Così la corruzione politica ha cambiato pelle in Italia
La corruzione politica è aumentata nel tempo. Ed ha anche cambiato pelle. Al lieve calo registrato nel decennio successivo a Tangentopoli , infatti, è seguito l’intensificarsi del fenomeno: dai 317 reati contestati ai politici tra il 1995 e il 2004, inferiori rispetto ai 400 del periodo pre-Tangenopoli, si è passati ai 517 del decennio 2005-2015. Mutate pure le finalità della corruzione: i vantaggi diretti prevalentemente ai partiti– in particolare attraverso il finanziamento illecito – sono stati sempre più spesso soppiantati da interessi “privati”. È il Sud ad essere maggiormente colpito dalla piaga della corruttela – dove si combina con l’influenza della criminalità organizzata - con la Campania che detiene il primato di reati, seguita dalla Lombardia. La Sicilia è la terza regione con il maggior numero di comportamenti illeciti commessi. E, da Sud a Nord, il fenomeno vede coinvolti sempre più gli amministratori locali (si tratta soprattutto di consiglieri di comuni, province e regioni con il 53%; seguiti da assessori con il 15%, dai sindaci con il 13% e dai presidenti con il 3%) che i parlamentari (16%), probabilmente quale effetto del processo di decentramento politico amministrativo degli ultimi decenni.
È questo il quadro sulle tendenze della corruzione politica in Italia tracciato nell’VIII Rapporto della Fondazione RES su “La corruzione politica al Nord e al Sud – I cambiamenti da Tangentopoli a oggi”, curato dal sociologo Rocco Sciarrone e presentato oggi a Palazzo Branciforte a Palermo. Un’indagine innovativa dal momento che, per la prima volta, vengono adottati in maniera sistematica la banca dati delle sentenze della Corte di Cassazione (dal 1985 ad oggi) e i casi considerati nelle autorizzazioni a procedere del Parlamento, con un campione che include 212 politici. Tenuto conto sia dei reati di corruzione in senso stretto che di quelli penalmente perseguiti attraverso altre fattispecie di reato, quali quelle di tipo associativo o di criminalità economica, stando alle sentenze della Cassazione i reati più contestati sono la corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (17%) e la concussione (11%), mentre il finanziamento illecito ai partiti è meno diffuso (6%). Più significativi sono, invece, i reati associativi quali l’associazione a delinquere e quella di stampo mafioso che, insieme, raggiungono il 12%. I reati di corruzione in senso stretto restano tendenzialmente stabili nel tempo, mentre diminuisce sensibilmente, dopo il 1994, il finanziamento illecito ai partiti (dal 29% al 7%). Gli “altri reati” sono in aumento (dal 35% al 46,5%) nell’ultimo decennio, soprattutto al Sud, dove incidono per il 18%. I reati di corruzione sono maggiormente presenti a livello comunale (55%), mentre quelli associativi a livello regionale (46%).
I settori in cui i fenomeni corruttivi prevalgono sono l’edilizia pubblica e privata, i servizi, la sanità, le infrastrutture e lo smaltimento dei rifiuti. Se la corruzione nell’edilizia riguarda soprattutto i Comuni (83% dei casi per l’edilizia pubblica e 65% per quella privata), così come quella nell’ambito dei servizi pubblici, trasporti e forniture (77%), nel settore sanitario e nei servizi sociali si concentra soprattutto nelle Regioni (58,3%), mentre l’Amministrazione Centrale è maggiormente coinvolta per le grandi infrastrutture.
Nel 45% dei casi considerati i corrotti garantiscono l’accesso privilegiato a pubblici incanti e affidamenti, mentre nella maggior parte dei casi (54%) il corruttore offre una tangente. Queste ultime sono più diffuse al Nord (oltre il 60%), anche se in misura minore rispetto al periodo precedente a Tangentopoli, mentre il voto di scambio (8%) e i favori (5%) sono maggiormente presenti nel periodo successivo, specialmente al Sud dove raggiungono rispettivamente il 13% e il 9%. Proprio nelle regioni meridionali i casi in cui lo scambio prende la forma dei favori e di altri benefici materiali sono circa il doppio (35%) di quelli che si registrano al Nord (18%). Al Nord, invece, risultano molto più numerosi (18%) i casi il cui valore scambiato tra corrotto e corruttore supera i 500.000 euro rispetto al Sud (9%).
Il Rapporto fornisce una chiave di lettura della trasformazione del fenomeno corruttivo, riconducendola alla crisi dei partiti politici: “La crescita e, al tempo stesso, la trasformazione della corruzione possono essere collegate all’indebolimento dei partiti politici. La scomparsa delle formazioni politiche tradizionali, nella fase successiva a Tangentopoli, ha reso queste organizzazioni più deboli, più aperte alle influenze esterne, meno capaci di selezionare la classe politica volta a ricoprire cariche politico-amministrative. Tali cambiamenti – combinandosi con il processo di decentramento politico verso gli enti locali e le regioni degli ultimi decenni – sembrano aver favorito anzitutto una crescita della corruzione politica in senso stretto, con una più forte concentrazione nel Sud dove la debolezza dei partiti è ancora più marcata”.
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