Cookies, basta un clic per regalare i nostri dati

Società | 5 giugno 2015
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I dati personali seminati su Internet si vendono al chilo. O quasi. Secondo uno studio elaborato dal Financial Times, un mucchio informazioni su gusti e caratteristiche degli utenti costa pochi centesimi. Eppure, la raccolta dati online è un settore in crescita. Anche perché nel campo pubblicitario più informazioni si acquisiscono sul pubblico, più efficace è la campagna che potrà essere modellata sui bisogni del destinatario.Per questo motivo, le pubblicità online corrispondono quasi sempre alle ultime ricerche fatte sul motore di ricerca.

O all' ultimo " Mi piace " cliccato su una pagina Facebook.DAL 2 GIUGNO, però, quando ci si connette ai siti compare un banner : in una finestra, il titolare del sito chiede all' utente il permesso di poter usare i cookies, strumenti che registrano informazioni : creano un legame tra l' utente e il sito e permettono, ad esempio, di memorizzare le password sul browser (il programma che permette di navigare). Questo, almeno, è il ruolo dei cookie tecnici.

Ci sono poi i cookies di profilazione. Si chiamano così perché creano profili e registrano preferenze, gusti e comportamenti digitali : dietro c' è qualcuno che raccoglie questi dati, li organizza e li trasforma in beni di mercato. Per farlo, serve l' autorizzazione dell' utente.Con la nuova norma, che recepisce una direttiva comunitaria e che mira a proteggere la privacy di chi naviga, chi gestisce i siti deve creare una pagina che spieghi nel dettaglio quali cookie sono utilizzati, che chieda l' autorizzazione al loro uso, fornisca un collegamento all' informativa.

Anche se i cookie sono erogati da terze parti, ovvero da agenzie pubblicitarie che gestiscono le inserzioni nel sito." È un modo per tenere sotto controllo la profilazione -spiega Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy - Si rilevano anche dati sensibili, dalle abitudini sessuali all' orientamento politico, allo stato di salute. E questi dati hanno un valore economico : sono un patrimonio per le aziende".Si stima che i dati degli utenti dell' Ue, nel 2020, raggiungeranno un valore commerciale pari a mille miliardi di fatturato. Gli interessi economici sono molti.

A gennaio Google ha investito un miliardo di dollari per la creazione di un nuovo data center in Iowa (un luogo fisico con le macchine per archiviare i dati), facendo salire a 2, 5 miliardi il valore totale del progetto complessivo. Inoltre, con la nuova legge, l' invio di cookie di profilazione a utenti che non abbiano dato il consenso prevede una multa dai 10 mila ai 120 mila euro. " In Gran Bretagna -spiega ancora Bernardi -il commercio online vale quasi 100 miliardi e le aziende si avvalgono di privacy officer, analisti che sanno fino a che punto sfruttare i cookies senza rischiare sanzioni".

E SE DA UN LATO il nuovo regolamento permette di negare l' acquisizione dei propri dati, dall' altro renderà più facile il loro lo scambio. " Anche prima non si poteva iniziare un' operazione di acquisizione dati e profilazione senza il consenso -spiega Guido Scorza, avvocato esperto di diritto informatico - ora, la norma potrebbe rendere più complicata la vita alle società che fanno questo lavoro perché si deve creare la struttura informativa, ancora prima di installare i cookie. E se l' interessato nega il permesso, quei dati non possono essere neanche raccolti".

Non si può escludere che finora i siti già profilassero gli utenti anche senza autorizzazione. I dati raccolti, però, non potevano essere utilizzati allo scoperto, nè ceduti, nè venduti." Ora, in teoria, potrebbero essere acquistati e venduti più facilmente perché saranno stati acquisiti con il consenso".Non mancano le polemiche." Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti al loro impiego", si legge sulle apposite strisce.

Quasi nessuno, però, legge il contenuto del banner : lo si ignora o lo si chiude per continuare la navigazione. " Imporre queste regole assurde favorirà chi traccia -scrive invece sul suo blog Gianluca Diegoli, promotore della campagna # bloccailcookie - La battaglia doveva essere sul default del browser, imposto a Google, Apple, Microsoft : niente tracciamento di terze parti".Tradotto : questo banner dovrebbe essere gestito dalle multinazionali del web che offrono i servizi e non dai blogger o dai gestori dei siti che, magari con una piccola pubblicità inserita attraverso un' agenzia, guadagnano 5 euro al mese.

E non possono permettersi di versarne 150 al Garante della Privacy per " spese di segreteria". Nè rischiare, come prevede la legge, una multa tra i 6 mila e i 36 mila euro per non aver inserito il banner.Anche perché non è detto che abbiano le competenze tecniche per farlo. (Il Fatto quotidiano)
 

 di Virginia Della Sala

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