Così la rivoluzione Podemos governerà la Spagna
Ora alle elezioni politiche spagnole del prossimo novembre ogni risultato sarà possibile la vittoria di Podemos a Barcellona e Madrid e la possibilità di amministrare in alleanza con il PSOE altre importanti città spagnole modificano gli assetti e le prospettive della politica iberica e segnano il tramonto del bipartitismo che ha caratterizzato la ricostruzione della democrazia in Spagna dopo la fine della dittatura franchista. La trasformazione del movimento degli Indignados in partito strutturato ha consentito l’emersione non solo di un nuovo leader, Pablo Iglesias, ma anche l’affermazione di un personale politico nuovo.
Basti pensare che la nuova sindaco di Madrid è stat a lungo il punto di riferimento delle associazioni che lottavano per il diritto alla casa. La Spagna sta uscendo dalla grande recessione con un discreto anticipo rispetto all’Italia, ma paga un prezzo altissimo in termini di disoccupazione di massa e di drastica flessione dei livelli di vita di vasti settori della popolazione, compresi la parte del ceto medio che stavolta ha indirizzato il proprio voto verso Podemos. Anche l’altro soggetto alternativo alla politica tradizionale ma meno caratterizzato sul piano ideologico, i Ciudadanos, ottiene un buon risultato, a conferma dell’ampiezza della crisi vissuta dai due partiti che si sono alternati al potere nell’ultimo trentennio.
La buona notizia è che nella metropoli catalana sono crollati gli autonomisti esasperati che si apprestavano al referendum sull’indipendenza. La risposta alla crisi delle istituzioni spagnole non va, dunque, in direzione dello sfaldamento dell’unità nazionale e della contrapposizione localistica ma si orienta verso nuove forme di partecipazione politica, comunque orientate a sinistra. Il Partito Popolare paga il prezzo di politiche economiche rigoriste che non hanno saputo dare risposta ai settori della popolazione più colpiti dalla crisi. Esso, tuttavia, mantiene un forte insediamento elettorale e riesce ad evitare il tracollo nei principali centri urbani. I socialisti subiscono una flessione, ma si attestano comunque al 25%: risultato da non sottovalutare- dati i tempi che corrono- per un partito che ha recentemente rinnovato il suo gruppo dirigente ed operato anche una non facile transizione generazionale.
Bisognerà studiare i flussi elettorali , in particolare quelli che riguardano il destino dei voti persi dai popolari , ma la sensazione è che sia i popolari che i socialisti abbiano subito emorragie a vantaggio dei movimenti “anticasta” . Podemos ha vinto la sua scommessa e potrà cimentarsi con il governo di grandi città, a partire da quella Barcellona che è il cuore produttivo della Spagna intera. Non sarà compito facile per un partito appena nato e con un gruppo dirigente centrale ancora da rodare e che punterà le sue carte sulle elezioni politiche.
Il doppio impegno da un lato può galvanizzare la base militante nella prospettiva della campagna elettorale , dall’altro costringerà i nuovi sindaci espressione del movimento ad impegnarsi a non deludere le aspettative di un elettorato ancora in gran parte da fidelizzare. Significativa, anche da questo punto di vista la pressoché totale scomparsa di Izquerdia Unida, a testimoniare che la forza di attrazione del nuovo travolge anche target di votanti in passato considerati stabili. Sarà interessante vedere quali saranno le prossime mosse del giovane docente dell’Università Complutense di Madrid , destinato con ogni probabilità a diventare attore di primo piano della vicenda politica del suo paese. Personalmente, ritengo che da qui a novembre il carattere alternativo ed anti casta di Podemos sia destinato ad accentuarsi per motivi di convenienza elettorale,.
Ma nel medio periodo l’esperienza di governo di grandi città accentuerà la vocazione ad intervenire attivamente nella gestione dei processi politici ed economici che già traspare dai documenti programmatici di quel partito. In ogni caso, le politiche di rigore hanno subito in Spagna un colpo mortale: un altro segnale che, per l’Europa, diventa sempre più urgente cambiare in maniera radicale un’impostazione di politica economica che rischia di metter in forse il futuro stesso dell’Unione.
Vale la pena, infatti, di ricordare che contemporaneamente in Polonia nell’elezione del presidente della Repubblica si è inaspettatamente affermato il candidato della destra populista. Si provi a sommare quanto avvenuto nelle elezioni britanniche ai risultati di ieri a Madrid e Varsavia ed apparirà in equivoca la necessità che le istituzioni europee voltino pagina o addirittura cambino libro. E in Italia? Siamo all’ultima settimana di campagna elettorale in sette regioni importanti: non riesco a prevedere cosa ci porterà l’alba del 1° giugno. Mi pare tuttavia che il paese sia arrivato ad un punto in cui non bastano le uscite estemporanee e gli hashtag lanciati su twitter per affrontare i problemi insoluti ormai da quindici anni.
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