Consapevolezza, responsabilità, misura: le parole d’ordine sul web

Società | 6 febbraio 2021
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E’ il topic del momento, sui social e non solo, l’uso, più o meno consapevole, dei social network e, più in generale, l’uso degli smartphone, di internet, e del digitale, da parte dei minori.

Non poteva essere altrimenti dopo il tragica morte di Antonella Sicomoro, la bimba di 10 anni che è deceduta per asfissia a seguito di un “gioco”, probabilmente una challenge, la Blackout”, che era stata attribuita a Tik Tok, il social network cinese rivolto soprattutto ad una fascia di giovanissimi, ma non solo. La bimba, pare emulando una sfida di resistenza, si è stretta una cintura alla gola, sino a perdere i sensi e poi la tragica corsa verso il reparto di rianimazione dell’ospedale pediatrico Giovanni Di Cristina di Palermo mentre, dove è stata dichiarata la morte per asfissia.

Quando ho appreso della tragedia della piccola Antonella, non nascondo che d’istinto la prima azione che mi è venuta in mente è stata quella di chiamare mia figlia e mostrarle il servizio del TG e iniziare a parlare con lei, che anche se solo attraverso il mio account, di tanto in tanto, con le sue amichette, utilizza tik tok ma è stato un attimo perché subito dopo ha prevalso l’istinto di andare a vedere con i miei occhi. Ha prevalso la giornalista sulla mamma, ha prevalso la necessità di andare a verificare il fatto, controllare la fonte.

Davanti ad una tragedia che ci porta via una giovane vita scatta un istinto primordiale che è quello di scoprire il colpevole per vendicarsi, punirlo, di puntare subito il dito, forse anche per deresponsabilizzarci, per sentirci più leggeri individuando subito di chi è la colpa.

Converrete con me che molti dei primi titoli di giornali, siti e trasmissioni televisive hanno titolato “Bimba di 10 anni muore per una sfida su TIK TOK”, puntando il dito subito contro il social cinese. Si è poi scatenata la rete e qui il bersaglio, oltre al network che ora ha la sede legale in Irlanda, sono diventati anche i genitori, troppo impegnati, distratti e anche loro “appiccicati” ai social, e infine man mano che le ore passavano, ed in molti facevano la mia stessa verifica della presenza della challenge su Tik Tok, la colpa è ricaduta sulla società distratta, sullo strapotere dei social network, generalizzando e non facendo una corretta analisi dello stato dell’arte.

Ma qual è appunto lo stato dell’arte?

Prendiamo in considerazione, per esempio, gli ultimi avvenimenti a livello planetario, dal caso di Donald Trump bannato da Twitter alla vicenda WhatsApp con il suo cambio di condizioni di uso, poi ritirato, per capire come il 2020 sia stato l’anno del balzo in avanti della comunicazione digitale.

Complice anche la pandemia, per diverso tempo, il digitale e i social, sono stati l’unico modo per uscire di casa ed interagire con persone diverse dai nostri congiunti, e non è escluso che il 2021 potrà essere, molto probabilmente, quello della convalida definitiva della comunicazione digitale, pensiamo allo smart working, al POLA, il piano organizzativo del lavoro agile su cui stanno lavorando tutti gli enti pubblici.

Eppure il digitale, i social, le chat ed i loro molteplici utilizzi non sono una scoperta del 2020, c’è chi li chiama ancora nuovi mezzi di comunicazione di massa, ma di fatto, solo per citare uno tra i più famosi, il social ideato da Mark Zuckerberg, facebook, risale al 2004, anche se arriva in Italia, dopo la traduzione della piattaforma in lingua italiana, nel 2008. I social sono oramai parte integrante del nostro vissuto quotidiano, un tempo, la maggior parte di noi, appena giù dal letto, leggeva un giornale o guardava un TG, ora accede lo smartphone e guarda facebook, da un’occhiata ad un tweet o, adesso ascolta Clubhouse come prima la radio.

Eppure in molti percepiscono il 2020, proprio a causa della pandemia, l’anno in cui si sono accesi i riflettori sulle opportunità offerte dalla comunicazione digitale. E anche quando si tornerà alla normalità non si potrà far finta che nulla sia accaduto, di quanto ci siano state utili le call conference di zoom, meet, streamyard, webex, ecc per continuare a lavorare, i webinar per formare, le video chiamate per vedere i nonni.

E’ evidente che le nostre abitudini sono cambiate ed è cambiato anche il nostro modo di lavorare, di svolgere la professione giornalistica.

Non solo però le nostre regole che devono cambiare: non deve cambiare l’applicazione della deontologia, la curiosità, la verifica della fonte, e anche il rispetto per il costrutto e la lingua italiana. Le regole fondanti, la deontologia, il modo professionale di operare da parte dei giornalisti, devono essere replicate anche sulle piattaforme social, anche solo per contrastare le fake news: da Facebook a Twitter; da LinkedIn a YouTube da WhatsApp a Telegram e perché no anche su Instagram a TikToK.

Ed è per questo, ritornando alla tragedia della piccola bimba palermitana, che ho deciso di andare a cercare blackout, la challenge con la quale è morta, per soffocamento, la povera Antonella sul social incriminato.

Il social cinese nato nel settembre 2016 inizialmente col nome musical.ly offre la possibilità di ricercare termini mediante #hashtag come altri social.

Ho condotto così la mia ricerca: A meno che tik tok non sia riuscito ad eliminare, in soli due giorni dalla tragedia, tutti i video che lanciavano la pericolosa sfida che fa morire per asfissia chi la mette in pratica verificando chi resiste di più con una corda o una cintura al collo, l’unica cosa che ho trovato ricercando #blackoutchallenge, sono diversi video con varie situazioni, sportive di esercizio fisico, di racconto, di ballo, interrotte, improvvisamente, da una schermata nera (il black out appunto) per riprendere, ribaltata, in un’altra situazione o posizione. Per esempio una ragazza sta facendo un esercizio con i pesi – schermata nera – black out – passa ai salti della ginnastica ritmica. Non ho trovato cinture, cinghie, lacci per strangolamento. (FOTO n. 1) Se invece cerchi oggi ti appare anche un disclaimer che dice “Questa frase potrebbe essere associata a comportamenti o contenuti che violano le nostre linee guida. La nostra massima priorità è promuovere un'esperienza sicura e positiva su TikTok” con l’invito a leggere le Linee guida della community.

E’ pur vero che alla ricerca con quell’hashtag il risultato è stato 24 milioni di risultati, e seppure ne ho visti un bel po’ di certo non 24 milioni.

Ma stiamo ai fatti che è quel che ci preme. Il fatto è comunque che una bimba di 10 anni non c’è più, e non è il primo caso, era già accaduto, e non con tik tok, penso al caso di Igor Mai, un ragazzino di Milano che avrebbe visto un video su youtube, ed è di pochi giorni fa un altro caso di un ragazzino di Bari morto anche lui per asfissia da soffocamento ma pare che la sua morte non sia collegata a challenge sui social. Resta il fatto che noi dobbiamo interrogarci.

Non dobbiamo dunque puntare il dito e limitarci a ricercare i presunti colpevoli, dobbiamo analizzare il contesto, interrogarci e verificare se i primi ad avere delle colpe non siamo noi, come genitori, come insegnanti, legislatori, piattaforme social e anche come giornalisti.

Tutto il male del mondo non sta in tik tok! Dobbiamo verificare, semmai , se tutti abbiamo fatto del nostro meglio affinché si possano evitare altre morti del genere.

Noi genitori dovremmo domandarci perché una bambina di 10 anni ha necessità di avere più account su facebook, instagram, tik tok, gli insegnanti dovrebbero affrontare in classe questi argomenti rispolverando l’educazione civica, i legislatori dovrebbero ragionare su norme più stringenti per il controllo di piattaforme che non offrono servizi gratis, perché, sia chiaro, noi paghiamo i social network con l’utilizzo dei nostri dati, ed infine noi giornalisti dovremmo fare più informazione di servizio e meno di sensazionalismo, mi rendo conto che i titoloni stimolano la curiosità voyeuristica e quindi producono click e like ma noi siamo tenuti al rispetto della carte deontologiche, la carta di Treviso dedicata ai minori, che disciplina i rapporti tra informazione e infanzia, non vale solo per il cartaceo vale per tutto quello che è comunicazione redatta dai giornalisti anche sui social.

Preciso che questa non è una difesa del social network in questione; trovo utili gli strumenti ma se ben usati, con consapevolezza, con misura, con responsabilità. Siamo certi che demonizzare un social network sia la strada giusta? E se dietro ci fosse altro? Se ci fosse un istigatore, se fosse solo una tragica fatalità? Se la challenge su tik tok folle solo una bufala? Ricorderete il caso “Blue Whale”.

Il problema non è il mezzo in sé ma quel che gli utenti caricano dentro, la questione si basa su reciproche assunzione di responsabilità da parte di ognuno di noi.

Ma torniamo ai fatti: come è noto la Procura di Palermo ha aperto un’inchiesta per capirne cosa sia realmente successo ad Antonella; il telefonino della piccola è stato bloccato e gli inquirenti non hanno trovato riferimenti o video sulla challenge. I portavoce di tik tok in Italia si sono messi a disposizione delle autorità inquirenti commentando che la “sicurezza della loro community è una loro priorità assoluta”. Il social aveva già detto di non avere “riscontrato alcuna evidenza di contenuti che possano avere incoraggiato” alla blackout challenge, ma che avrebbe continuato “a monitorare attentamente la piattaforma come parte del continuo impegno per mantenere la community al sicuro”.

E intanto interviene anche il Garante per la protezione dei dati personali, che a onor del vero aveva già in tempi non sospetti, richiesto delle verifiche al social, il Garante come erroneamente qualcuno ha scritto appena uscita la notizia, non ha bloccato Tik tok che è ancora lì, ha invece disposto nei confronti di Tik Tok il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica. Divieto che durerà sino al 15 febbraio, data entro la quale il Garante si è riservato ulteriori valutazioni. Il provvedimento di blocco verrà portato anche all’attenzione dell’Autorità irlandese, considerato che TikTok ha fissato il proprio stabilimento principale in Irlanda.

Il Garante è andato oltre e a mio parere ha fatto bene: L’Autorità ha aperto il 27 gennaio un fascicolo su Facebook e Instagram.

L’Autorità ha chiesto a Facebook, che controlla anche Instagram, di fornire una serie di informazioni, a partire da quanti e quali profili avesse Antonella e, qualora questa circostanza venisse confermata, su come sia stato possibile, per una minore di 10 anni, iscriversi alle due piattaforme. Ma ha chiesto soprattutto di fornire precise indicazioni sulle modalità di iscrizione ai due social e sulle verifiche dell’età dell’utente adottate per controllare il rispetto dell’età minima di iscrizione, che per la legislazione italiana al momento è indicata nei 14 anni. Facebook dovrà dare riscontro al Garante entro 15 giorni.

Bene ha fatto il Garante della privacy nell’adottare questo provvedimento, Primo in Europa, e a richiamare l'attenzione sulle norme del GDPR, il regolamento europeo sulla privacy, nella su parte che riguarda il trattamento dei dati dei minori.

Ecco dunque l’esigenza di normare e controllare. E a proposito del GDPR, è utile sottolineare che le norme invocate nel GDPR, che è una normativa europea che riguarda un mercato di più di 500 milioni di consumatori, riguardano in generale l'offerta dei servizi digitali ai minori, va ben oltre i social il GDPR.

Un modus operandi uniforme, europeo, per essere consumatori digitali consapevoli potrebbe essere utile. Non possiamo disconoscere il fatto che oramai viviamo nella digital age. Occorre proteggere il minore e regolando anche chi offre in servizio digitale, la stessa piattaforma si autotutela. La posta in gioco infatti è più alta: riguarda l’economia della società dell’informazione digitale di cui i social sono una piccola parte.

Anche sempre più amministrazioni pubbliche sono sbarcate sui social, alcune anche su tik tok per promuovere turisticamente i loro enti o arrivare ad un utenza che non raggiungono con altri mezzi: vedi il Comune di Trieste o quello di Bagheria, per citare un esempio siciliano. Gli utenti, i cittadini, oramai difficilmente visitano i siti istituzionali dei comuni per essere informati, utilizzano sempre più spesso i social, ed è questo il motivo per cui tante pubbliche amministrazioni sono presenti sui social, ecco perché noi giornalisti dobbiamo saperli usare e sfruttare.

Tornando a Tik Tok, la piattaforma social ha già una serie di impostazioni e gestioni della privacy e sicurezza per limitare chi può commentare i post, chi contattare il profilo e dispone anche di una funzionalità di benessere digitale per limitare i contenuti inappropriati e aiutare a gestire il tempo trascorso sull’app scegliendo l’opzione dalle impostazioni del controllo applicazione. La piattaforma usa anche degli algoritmi per evitare che i suoi utenti postino contenuti violenti ma questi algoritmi pare possano anche essere aggirati. E dopo la tragedia di Palermo ha implementato le regole sulla privacy dei minori. La notizia è che Tik Tok adotterà le misure per bloccare l’accesso agli utenti minori di 13 anni e valuterà l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per la verifica dell’età. Inoltre, lancerà una campagna informativa per sensibilizzare genitori e figli. E’ quanto ha comunicato la piattaforma di video sharing  al Garante della protezione dei dati personali, dopo il provvedimento di blocco imposto nei giorni scorsi dall’Autorità.

Probabilmente, anzi sicuramente, algoritmi, blocchi, sono aggirabili, aggirabile lo stesso divieto, previsto dalla piattaforma, di iscriversi per i minori sotto i 13 anni. Il GDPR ha fissato il divieto ai 16 anni ma ha dato agli Stati membri la possibilità di stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni.

Porre una soglia più alta, come ad esempio quella dei 16 anni suggerita dal GDPR, potrebbero però significare riferirsi ad una condizione ideale ma che non è presente nelle prassi adottate e che si orienterebbe ad una soglia di consapevolezza più elevata rispetto all’attuale e rispetto a quella già in divenire.

Se i nostri bimbi, come vediamo già a 8/10 anni sono incuriositi da alcuni social, se sono stati costretti per tutto il 2020 a entrare e uscire dalla DAD con i loro account scolastici, ad usare meet per fare lezione, a guardare video su youtube, a seguire il catechismo o la danza su facebook, come pensiamo di staccarli dal digitale, e perché ?

Con un maggior divieto di uso solo a 16 anni rischieremmo di ottenere un probabile “effetto perverso” per il quale comunque si tenterebbe di usarli lo stesso e senza controllo, ma l’innalzamento della soglia finirebbe per deresponsabilizzare l’istituzione educativa, l’opinione pubblica e anche le stesse piattaforme.

Continuare a mantenere la soglia di 13 anni significa responsabilizzare non solo i player di mercato ma l’intera comunità attorno al tema, ecco ancora ritorna il tema della responsabilità di tutti.

Non sarebbero quindi solo i genitori a dover lavorare su consapevolezza e responsabilità dei figli ma l’intera società – mercato incluso – dovrebbe farsi carico della possibilità che tredicenni siano presenti online.

Tenere i nostri figli lontani dai cellulari e dalle connessione è praticamente un’utopia. Lo smartphone rappresenta infatti oggi in Italia lo strumento principale con cui i minori accedono a Internet. Nostro compito è ridurre l’accesso always and anywhere.

E’vero che essere genitori di figli nativi digitali è difficile ma non più difficile dei nostri tempi, i pericoli sono ovunque, on line e off line. Il monitoraggio di quanto si fa sugli smartphone da parte dei genitori deve essere altrettanto attento di quando i nostri figli sono per strada, con gli amici, o mentre guardano la TV. Quando i nostri figli hanno uno smartphone tra le mani vanno guidati, accompagnati all’uso e alla fruizione delle informazioni che gli passano davanti agli occhi, occorre farsi carico di un ambiente digitale “adatto” a diversi livelli – di contenuti, di policy, di uso dei dati personali.

Probabilmente sulla scia degli eventi tragici si manterrà la soglia proposta dall’Europa di 16 anni, perché è più semplice, meno oneroso, meno responsabilizzante. Rischiando di indurre i nostri figli a mentire all’ennesima richiesta della verifica sulla data di nascita, o ancora, come qualcuno ha suggerito all’invio di fotocopie di carte di identità dei genitori, che creano eccesso di burocratizzazione che sia i genitori che piattaforme potrebbero disattendere.

Implementare lo strumento già esistente dell’ “age verification” sarebbe gà un passo avanti che la tecnologia dovrebbe compiere per ampliare le possibilità di blocchi in modo tale da non permettere ad alcun bambino o bambina di poter superare il limite di iscrizione per età.

A questo devono lavorare le piattaforme: migliorare sempre più le tecnologie, o forse creare luoghi digitali sicuri e protetti solo per minori, o ancora chiedere a tutti, ogni volta che carichiamo un contenuto, se è adatto ai bambini, cosa che già fa Youtube.

La rete internet, i social network, questa agorà che offre infinite possibilità, di apprendere, condividere, conoscersi, ritrovarsi, è ambiente virtuoso ma può anche essere pericoloso e non in quanto mezzo in sé, che resta comunque un’utilissima risorsa. Le reali minacce della rete siamo noi stessi, il genere umano che alimenta tali minacce, se la rete viene maldestramente, ingannevolmente, illegalmente usata.

Il mondo di Internet deve rimanere uno spazio di libertà, che tuteli i soggetti deboli, quali sono i minori.

Deve però verificarsi un equilibrio tra libertà di espressione digitale e rispetto delle regole.

Certo il compito dei genitori, spesso impegnati, stanchi, “attaccati” a loro volta ai social o semplicemente ai pc, è sempre più complesso anche in considerazione che oramai anche i bambini di pochi anni hanno spesso, per giocare o tenerli buoni, un cellulari in mano, ma abbiamo il dovere di aiutarli ad usare, un po’ più grandicelli, con consapevolezza questi strumenti, per evitare un uso ed un abuso inconsapevole ed eccessivamente disinvolto.

Mettere in pratica regole come quando attiviamo il parental control alla tv, o insegnare ai nostri figli a distinguere cosa sia l’hate speech, o limitare il tempo che passano connessi, disabilitare la geolocalizzazione, non tener nascosto ai genitori di aver aperto degli account, non essere schiavi di like e follower, sono piccole azioni che possono tutelare i nostri figli.

Vietare l’uso dei social ai minori vorrebbe dire vietargli il diritto a informarsi ed intrattenersi, diritti legati con la cittadinanza futura ma già presente, come il diritto a trovare una propria espressione nella dimensione digitale, il diritto a costruire connessioni con gli altri, il diritto a contribuire all’opinione pubblica attraverso la libertà di espressione, di potere fornire pareri, di commentare.

La strategia deve dunque essere quelle di trovare soluzioni che non blocchino i social, non vietino ai bambini e ragazzini di usarli con coscienza e consapevolezza e che producano soluzioni condivise politiche, tecnologiche e culturali.

Marina Mancini
giornalista
Vice Presidente GUS (Gruppo Uffici stampa Sicilia)
Consigliera Assostampa Sicilia
Coordinatrice regionale PA Social
Responsabile Ufficio stampa Comune di Bagheria


Sitografia - link utili - fonti

Tik Tok: dopo il caso della bimba di Palermo, il Garante privacy dispone il blocco del social
Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto nei confronti di Tik Tok il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica.
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9524224

Minori sui social: il Garante privacy apre fascicolo su Facebook e Instagram. La verifica sarà estesa anche agli altri social
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9527301

I tuoi dati sono un tesoro”: il video del Garante per raccontare cos’è la privacy
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9522927

Tik Tok si adeguerà alle richieste del Garante privacy. Ma l’Autorità vigilerà sull’effettiva efficacia delle misure che verranno adottate
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9533424

Tik Tok: "Un primo passo, ora la piattaforma deve garantire l'efficacia delle regole" - Intervista a Ginevra Cerrina Feroni
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9534341

In rete, anche su youTube diversi youtuber analizzano il caso, un esempio:
https://youtu.be/I-Drya9Nbrs

Ma il mostro è solo Tik Tok? Niente big data fino a 16 anni (articolo su Key4biz)
https://www.key4biz.it/ma-il-mostro-e-solo-tik-tok-niente-big-data-fino-a-16-anni/341090/

Privacy dei minori sui social, con il GDPR: così tuteliamo i loro interessi
https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy-dei-minori-sui-social-con-il-gdpr-cosi-tuteliamo-i-loro-interessi/

SOCIAL4SCHOOL: UN GIOCO ONLINE PER IMPARARE UN USO CONSAPEVOLE DEI SOCIAL NETWORK
https://frida.unito.it/wn_pages/tmContenuto.php/427_culture-produzione-culturale-e-artistica-filosofia/19_social4school-un-gioco-online-per-imparare-un-uso-consapevole-dei-social-network/

Minori ed internet educazione ad un uso consapevole del web
https://www.netreputation.it/consigli-di-media-education/

Minorenni e social network: rischi e uso corretto
https://www.accademiacivicadigitale.org/minorenni-e-social-network-rischi-e-uso-corretto/


 di Marina Mancini

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