Chiude l'Opg di Barcellona, quale destino per gli ex internati
Preg.mo
Presidente Crocetta, Gent.ma Assessore Borsellino,
il prossimo 31 Marzo
con la chiusura dell’OPG di Barcellona P.G (come previsto dall’art. 1
della legge 81/2014) si potrà dire di
avere posto fine alla storia drammatica
dei manicomi criminali, dando finalmente soggettività e dignità alle persone finora internate in
questi contenitori come “scarti umani”, riportando alle dimensioni giuste e
umane quello che è un bisogno di salute.
Le
norme per il superamento dell’OPG prevedono:
1) le dimissioni per le persone internate per le
quali l’Autorità giudiziaria abbia escluso la
pericolosità sociale e la presa in
carica da parte dei dipartimenti dei
servizi mentali (DSM) con la
pianificazione di progetti terapeutici
individuali volti al raggiungimento del duplice obiettivo del diritto di cura e di
reinserimento sociale;
2 l’esecuzione di misure di sicurezza alternative al ricovero in OPG o Casa di Cura e Custodia, disposte dalla Magistratura presso le strutture sanitarie REMS (residenze sanitarie per misure di
sicurezza). Nonché percorsi terapeutici riabilitativi.
Da informazioni assunte informalmente e da quanto
riportato dai mass-media il quadro
tratteggiato per la chiusura dell’OPG di
Barcellona P.G, mostra che meno di 40
soggetti dal primo aprile saranno trasferiti nelle Rems già ultimate a
Naso e a Caltagirone; meno di 50 sono i degenti che devono ancora essere presi in carico dalle
Regioni/territorio di provenienza di Calabria, Puglia e Basilicata; circa 60 i degenti/siciliani che sono
stati presi in carico dai Dipartimenti di salute mentale
territoriali.
Un
quadro che se confermato, consegna un avanzamento in questa battaglia di civiltà ma al tempo
stesso consegna una pesante responsabilità alla Società civile, che dovrà gestire
sapientemente e con professionalità i singoli sofferenti. Come diceva Basaglia una
società per dirsi civile deve farsi
carico della follia in forma diversa dai manicomi.
Non si tratterà dunque soltanto di trasferire e d’ora in poi fare eseguire le misure di sicurezza in
strutture differenti, più accoglienti, come appositamente predisposte
assicurando verbalmente che non
diventeranno piccoli OPG.
Per potere parlare di battaglia vinta, questo processo va accompagnato e riguarda gli internati ma più in generale riguarda
la necessità di affrontare in modo globale il disturbo mentale finalizzato alla
riabilitazione e all’inclusione sociale.
In questa battaglia di civiltà non basta concentrarsi
sulle strutture dove trasferire gli internati, ma consentire la continuità
delle cure e dell’assistenza e distribuire lo sforzo economico anche in tale
ambito. In tal senso, poiché appare superflua la previsione di realizzare altre
2 REMS per un totale di altri 40 posti letto, ancora una volta il Comitato STOPOPG Sicilia chiede che le risorse destinate dal Governo
centrale siano riconvertite nella
riqualificazione dei servizi, per
ampliamento dotazione organiche, per la realizzazione di più progetti budget-salute.
Tanti gli interrogativi che aspettano risposta, fra i quali:
1) Se la salute è al centro prima della detenzione, come sarà
articolato il controllo affidato al
personale giudiziario nelle REMS ?. Lo
stigma va combattuto a partire anche da questo aspetto.
2) il DCPM del 2008 relativo al trasferimento
della sanità penitenziaria nell’ambito
della Servizio Sanitario regionale, quando sarà recepito dalla nostra Regione? Quando
si affronterà compiutamente il passaggio del personale coinvolto?;
3) risulta fondata l’ ipotesi del
trasferimento di tutte le sezione di cura psichiatriche delle carceri siciliane presso l’ OPG di Barcellona
P.G?
Il Comitato Stop OPG nel sollecitare l’attuazione del
Piano strategico sulla salute mentale, chiede l’istituzione di una cabina di
regia regionale che di pari passo verifichi la definizione e l’attuazione (da
far rientrare fra gli obiettivi dei direttori) dei
piani locali di salute mentale
con il coinvolgimento di tutti gli attori sul territorio.
Ciò
che serve è la garanzia di un’assistenza
psichiatrica sul territorio sufficiente ed efficiente, non potendo immaginare
di lasciare nella solitudine le famiglie a farsi carico della sofferenza
quotidiana che il famigliare con disagio psichico può procurare, rischiando di impazzire a loro
volta.
Riteniamo che il grido di dolore di un ex internato debba esser ascoltato (nota allegata) da tutti gli attori coinvolti nella partita del disagio mentale, affinchè in modo solerte, civile e attento siano individuate tutte le soluzioni più adeguate FUORI DA TUTTE LE MURA, ancora oggi previste. Con la presente, Il Comitato StopOPG Sicilia chiede un urgente incontro.
IL COMITATO
STOPOPG SICILIA
(Elvira Morana)
Questa e' la lettera scritta da un ex internato dell'OPG di
Barcellona Pozzo di Gotto
"Io sono R. sono sordo
e ipovedente. Sono nato così. La mia vita non è stata facile. Ho vissuto
all'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto per 7 anni e
per 2 anni sono stato ospite della
comunità Salpietro in attesa della sentenza. Si, ho dovuto aspettare due anni
per la sentenza. Adesso, da un anno e tre mesi, vivo in una comunità
psichiatrica (Comunità Terapeutica Assistita). Non ho il permesso di uscire da
solo perché il giudice sostiene che io sia pericoloso. Magari ha ragione, non
posso uscire da solo, ma sicuramente non perché io sia pericoloso ma perché non
vedo bene. Dopo tante proroghe, ogni sei mesi sempre la stessa storia, la mia
pericolosità viene sempre riconfermata. Pochi giorni fa , nonostante mi sia
sempre comportato bene ed esco sempre accompagnato dal mio operatore e
nonostante le mie difficoltà comunicative e sensoriali (che comunque mi
permettono di avere un buon rapporto con tutti), il giudice questa volta ha
deciso una proroga di un anno. Non capisco il motivo. Non sono pericoloso,
prendo le medicine correttamente, faccio tante attività e volontariato in
una cooperativa sociale di cui è socia
la mia operatrice della lingua italiana dei segni. Si io comunico in segni
perché sono sordo, ma non ho alcuna difficoltà a comunicare con gli altri. Io
voglio diventare socio della cooperativa perché voglio lavorare e mi piace
stare in mezzo al verde e stare a contatto con persone che mi trattano come se
fossi uno di loro, uno qualunque e non un ex carcerato. Ma io mi sento ancora
in gabbia. Mi sento ancora un carcerato. Ancora per un anno intero non potrò uscire da solo, non potrò andare da
solo al bar o in cooperativa che è molto vicino alla mia comunità, credo
50metri. Devo sempre aspettare che un
operatore mi venga a prendere. Ma davvero non capisco perché il giudice abbia
deciso questo per me, perché questa volta ha deciso addirittura di prolungare
di un anno e non di sei mesi, ma soprattutto mi chiedo perchè di nuovo! Io non
ho commesso nessun crimine grave, ma da più dieci anni sono rinchiuso dentro
quattro mura che non sono la mia casa. Io rivoglio la mia casa, la mia vita, la
mia dignità."
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