Comunicazione e media dopo la pandemia
La pandemia ha certamente cambiato il rapporto degli italiani nei riguardi della comunicazione e dei media. Il processo di cambiamento è stato ripercorso nel 55esimo Rapporto Censis che analizza e interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese, individuando i reali processi di trasformazione della società italiana.
Nel
2021 la fruizione della televisione ha conosciuto un esponenziale
incremento dovuto sia alla crescita degli usi tradizionali, sia degli
impieghi più innovativi. Aumentano sia i telespettatori della tv
tradizionale (il digitale terrestre: +0,5% rispetto al 2019) e della
tv satellitare (+0,5%), sia quelli della tv via internet (web tv e
smart tv salgono al 41,9% di utenza: +7,4% nel biennio) e della
mobile tv, passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 a un terzo
degli italiani oggi (33,4%), con un aumento del 5,2% solo negli
ultimi due anni.
I
telegiornali, anche durante i giorni dell’emergenza sanitaria,
hanno mantenuto la posizione di vertice tra le fonti informative per
il 60,1% degli italiani. Sono un riferimento indiscusso per i
65-80enni (73,2%), ma anche per il 42,3% dei 14-29enni. Al secondo
posto c’è Facebook, utilizzato dal 30,1% degli italiani negli
ultimi 7 giorni a scopi informativi. Poi i motori di ricerca come
Google, che hanno attratto il 22,9% degli utenti per informarsi. Le
tv all news (quarta fonte di informazione nel 2021 con il 22,5%) sono
cresciute del 2,9%. I quotidiani cartacei registrano l’11,7% di
utenza a scopi informativi (-5,8% rispetto al 2019) e i quotidiani
online hanno incrementato la loro utenza a scopi informativi al 12,5%
(+1,1%).
Le
opinioni sulla presenza mediatica degli esperti nei vari campi della
medicina è positivo per oltre la metà degli italiani (54,2%):
perché sono stati indispensabili per avere indicazioni sui
comportamenti corretti da adottare (15,5%) o perché sono stati utili
per comprendere quello che accadeva (38,7%). I giudizi sono invece
negativi per il 45,8%: in quanto virologi ed epidemiologi sono stati
inutili e hanno creato confusione e disorientamento (34,4%) o sono
stati addirittura dannosi, perché hanno provocato allarme
(11,4%).
All’interno
dei processi di ibridazione del sistema dei media, anche la radio
continua a rivelarsi all’avanguardia. Nel 2021 complessivamente i
radioascoltatori sono il 79,6% degli italiani, stabili da un anno
all’altro. Se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio
tradizionale perde 2,1 punti percentuali di utenza e l’autoradio
3,6 punti (penalizzata dalle limitazioni alla mobilità imposte
dall’emergenza sanitaria), aumenta invece l’ascolto delle
trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 20,2%
degli italiani: +2,9%) e attraverso lo smartphone (lo fa il 23,8%:
+2,5%).
L’emorragia
di lettori di libri sembra essersi arrestata: nel 2021 sono il 43,6%
degli italiani, con un aumento dell’1,7% rispetto al 2019 (sebbene
nel 2007 chi aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno era il
59,4% della popolazione). Se si considera che chi ne ha letti più di
3 costituisce una fetta pari al 25,2%, si può affermare che il
lockdown ha senz’altro prodotto un riavvicinamento alla lettura.
Sale anche il numero di lettori di e-book, pari oggi a un italiano
ogni dieci (l’11,1%: +2,6%). Al contrario, si accentua la crisi
ormai storica dei media a stampa, a cominciare dai quotidiani venduti
in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani,
ridotti al 29,1% nel 2021 (-8,2% rispetto al 2019). Lo stesso vale
per i settimanali (-6,5% nel biennio) e i mensili (-7,8%).
Si
registra ancora un aumento dell’impiego di Internet da parte degli
italiani: l’utenza ha raggiunto quota 83,5%, con una differenza
positiva di 4,2 punti percentuali rispetto al 2019. L’impiego degli
smartphone sale all’83,3% (+7,6%) e lievitano complessivamente al
76,6% gli utenti dei social network (+6,7%).
La
rete ha rappresentato l’ancora di salvataggio durante il lockdown e
le attività quotidiane mediate da internet hanno registrato un
incremento consistente. Le principali sono: cercare informazioni su
aziende, prodotti, servizi (lo fa il 64,9% degli utenti di internet),
trovare strade o località (54,3%), fare acquisti online (51,6%),
ascoltare musica (48,1%), svolgere operazioni bancarie (46,6%). Nel
confronto con il 2019, la crescita più rilevante riguarda tre
ambiti: frequentare corsi scolastici, universitari o di formazione
(+8,9% rispetto al 2019), prenotare visite mediche (+4,8%) e
l’e-commerce (+3,5%). Al contrario, a causa delle restrizioni alla
mobilità, è diminuita la ricerca di strade e località tramite i
dispositivi digitali (-15,2%) e la prenotazione di viaggi
(-13,2%).
La
spesa delle famiglie per i consumi mediatici tra il 2007 e il 2020
evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito
una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli precedenti
la grande crisi del 2008, la spesa per l’acquisto di telefoni e
equipaggiamento telefonico ha segnato un vero e proprio boom,
moltiplicando per oltre cinque volte il suo valore (+450,7%
nell’intero periodo, per un ammontare di 7,2 miliardi di euro
nell’ultimo anno). La spesa dedicata all’acquisto di computer,
audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo
(+89,7%), mentre i servizi di telefonia hanno conosciuto un
assestamento verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario
(-21,1%, per un valore comunque pari a 14,6 miliardi di euro sborsati
dalle famiglie italiane nell’ultimo anno). La spesa per libri e
giornali, infine, ha subito un vero e proprio crollo: -45,9% dal
2007.
Alcune
“rivoluzioni” consequenziali alla pandemia sembrano destinate a
rimanere delle prassi consolidate. Ad esempio, la Pubblica
Amministrazione digitale, anche dopo la pandemia, è considerata
irrinunciabile. Il 38,1% degli italiani desidera, infatti, che si
possano ottenere certificati e documenti on line. Seguono
l’e-commerce (29,9%), il conto corrente online (24,3%) e l’home
delivery (24,2%) come opportunità delle quali cui non si potrà più
fare a meno. Per il 20,2% è lo smart working a essere intoccabile (e
il dato sale al 28,6% tra i 30-44enni). Quasi la metà della
popolazione (il 48,7%) ha già attivato l’identità digitale Spid,
ma i divari sociali e territoriali pesano ancora molto. Le
percentuali più elevate di utenti si registrano nelle grandi aree
metropolitane (59,5%) e tra le persone dotate di titoli di studio più
alti (tra i diplomati e i laureati si sale al 61,6%). Invece i picchi
più bassi di utenti Spid si riscontrano al Sud (40,2%) e tra gli
anziani (32,1%).
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