Così la mafia investe nell'archeologia
Forse in tanti sconoscono che l’arte e, nella fattispecie, l’archeologia è un campo che attrae non solo gli studiosi e gli appassionati ma anche gli interessi della malavita. Il traffico di reperti archeologici, oltre alle armi e alla droga, ha creato un intreccio di interessi che vale miliardi di euro, basti pensare che quello dell'arte è il quarto mercato più redditizio del crimine internazionale.
Una dei caveau preferiti è risultata essere la Svizzera, dove già dal 2001 i Carabineri del Nucleo tutela patrimonio culturale (Tpc) dopo anni di indagini che partivano da Castelvetrano, comune in provincia di Trapani, nella Sicilia nord occidentale, avevano scoperto un tesoro di valore inestimabile. E’, quella parte della Sicilia, una zona molto ricca di insediamenti, basti citare Selinunte, il parco archeologico più grande d'Europa, e non lontano, verso Mazara del Vallo, il tratto di mare più ricco di relitti e opere d'arte inabissate, una per tutte il famoso Satiro danzante.
Ed è proprio in questa zona dell’isola che affondano le loro radici potenti famiglie mafiose, lì v’è il “regno” del super latitante Matteo Messina Denaro. Sembrerebbe che un filo invisibile unisca il pluriricercato oltre che a Giuseppe Fontana (oggi detenuto), anche a insospettabili antiquari, uomini d'affari e ad alcuni curatori dei maggiori musei d'arte del mondo, tra i quali, sulla base di un'indagine in corso da parte dei carabinieri, anche Gianfranco Becchina, noto mercante d'arte di Castelvetrano e oggi proprietario di due cementifici e dell'etichetta "Olio Verde", con cui commercializza l'extra vergine che produce nelle sue campagne. Becchina è considerato dalle forze dell'ordine un personaggio importante nel traffico di opere d'arte, mai condannato perché - come spiega il maggiore dei carabinieri Antonio Coppola - "il suo reato è finito in prescrizione".
E proprio di sua proprietà erano i cinque depositi all’interno della Galleria Palladio Antique Kunst di Basilea, dove erano custoditi più di 5.000 reperti archeologici di grandissimo valore, confiscati dopo una lunga querelle con la Svizzera e un gigantesco archivio, quello che l'Fbi chiamava il "Becchina dossier", di cui i carabinieri sono finalmente entrati in possesso. Sempre secondo i militari del Tpc, molte di queste opere di inestimabile valore "provenivano da scavi clandestini e adesso potranno finalmente rientrare in Italia".
Il dossier è un vero tesoro per gli inquirenti dato che gli oltre 13mila documenti, fatture, trasporti, lettere indirizzate agli acquirenti, migliaia di immagini polaroid, suddivise in 140 raccoglitori, sembrerebbero ridisegnare alcuni dei passaggi più controversi della storia del commercio illegale delle opere d'arte. Lì, secondo gli inquirenti, Becchina annotava tutto, compreso il salario di un tombarolo tra i più conosciuti in Puglia, che lavorava alle sue dipendenze. A lui venivano fatturati, sotto la voce "pulizia monete", 15mila euro ogni 12 mesi. Nel registro si legge anche dei 25 crateri apuli posseduti da un ingegnere palermitano, di cui Becchina mandò le foto al museo di Princeton, nel New Jersey, assicurando che provenivano "da una raccolta privata svizzera". "
Nel dossier Becchina risultano molti più oggetti fotografati e registrati, rispetto a quelli trovati nei depositi - spiegano ancora al Nucleo tutela patrimonio culturale - Ciò significa che sono ancora tante le opere che devono essere ritrovate". Si autodefinisce un mecenate, un collezionista estraneo a ogni tipo di vendita illegale di oggetti d'arte, Becchina, sul quale indagarono, dapprima Paolo Borsellino, poi, dopo la sua uccisione, il procuratore Gian Carlo Caselli. Conosciuto da tutti a Castelvetrano, è il proprietario di diversi edifici di grande interesse storico e artistico, come il Palazzo ducale dei principi Pignatelli Aragona Cortes Tagliavia. Situato nel cuore del centro storico di Castelvetrano, il palazzo era in realtà l'antico castello "Bellumvider" realizzato nel 1239 per accogliere Federico II.
Suoi
pure un bellissimo feudo, anche questo dei principi Pignatelli Cortes, dove
oggi vive, un parco di
Sembrerebbe che dietro molti di questi traffici ci sia proprio Matteo Messina Denaro, amante dell’arte, che aveva ordinato
di rubare il Satiro Danzante, operazione fallita grazie all'arresto di due boss
committenti, i fratelli Giacomo e Tommaso Amato, e la morte del terzo, detto
"il Gangitano".
Così si ripuliscono i soldi sporchi e si nascondono le partite di droga e le armi. Il problema principale di queste razzie è la scarsa vigilanza dei siti, come per il parco di Selinunte, diventato autonomo dall’aprile 2013 e sotto la custodia di un comitato scientifico composto dal direttore Giovanni Leto Barone, dai sindaci di Castelvetrano e Campobello di Mazara, dal soprintendente di Trapani Paola Misuraca, da Maurizio Carta, ordinario di urbanistica del Dipartimento di Architettura dell'Università di Palermo, dall'architetto Giuseppe Saluzzo, rappresentante Legambiente, e dal dottor Nicolò Miceli del club Unesco di Castelvetrano.
Il Parco ha fruttato 870mila euro nel 2013 grazie agli oltre 260mila visitatori. Altri progetti che coinvolgeranno l'area archeologica di Selinunte sono un finanziamento europeo di 2 milioni 850mila euro, con i quali si stanno ristrutturando e consolidando i templi, fra tutti quello C, che è a rischio crollo. Inoltre, in programma la trasformazione del Baglio Florio in museo, mentre nella collina orientale, in prossimità del tempio G, sarà costruito un teatro da 600 posti, con una struttura di metallo e vetro.
E mentre i più famosi siti archeologici italiani fanno i conti col degrado, vedi Pompei, si spera che nuovi finanziamenti gestiti con accortezza e legalità possano rendere più competitivo l’immenso patrimonio archeologico della nostra isola.
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