Così l'Europa solidale ha contenuto la deriva sovranista

Politica | 28 maggio 2019
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Sono possibili tre diverse interpretazioni delle elezioni europee, in ragione del punto di osservazione scelto: quello europeo piuttosto che quello nazionale . Dal punto di vista del destino dell'Unione è fuor di dubbio che l'assalto sovranista alla costruzione dell'Europa è stato respinto, anche se le forze sovranisti crescono nel complesso di circa 14 deputati.. La battaglia è stata dura ed ha lasciato sul terreno morti e feriti. Va innanzitutto sottolineata la crescita della partecipazione al voto nella media continentale: il 50,95% contro lo striminzito 42,61% del 2014. Segno che il destino dell'Europa è questione che coinvolge la maggioranza degli elettorati dei 27 paesi membri (anzi 28 dato che, stranamente, ha partecipato anche la Gran Bretagna della Brexit) 

 Due tra i paesi fondatori della Comunità vedono l'affermazione di forze che si richiamano esplicitamente a valori ed identità che sono in conflitto con l'architettura europea: la Francia che ha visto l'affermazione della Le Pen e l'Italia che si è risvegliata con la Lega di Salvini oltre il 34% dei consensi. In Francia il vero sconfitto è il presidente della repubblica Emmanuel Macron che nonostante porti a Bruxelles lo stesso numero di deputati della leader della destra è stato superato sin termini percentuali, ma soprattutto ha visto sconfitta l'ipotesi politica centrista alla base della rapida ascesa politica che gli consentì di affermarsi alle elezioni presidenziali del 29017. In Spagna sono avanti i socialisti, in Portogallo il centrosinistra nel suo complesso consegue una larga affermazione. Tra i paesi di Visegrad, la vittoria di Orban in Ungheria era largamente scontata, in Polonia l'euroscettico Kaczynski ha vinto con il partito Diritto e giustizia al 43% dei voti ma è tallonato dalla coalizione europea KE che ha raggiunto il 38%, Nella repubblica Ceca si affermano, in Slovacchia i liberali di centrosinistra sono la prima forza con oltre il 20% i liberali europeisti In quasi tutti gli stati membri avanzano in maniera significativa i Verdi che in Germania arrivano al 20% e diventano il secondo partito dopo la CDU, che resta prima ma fortemente ridimensionata. In Francia i Verdi arrivano al 13% e crescono anche in Irlanda e Belgio guadagnando a livello europeo 13 seggi. In Grecia torna a vincere il partito conservatore Nea Democratia che lascia 9 punti a Syriza. Il premier Tsipras che aveva caratterizzato la campagna elettorale come un giudizio sul proprio governo ha annunciato nuove elezioni. Il dato tedesco è forse il più interessante, anche in considerazione del ruolo trainante di Berlino in Europa. La CDU cede consensi ma resta il primo partito mentre la SPD perde nettamente la seconda posizione (è sconfitta anche alle elezioni comunali di Brema dove governava da oltre 70 anni) toccando il minimo storico del 15,8%. I Verdi attirano soprattutto elettorato giovane:attirando soprattutto il voto dei giovani ; l'analisi dei flussi attesta che il 27% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni hanno votato per gli Ambientalisti. Non sfondano i populisti di estrema destra dell'AFD. In Finlandia il centrodestra è al 20% ed i socialdemocratici seguono al 15,1%, ma il partito dei Finlandesi, populisti alleati con Salvini, scendono di tre punti rispetto alle ultime elezioni politiche. Se tra i socialisti e democratici è evidente la tenuta in Italia, Spagna, Portogallo, Austria ma anche in molti dei paesi dell'ex Europa dell' Est, appare sempre più grave la crisi che investe la SPD, che si è dissanguata in nome dell'alleanza con la Merkel ma anche per le divisioni del suo gruppo dirigente e quella dei socialisti francesi che sono ormai ridotti alle dimensioni di una piccola forza con il 6,43% conseguito il 26 maggio. 

A dimensione continentale, con l'eccezione del Portogallo, dove il Blocco di sinistra consegue il 9,5% dei voti, sembra irreversibile il processo di ridimensionamento dell'estrema sinistra: dalla Linke tedesca a France Insoumise di Melenchon , a La Sinistra italiana siamo ormai all'evidente perdita di radicamento sociale di tali forze che pure si candidavano a rappresentare l'alternativa all'attuale visione dell'Europa. In particolare è fallito il tentativo del leader dell'estrema sinistra francese di cavalcare il movimento dei gilet gialli che si è nettamente collocato a destra dello schieramento politico. Crescono anche i soggetti politici di orientamento liberale che si riconoscono a livello europeo nell'ALDE. Non sarà facile costruire la maggioranza del nuovo Parlamento perché popolari e socialisti da soli non la raggiungono; sarà indispensabile l'alleanza con i liberali mentre, allo stato, sembra improbabile che i Verdi entrino nella maggioranza. Vedremo tuttavia come evolverà nelle prossime settimane il complesso processo di costruzione delle istituzioni europee dalla presidenza dell'Assemblea alla definizione della composizione della Commissione. 

L'Italia si è svegliata salviniana (34,4%) come nel maggio 2014 s'era svegliata renziana (41%). Non lo scrivo per sminuire la portata dell'affermazione della Lega, ma per ricordare che le stratosferiche vittorie europee non sempre hanno portato bene ai loro protagonisti. Ciò che preoccupa di più è che per una forza politica dichiaratamente sovranista, antieuropea, che si è caratterizzata nella lotta ai migranti e nel tentativo di ridurre gli spazi di democrazia, abbia votato la parte più ricca ed evoluta del paese. Segno di un male profondo che alberga nel paese e che va affrontato non con le giaculatorie sul neo fascismo (i voti conseguiti da Forza Nuova e da altri gruppi simili sono irrilevanti) ma con un'analisi approfondita dei motivi del malessere che sposta verso soluzioni reazionarie una parte crescente delle classi popolari e delle classi medie italiane. La crescita di Fratelli d'Italia ha il medesimo segno. Il tonfo dei Cinquestelle è il frutto composto della dimostrata incapacità di governare, dando un seguito concreto alle promesse elettorali e dell'abilità di Salvini nel cannibalizzare una forza che aveva presentato se stessa come la novità della politica italiana ma non aveva costruito né gruppi dirigenti né tanto meno solide presenze nel territorio. Insomma, per dirla in siciliano, la gente li ha provati e, accortasi che sono come gli altri li ha “posati”. Si apre ora una fase dell'alleanza tra M5S e Lega in cui può succedere di tutto, dall'esplosione ingovernabile delle contraddizioni alla decisione di Di Maio di acconciarsi alle volontà del nuovo padrone pur di continuare a gestire il potere. Il risultato del PD va misurato non sul 2014, che appartiene ad un'altra era politica, ma sul 4 marzo 2018: in questo senso è un risultato indubbiamente importante non solo per i numeri (oltre il 4% di recupero) ma anche perché il Partito democratico si riconferma il secondo partito italiano, uno dei due poli del nuovo bipolarismo destra- sinistra. Resta da fare tanta strada; soprattutto bisogna ora che Nicola Zingaretti, rinsaldato dal successo, metta mano a un partito che ha bisogno di ridefinire se stesso sul terreno programmatico e sul versante della presenza nel territorio e del rapporto con i cittadini. In Sicilia, infine- regione che con la Campania è la maggiore fruitrice del reddito di cittadinanza- i Cinquestelle, pur perdendo circa dieci punti rispetto allo scorso anno, mantengono il promo posto con oltre il 30% ed il PD è solo quarto dopo la Lega e Forza Italia che qui raddoppia rispetto alla media nazionale. Qualche domanda vale la pena di farsela sulla caratteristiche dell'agire politico nella nostra regione e sulla necessità di lasciarsi definitivamente alle spalle vecchi mondi ornasi imputriditi.

 di Franco Garufi

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