Così il lupo e l'agnello dilaniarono il Sud dell'Italia

Cultura | 3 agosto 2021
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Il prof Pietro Busetta con spirito arguto usa la favola di Fedro per descrivere il rapporto storico tra classe dirigente del Nord, lupo predatorio e Sud, agnello vittima e incapace di difendersi. L’autore, pervaso da eresia, tratteggia efficacemente dall’Unità d’Italia a oggi, era di globalizzazione e di pandemia, l’asimmetria dello sviluppo del Nord e del Sud addebitandola al carattere predatorio delle classi dominanti del Nord le quali hanno imposto uno sviluppo duale del Paese incapaci di diventare classe dirigente nazionale. Ma è solo responsabile la classe dominante del Nord o coinvolge parimente quella del Sud? C’è storicamente una comune e consapevole responsabilità. Basta citare: - il pactum sceleris postunitario tra classe dirigente del Nord, vocata alla modernizzazione capitalistica e quella meridionale, impegnata a mantenere i propri privilegi di stampo feudale sulla grande proprietà agraria; - l’Italia liberale di Giolitti, disposta a favorire la crescita sociale del Nord aprendo alle istanze e al ruolo della classe operaia, ma schierata, per acquisire consenso elettorale, con i trasformisti del sud appoggiati dalle criminalità organizzate, tanto da far meritare a Giolitti l’appellativo di “ministro della malavita”. 

In questo contesto il ruolo riconosciuto al Sud è stato quello di granaio, poi anche dal fascismo, mentre in epoca repubblicana prevarrà quello di area di consumo, trascurando lo sviluppo del suo tessuto industriale e delle sue infrastrutture. Intanto il Nord aveva rafforzato, anche grazie alla Grande guerra e alle politiche militariste fasciste, il suo apparato industriale e tecnologico.

I governi della Repubblica, sostiene l’autore, aprono, dopo scontri sociali e politici aspri, alla modernizzazione del Meridione con la Riforma agraria, poi con la creazione della Cassa del Mezzogiorno che quale organo tecnocratico, dotato di autonomia, procede dall’alto, nella prima fase della sua azione, ad avviare a processi d’industrializzazione e infrastrutturali per poli. Nel momento in cui si costituiranno le Regioni, la Cassa perderà la sua autonomia per rispondere alle pressioni locali di classi dirigenti senza alcuna visione strategica e interessati solo al loro potere, ma non al bene comune. La fine del boom economico, la crisi petrolifera degli anni settanta, la nuova fase politica segnata dal centro-sinistra, con le sue contraddizioni e successive degenerazioni, dal terrorismo eversivo delle brigate rosse e del neofascismo, l’assassinio di Moro, l’inizio delle guerre di mafia contribuiscono ad allargare il divario Nord/Sud aggravando le condizioni non solo del Meridione , ma dell’intero paese.

 Busetta attribuisce giustamente alla natura predatoria delle classi dominanti del Nord la maggiore responsabilità, ma l’alleanza tra parti delle classi dirigenti del paese corrotte, del mondo degli affari, delle mafie, dal XIX al XXI secolo, ha segnato la vita politica e sociale dell’Italia fino a farci temere ancora oggi la loro infiltrazione nella spesa delle grandi risorse europee destinate alla ripresa economica e sociale dell’Ue e in particolare dell’Italia post- pandemica. Su questo terreno non condivido il pessimismo di quanti temono, giustamente, per la debolezza storica delle attuali classi dirigenti nazionali e locali di spendere bene e celermente le risorse approntate dall’Ue col Recovery fund e con quelli strutturali. Per la prima volta l’Ue si fa carico di politiche d’indebitamento comune per supportare paesi come l’Italia il cui fallimento coinvolgerebbe tutta l’Ue, ha introdotto un primo intervento fiscale sulla digitalizzazione in mano a pochi poteri multinazionali, sta favorendo gli accordi internazionali per ridurre il riscaldamento globale, ha aperto la questione dei diritti civili nei paesi europei con democrazia illiberale. 

Le risorse saranno sufficienti? Probabilmente no, ma esse vanno spese bene secondo programmi controllati anche dal basso oltre che dalle autorità comunitarie. Dal basso significa coinvolgere forze sociali, produttive, organismi istituzionali ed elettivi territoriali nella condivisione dei progetti industriali, infrastrutturali, di digitalizzazione . di green economy. L’idea avanzata dalla Svimez di fare della Sicilia e delle regioni meridionali la piattaforma logistica del Mediterraneo se condivisa significa considerare prioritari sistema porti, alta velocità, autostrada, scuole, università, centri di ricerca. 

Diventa fondamentale intanto colmare il deficit occupazionale del Sud rispetto al Nord. Occorrono tre milioni di posti di lavoro per azzerare il gap, politiche industriali, agroalimentari, turistiche, culturali per stimolare la creatività locale, attrarre investimenti esteri, scoraggiare l’emigrazione dei giovani. Ciò nell’interesse di tutto il Paese che senza giovani e senza un Sud sviluppato non ha futuro. La decrescita interessa anche regioni come Umbria, Marche, Lazio, minaccia regioni come Piemonte e Toscana. Ripete Busetta senza crescita l’Italia invecchia e se invecchia non cresce. La non crescita di questi decenni dipende forse di essere stati complici o succubi del pensiero unico del neoliberismo che affidandosi a una globalizzazione senza regole democratiche non ha distribuito ricchezza a tutti ma le ha concentrate in pochi poteri economici e finanziari, fuori da ogni controllo anche degli Stati nazionali, creando disuguaglianze sociali, povertà inaccettabili, cancellando diritti civili e sociali nei paesi sviluppati e in tutto il pianeta tra paesi sviluppati e in via di sviluppo.

Le linee dell’Ue per far fronte ai danni della pandemia, la sconfitta di Trump e dei sovranisti sembrano invertire questa subalternità al neoliberismo e alla globalizzazione senza regole di governance democratica.

In questo quadro le risorse europee messe a disposizione dell’Italia per la ripresa e la resilienza post-pandemica sono un’occasione storica che non può essere persa.

Busetta auspica che il lupo predatorio si trasformi in cane pastore per difendere l’agnello, io mi permetto di augurare che l’agnello diventi un ariete che con i suoi simili sia capace di colpire mafie, corruzione, affari e politica collusa esercitando partecipazione e vigilanza democratica affinché nessun lupo torni sulla scena travestito da populista, sovranista o da neoliberista.

Pietro Massimo Busetta

Il lupo e l’agnello. 

Dal mantra del Sud assistito all’operazione verità

Prefazione di Adriano Giannola

Rubettino editore pag. 228


 di Vito Lo Monaco

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