Cinque anni di tagli a comuni e sanità, dal deficit economico a quello assistenziale
Gli obiettivi di risparmio previsti per il management della finanza locale e regionale sembrano essere stati raggiunti. È quanto emerge dalla relazione sulla gestione finanziaria per l’esercizio 2013 degli enti territoriali prodotta della Sezione Centrale di Controllo della Corte dei Conti, che ha effettuato le verifiche del rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. D’altro canto, le manovre di spending review, perseguite nel periodo 2008-2013, hanno determinato consistenti tagli ai trasferimenti correnti, un cospicuo avanzo di cassa e una riduzione delle risorse destinate ai servizi essenziali.
Maggiormente colpite dalle politiche restrittive sono le Regioni, i cui tagli alla spesa primaria sono stati del 16% nel triennio 2010-2012. Le manovre di riequilibrio hanno consentito, però, di migliorare i conti patrimoniali: le Regioni a statuto ordinario del Nord manifestano maggiori segnali di sofferenza, mentre quelle a statuto speciale e le Province autonome sembrano consolidare in modo significativo i propri saldi patrimoniali. La gestione di competenza 2013 registra un saldo complessivo pari a +5,2 miliardi, a differenza dei risultati negativi del biennio precedente. Ed anche la gestione di cassa presenta valori positivi (+3,7 miliardi), così come quella in conto capitale di competenza. Gli accertamenti complessivi delle entrate ammontano a quasi 186 miliardi, in crescita considerevole rispetto all’anno precedente, a cui si collega, sul piano della cassa, il tangibile aumento delle riscossioni tributarie, cresciute in un solo anno di oltre 30 miliardi. L’indebitamento con oneri a esclusivo carico delle Regioni passa da 46 miliardi del 2012 a 52,7 miliardi del 2013, registrando un incremento dell’11,48% rispetto al biennio 2011-2012. Una parte consistente di tale deficit è coperta dagli strumenti di finanza derivata (14,84 miliardi, pari al 28,12% del debito a carico delle Regioni). Quanto alla spesa, le Regioni confermano la tendenza a presentare bilanci previsionali con stime lontane da quelle poi realmente registrate.
Sul versante della finanza locale, le manovre di contenimento dei conti pubblici hanno consentito di risparmiare il 28,3% sulla spesa primaria delle Province (corrispondente, in valore assoluto, ad un taglio di 2,9 miliardi) e il 14,5% su quella dei Comuni (pari a 8,4 miliardi). Contestualmente, si è rafforzata la pressione fiscale dei Comuni - nel 2013 gli accertamenti di competenza di tutte le entrate correnti crescono del 4,1%: in valore assoluto, cioè, si passa da 53,07 miliardi del 2012 a 55,2 miliardi - e la spesa per gli investimenti è diminuita del 5,8%, mentre quella corrente si incrementa, in termini di impegni, del 5,5%, principalmente per le prestazioni di servizi (+4,9%). Sono stati ridotti, invece, gli oneri per il personale (-2,2%) e quelli per l’acquisto di beni di consumo (-6,4%). Sul versante del debito finanziario, la consistenza per i Comuni (43,2 miliardi) è sostanzialmente stabile (-0,43%) rispetto all’anno precedente (43,4 miliardi), ma il fenomeno dei debiti fuori bilancio va oramai assumendo una dimensione strutturale per la rilevanza degli importi e per il numero degli enti coinvolti, con un aumento complessivo nel 2013 dell’80% nelle Province (da 72,2 a 130,3 milioni) e del 20,95% nei Comuni (da 576,9 a 697,8 milioni). E, proprio commentando le valutazioni della Corte dei Conti sulla situazione finanziaria degli enti territoriali, Leoluca Orlando, presidente dell’AnciSicilia, parla di «effetti devastanti» prodotti da cinque anni ininterrotti di tagli. «I tagli vanno effettuati con estremo giudizio» - osserva il primo cittadino del capoluogo siciliano - «non si può pensare di sforbiciare orizzontalmente, eliminando servizi essenziali» perché «una cosa sono gli sprechi, che esistono e sui quali si deve porre senza dubbio un rimedio, un'altra sono i tagli lineari e indiscriminati che hanno attuato i vari governi e che vanno ben al di là degli sprechi, visto che toccano da vicino i cittadini».
Per quanto attiene alla gestione sanitaria, negli ultimi tre anni la spesa è diminuita, in particolare quella per il personale (dal 34,97% nel 2002 al 32,19% nel 2013) e quella farmaceutica convenzionata (dal 14,98% nel 2002 al 7,86% nel 2013). Infatti, nel 2013 il peso della spesa sanitaria su quella corrente complessiva è pari al 75,87%, contro il 76,50% del 2012. Come si legge nella relazione, “risulta confermata l’efficacia delle misure di contenimento della farmaceutica territoriale e la difficoltà a contenere quella ospedaliera; il risultato per il 2013, anche se positivo perché la spesa diminuisce complessivamente del 3,6% rispetto all’anno precedente (-0,6 miliardi in valore assoluto), è prodotto da un incremento del 7,6% della spesa ospedaliera e da un calo del 7,2% di quella territoriale”. Dunque, il sistema sanitario, nonostante le persistenti criticità dei Servizi sanitari regionali in alcune Regioni sottoposte a piano di rientro, “sta riassorbendo i disavanzi pregressi grazie agli efficaci meccanismi di monitoraggio”. Il rischio, però, è che, senza gli investimenti necessari in tecnologie e infrastrutture, si passi da un deficit contabile a un “deficit assistenziale”.
Ultimi articoli
- La marcia del 1983, si rinnova la sfida alla mafia
- Bagheria, consiglio
aperto sulla “marcia” - La nuova Cortina
di ferro grande campo
di battaglia - La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione