Chi cerca i casi di contagio e chi (probabilmente) li nasconde

Società | 26 febbraio 2020
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Covid-19, atto secondo. Ovvero coronavirus in salsa italiana. Da che davamo la caccia agli “untori” cinesi che vivono e lavorano nelle nostre città e nei nostri paesi a che in Europa e nel mondo gli untori siamo considerati noi. Almeno così ci vedono gli altri coinquilini del condominio Europa, a partire dai più vicini di pianerottolo. Si allunga di ora in ora la lista degli stati che anche negli altri continenti “chiudono” le porte agli italiani. Nella stessa Italia non mancano gli amministratori locali che, in modo sbrigativo quanto discutibile, “chiudono” a lombardi e veneti.

La falla innegabilmente si è aperta con i due focolai in Lombardia e Veneto. E si è portata appresso l’intera Italia settentrionale con sporadici casi (per ora) in Italia centrale e meridionale. Si vedrà quanto e come le misure adottate saranno in grado di contenere la diffusione dell’epidemia in tutta la penisola, isole comprese.

Nel frattempo un paio di concetti vanno chiariti ai nostri amici dell’Unione Europea. Il primo. Dove è l’UE in questa emergenza sanitaria? Non pervenuta. D’accordo, la Commissione Europea ha blande competenze in materia sanitaria, terreno di sovrana e gelosa autorità nazionale, ma almeno qualcosa in termini di coordinamento degli interventi potrebbe provare a realizzarla. Un dato macroscopico trova sempre sistematica conferma: l’UE è geneticamente non attrezzata per fronteggiare emergenze che richiedono interventi importanti e urgenti. L’aveva capito Henry Kissinger quando asseriva con incontrovertibile sarcasmo: “La lentezza burocratica dell’Unione Europea è tale che trasforma una trattativa in una crisi”. Il secondo concetto. Mentre ogni stato si ripara per conto suo ed agisce come se i virus fossero immigrati clandestini da bloccare alla frontiera e non un nemico invisibile che se la ride delle barriere e delle dogane, una domanda sorge spontanea: ma non è che in Italia si registrano e si contabilizzano più casi, più contagi, più decessi perché si effettuano più controlli? Non è che in altri stati, anche dell’Unione Europea, i controlli sono molto più sommari, la polvere si mette sotto il tappeto e il Covid-19 circola più o meno indisturbato senza un serio argine? Le statistiche sono spesso ingannevoli. Facciamo un esempio di scuola, facciamo l’esempio delle frodi europee. L’Italia è in testa. Ci mancherebbe: noi abbiamo inventato mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita. Ma probabilmente in nessun paese europeo il sistema antifrode è così attento, efficiente come in Italia. Dove i controlli partono già dalle denunce degli uffici attuatori delle procedure, dalle unità di monitoraggio e controllo, dai controlli di secondo livello e si intrecciano con le banche dati e le indagini di Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri, con l’azione della Magistratura. Per forza che i numeri sono rilevanti. Nell’Unione Europea vi sono sistemi giuridici nazionali nei quali le operazioni antifrode di fatto si concretizzano dopo il livello finale di giudizio. Praticamente come se da noi ci si muovesse dopo la sentenza definitiva della Cassazione. Inevitabile che tra noi e parecchi altri stati dell’Unione numeri e percentuali non possono stare a confronto.

Ecco, tornando al coronavirus, non vorremmo che stia succedendo qualcosa di simile. Se i cinesi sono dappertutto e tutti commerciamo, lavoriamo, ci spostiamo da e per la Cina lasciano molto perplessi certi dati sulla diffusione dell’infezione virale. Occhio ad un numero: nello stesso arco di tempo in Italia sono stati eseguiti 3.000 test, in Francia 300. Chissà cosa emergerebbe se, con un colpo di bacchetta magica, potessimo conoscere la “vera” situazione in ogni angolo d’Europa, Regno Unito compreso. Ma anche al di fuori del Vecchio Continente. In tanti sostengono che in Iran i decessi siano almeno il triplo od il quadruplo di quelli ufficialmente dichiarati.

Confidiamo nel lavoro impagabile, eroico, dei medici, dei ricercatori, del personale sanitario, delle forze dell’ordine, della protezione civile. Confidiamo che con la primavera e poi con l’estate Covid-19, al pari di qualsiasi altra influenza, allenterà la sua presa e tutti si torni ad una vita normale dopo psicosi di massa, quarantene ed un disastro economico che sarà se possibile ancora più traumatico del virus. Perché a molti sta sfuggendo un dettaglio: di “normale” influenza in Italia ogni anno muoiono 8.000 persone. Non ci facciamo caso. La percentuale dei decessi è dello 0,1 dei colpiti e dunque non ci prendiamo la briga neppure di vaccinarci. Covid-19 ha un tasso di mortalità più alto: 2-3 per cento sull’insieme dei ricoverati e – si stima – lo 0,5 per cento sulla base complessiva dei ricoverati e non ricoverati. Questi numeri ci stanno facendo impazzire di paura. Ma guardiamo al risicato numero di decessi, al 98 per cento circa di contagiati che la fanno franca. Guardiamo anche alla tipologia dei deceduti in Italia, tutti piuttosto anziani o con preesistenti patologie di rilievo che il virus amplifica. Guardiamo ad un ulteriore dato statistico: è risaputo che nel nostro paese ci sono rispetto ad altri molti più anziani – ultrasettantenni ed ultraottantenni – considerato che siamo ai primi posti al mondo per durata media della vita. Il fatto che la popolazione sia strutturalmente più anziana incide, anche se di poco, sul tasso di mortalità del coronavirus nelle nostre città e nei nostri paesi.

Una vita che se ne va, fosse anche quella di un ultracentenario, è sempre un distacco, una sofferenza, una sconfitta. Ma la vera catastrofe provocata dal Covid-19 – per cinico che possa apparire scriverlo – probabilmente non sarà quella sanitaria bensì quella economica. Una nazione intera si sta fermando nella finanza, nel fisco, nella produzione, nei servizi, nel commercio, nel turismo, nella distribuzione.

Quando, si spera tra pochi mesi, si tornerà alla normalità con il taumaturgico arrivo della sperimentazione e della distribuzione del vaccino anti-coronavirus, temiamo che il disastro economico sarà non meno pesante come prezzo da pagare degli effetti sanitari. Per quanto questi ultimi siano umanamente, comprensibilmente, più dolorosi.

 di Pino Scorciapino

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