalti, mettono le mani sul business della sanità e guardano con interesse ai progetti per la riconversione 'green' dell’economia ed ai fondi del Recovery plan. L’allarme è contenuto nell’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al Parlamento ed il direttore Maurizio Vallone segnala un dato significativo al riguardo: nonostante l'economia italiana abbia subito un rallentamento di circa il 10% del prodotto interno lordo, nel primo semestre del 2020 le segnalazioni per operazioni sospette sono aumentate del 30%. 

Le indagini raccontano di una criminalità organizzata che durante il lockdown ha continuato ad agire sottotraccia, con un calo delle «attività criminali di primo livello» (traffico di droga, estorsioni, ricettazione, rapine), ma un aumento al Nord ed al Centro dei casi di riciclaggio e, al Sud, i casi di scambio elettorale politico-mafioso e di corruzione. Stabile l'usura, fattore sintomatico di una pressione «indiretta" comunque esercitata sul territorio. Si tratta, rileva la Dia, "di segnali embrionali che, però, impongono alle Istituzioni di tenere alta l’attenzione soprattutto sulle possibili infiltrazioni negli Enti locali e sulle ingenti risorse destinate al rilancio dell’economia del Paese». 

Sono cresciute anche le segnalazioni di operazioni sospette (Sos) pervenute alla Direzione rispetto allo stesso periodo del 2019. Un dato, viene sottolineato, «indicativo se si considera il blocco delle attività commerciali e produttive determinato dall’emergenza Covid della scorsa primavera». La disponibilità di liquidità delle cosche punta ad incrementare il consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà, con il rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole «possano essere fagocitate nel medio tempo dalla criminalità, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti». Diventa pertanto fondamentale, si legge nella Relazione, "intercettare i segnali con i quali le organizzazioni mafiose punteranno, da un lato, a 'rilevarè le imprese in difficoltà finanziaria, esercitando il welfare criminale ed avvalendosi dei capitali illecitamente conseguiti mediante i classici traffici illegali; dall’altro, a drenare le risorse che verranno stanziate per il rilancio del Paese». 

Per contrastare gli appetiti mafiosi sugli appalti Vallone un 'controllo amministrativo preventivò da parte dei prefetti, non sulle imprese che partecipano ai bandi ma sull'appalto stesso. Ciò per evitare che gli infiniti ricorsi blocchino le gare e allo stesso tempo garantire allo Stato uno strumento concreto per monitorare possibili infiltrazioni mafiose. «Sulla base dell’articolo 34 bis del Codice antimafia - spiega il direttore della Dia - quando un tribunale ritiene che ci siano elementi da approfondire, anziché interdire la ditta, si stabilisce un controllo giudiziario per sei mesi nei quali l'impresa continua ad esercitare nel pieno delle sue funzioni, ma deve rendere conto al delegato del tribunale di ogni sua operazione». 

Al di là del Covid, la Relazione scatta una fotografia delle tendenze che si riscontrano nelle diverse organizzazioni. La 'ndrangheta, sempre leader dei grandi traffici di droga e saldamente proiettata in tutto il Nord, in Europa ed in America, sta perdendo la sua caratteristica struttura monolitica ed impermeabile a fenomeni come la collaborazione con la giustizia di affiliati e imprenditori e commercianti taglieggiati e costretti in precedenza all’omertà. Cosa Nostra ha rivitalizzato i contatti con le famiglie d’oltreoceano, riammettendo nei suoi ranghi le nuove generazioni degli 'scappatì dalla guerra di mafia degli anni '80 e sta beneficiando di scarcerazioni di anziani affiliati che hanno scontato lunghe pene detentive. La camorra usa le sue ingenti risorse economiche per proporre «un 'interventò potenzialmente molto più rapido ed efficace rispetto a quello dello Stato, una sorta di welfare porta a porta, utile per accrescerne il consenso».

Il ruolo dei clan cinesi, sudamericani e dei Pesi dell'Est

Le 'mafiè etniche rappresentano nel complesso panorama nazionale «una componente rilevante e in continua ascesa». E in termini generali, «la criminalità transnazionale rappresenta una minaccia reale non solo per il nostro Paese ma anche sul piano globale», continua la Dia nell’ultima Relazione semestrale, che sottolinea come le consorterie etniche, talora 'alleatè per la realizzazione di specifici affari illeciti, «in genere mantengono una reciproca indipendenza evitando contrapposizioni attraverso equilibri basati sulla ripartizione territoriale e dei settori criminali di competenza». In alcuni casi, tuttavia, «la competizione per il predominio conduce a scontri che si traducono in atti di estrema violenza».

La criminalità organizzata cinese, oltre che nello spaccio di droga, è attiva nella contraffazione dei marchi, nelle estorsioni e nelle rapine nell’ambito della propria comunità etnica, nello sfruttamento della prostituzione di connazionali, nonchè e talvolta nel traffico illecito di rifiuti: «L'interesse di tali consorterie è anche orientato verso la commissione di reati economico-finanziari, quali ad esempio la costituzione di società 'apri e chiudì, con l’unica finalità di interporsi fittiziamente in transazioni commerciali, senza eseguire il pagamento delle imposte oppure il riciclaggio di proventi illeciti attuato, spesso, con l’ausilio di money transfer». Significativa «la presenza di consorterie criminali 'russofonè, composte da soggetti provenienti dai Paesi dell’ex Urss. Si tratta principalmente di georgiani e moldavi attivi nella commissione di reati contro il patrimonio, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nonchè nello sfruttamento della prostituzione di connazionali. Più recentemente le consorterie est europee si sono rivelate operative anche nel contrabbando di merci e prodotti petroliferi».

 Altre compagini, radicate soprattutto nel Nord Italia ma presenti anche nel Lazio, sono «quelle di origine sudamericana, le quali, oltre al traffico di droga e ai reati contro la persona e il patrimonio, sono dedite alla tratta di persone, finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, le cui vittime sono transessuali di origine brasiliana, peruviana e colombiana. 

Il ritorno degli scappati e degli anziani in Sicilia

 La criminalità mafiosa siciliana, e Cosa nostra in particolare, «pur essendo stata duramente colpita dall’attività di contrasto, ha dimostrato di possedere una straordinaria capacità di resilienza e ricostituzione dei ranghi e dell’operatività garantendo notevoli doti di flessibilità e adattamento», sottolinea la Dia  ricordando anche come le 'famigliè stiano tentando di «serrare le fila anche riammettendo nei suoi ranghi le nuove generazioni degli 'scappatì dalla guerra di mafia degli anni '80 oltre a beneficiare di scarcerazioni di anziani affiliati che hanno scontato lunghe pene detentive.

Per una organizzazione così strutturata, a differenza di altre, il reinserimento di affiliati che hanno subito il carcere con 'onorè, cioè senza pentirsi, avviene di norma senza traumi o conflitti anche nella consapevolezza che il rientro sul territorio di tali soggetti aumenta il prestigio dell’organizzazione mafiosa».

 I cardini intorno ai quali ruotano le attività criminali sono sempre gli stessi: «estorsioni ed usura, narcotraffico e gestione dello spaccio di stupefacenti, controllo del gioco d’azzardo legale ed illegale, inquinamento dell’economia dei territori, soprattutto nei settori dell’edilizia, del movimento terra, dell’approvvigionamento dei materiali inerti, dello smaltimento dei rifiuti, della produzione dell’energia, dei trasporti e dell’agricoltura.

 Spesso ciò si realizza attraverso l’infiltrazione o il condizionamento degli enti locali, anche avvalendosi della complicità di politici e funzionari corrotti». In conclusione, avverte la Dia, «il fenomeno mafioso, in continua evoluzione e adattamento alle mutate condizioni sociali e territoriali, si presenta come un sistema i cui componenti hanno acquisito la consapevolezza che azioni di eclatante violenza costituiscono l’extrema ratio del loro agire criminale, ragion per cui vanno sostituite, finchè possibile, con forme più subdole di intimidazione e corruzione.

 In un tale quadro è verosimile che le consorterie mafiose dell’isola cerchino di evitare contrasti violenti continuando a ricercare un 'equilibriò tra le organizzazioni allo scopo di trarre il massimo vantaggio da una situazione, com'è quella attuale, che prospetta ampi margini di inserimento per la criminalità organizzata».

La 'ndrangheta non è più chiusa, aumentano i pentiti

 «Oggi la 'ndrangheta, seppure leader nel traffico internazionale di stupefacenti, non appare più così monolitica ed impermeabile a fenomeni quali la collaborazione con la giustizia di affiliati e di imprenditori e commercianti sino a ieri costretti all’omertà dal timore che l’organizzazione mafiosa imponeva loro». Lo rileva l’ultima Relazione semestrale al Parlamento della Direzione investigativa antimafia, secondo cui «un numero sempre maggiore di collaborazioni con la giustizia di soggetti appena tratti in arresto per vari reati sta frantumando quel clima di omertà e di impenetrabilità che aveva contraddistinto questa organizzazione mafiosa, realtà sempre più percepita dai cittadini che, in numero ormai significativo, stanno decidendo di collaborare alle indagini testimoniando il loro assoggettamento alle estorsioni mafiose»

D.I.A. - RELAZIONE PRIMO SEMESTRE 2020

 di Angelo Meli

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