Cento miliardi per far rinascere la Sicilia, mille insidie

Economia | 26 gennaio 2021
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Una discussione competente ed appassionata ha aperto il percorso che il Centro studi Pio La Torre si propone di attivare per la definizione di proposte che rendano possibile utilizzare in Sicilia in maniera rapida, efficiente ed efficace le risorse europee che saranno messe a disposizione dal Recovery Plan. La professoressa Pina Lalli, Rita Barbera, Alessandra Contino e Loredana Introini hanno messo in evidenza la necessità di ripensare e rilanciare le politiche di genere. Gli economisti Adam Asmundo, Salvatore Sacco, Antonio Bacarella e Pietro Columba hanno sottolineato le criticità della situazione esistente e le potenzialità del sistema economico siciliano. Il giuslavorista Alessandro Bellavista ha sottolineato che l'idea di sviluppo è connessa anche alla qualità della vita delle persone. Salvatore Di Gregorio, già vicesegretario generale dell'ARS e l'ex direttore di Sicindustria Giovanni Catalano hanno segnalato che oggi si sono determinate condizioni che pongono in modo nuovo le questioni siciliane, ma il nodo di fondo rimane il rafforzamento della capacità amministrativa. Il professor Ernesto Savona ha insistito sulla necessità di non tornare ad un vecchio modo di fare progetti che rende la distribuzione delle risorse indipendente dai risultati attesi. Vito Lo Monaco, concludendo il dibattito, ha proposto di realizzare in tempi rapidi un Report per contribuire ad una discussione essenziale per l'isola ma che appare ancora troppo generica. 

 Preoccupazione suscita, tra l'altro, il fatto che stiano circolando documenti che sembrano farsi portatori di una visione del Mezzogiorno centrata solo sulla realizzazione di opere pubbliche concentrate nel Meridione continentale e dalla quale, in modo del tutto incomprensibile, risulta assente qualsiasi riflessione sulla Sicilia e sulla Sardegna, così cancellando la storica relazione tra la Sicilia, il Mezzogiorno, L'Italia e la dimensione europea. Recentemente Fabrizio Barca ha affermato che la cosa principale che ci si dovrebbe chiedere rispetto al Recovery plan è quali sono per la Sicilia i dieci risultati attesi. Quale visone, insomma, la Sicilia, il Mezzogiorno, il paese hanno della propria crescita economica e sociale che non potrà comunque essere segnata dal mero ritorno al precedente status quo? La discussione deve sfuggire a due rischi che avrebbero effetti esiziali: la diatriba sulla quantità delle risorse che aprirebbe la strada a rivendicazioni fuori luogo tra le varie aree territoriali; il rischio di una implementazione del piano che tagli fuori il confronto con i corpi intermedi e le realtà presenti nel territorio. 

Si stima che al Mezzogiorno nel suo complesso saranno destinati circa 74 miliardi, cui vanno aggiunti cui va aggiunto il 67,4% degli 8,7 miliardi del React EU e circa 16 miliardi della quota (80%) del fondo sviluppo e coesione destinato per legge al Sud. Proviamo a declinare alcune ipotesi sul loro utilizzo, a partire proprio da un primo esercizio sui risultati attesi, precisando che la collocazione non prefigura alcun ordine d'importanza.


Primo: Uscire dalla crisi costruendo lavoro giusto e diritti sociali.

La Sicilia è stata investita da un vero e proprio tsunami che segnerà profondamente la società e l'economia dell'isola determinando un peggioramento delle condizioni di vita di una parte rilevante della popolazione. Sul versante della condizione delle lavoratrici e dei lavoratori è purtroppo prevedibile il rischio di un ampliamento dell'area del lavoro povero, irregolare, grigio, specialmente in settori caratterizzate da lavoro diffuso e parzialmente dequalificato, in particolare in alcune arre dell'edilizia del terziario privato, del lavoro agricolo. Per altro verso, per quanto riguarda il lavoro stabile, si assisterà ad una crescita dello smart working con i problemi, anche di natura contrattuale che ne deriveranno. Non si può star fermi a guardare che ciò si verifichi, ma bisogna immaginare da subito le azioni necessarie ad impedire il peggioramento delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori.

Secondo: Contro le nuove mafie, far emergere un'economia liberata dalla presenza criminale

Recenti rapporti della DIA segnalano che le mafie godono di un'ingente liquidità finanziaria che le condurrà ad esercitare una forte pressione su settori imprenditoriali fortemente indeboliti dalla crisi. Per tale ragione bisognerà alzare il livello di guardia sui fenomeni che si verificheranno nei prossimi mesi nell'economia regionale. Per altro verso, la straordinaria messe di risorse pubbliche che giungeranno anche in Sicilia con Recovery plan solleciteranno gli appetiti della criminalità organizzata. Diventa perciò indispensabile un monitoraggio costante sui sistemi di affidamento degli appalti per evitare che la trasparenza e la legalità vengano sacrificate all'esigenza di rapidità della spesa.

Terzo: Un'economia digitalizzata, sostenibile e decarbonizzata. La Sicilia come polo delle energie alternative

L'altro filo rosso dovrà essere la digitalizzazione diffusa e la sostenibilità dello sviluppo. Le risorse del Recovery, ma anche quelle ulteriori che giungeranno dalle politiche di coesione europee grazie al nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 saranno l'occasione irripetibile per lasciarci alle spalle un modello di crescita dipendente che ha prodotto gravissimi squilibri e danni nel territorio che vanno corretti oggi per evitare che a pagare il conto siano le future generazioni.

Quarto: Democrazia e partecipazione per garantire la qualità dello sviluppo

L'attenzione non andrà concentrata, a differenza di quanto avvenuto nel passato, esclusivamente sulla quantità delle risorse disponibili, ma sulla qualità dello sviluppo che vogliamo realizzare. Parlare in Sicilia di green deal e di rivoluzione digitale significa innanzitutto ricostruire un progetto -oggi assente- sul futuro dell' economia siciliana che non può ripercorrere le strade spesso fallimentari del passato. Si tratta perciò di mettere in valore i risultati attesi dagli investimenti e l'impatto che essi dovranno avere in termini di occupazione di qualità, di rapporto con il territorio, di individuazione di filiere produttive innovative, di riequilibrio territoriale tra aree costiere ed aree interne, tra aree metropolitane e piccoli e medi centri,

Quinto: Il valore dell'inclusione

L'idea dell'inclusione sociale, economica , culturale dovrà rappresentare il filo rosso che lega e dà organicità all'insieme degli interventi.

Sesto: La Sicilia crescerà se si daranno risposte ai giovani ed alle donne

Se, com'è scritto nel piano che l'Italia presenterà a Bruxelles, le tre strategie orizzontali riguardano donne, giovani e Sud, una delle principali priorità dell'azione dovrà essere relativa all'istruzione, al sistema della conoscenza, al rapporto tra Università e sistema della ricerca che possono rappresentare opzioni vincenti per il futuro dell'isola.

Settimo: utilizzare l'occasione Recovery per una vera riforma dell'amministrazione centrata su digitalizzazione ed efficienza.

Il sistema pubblico regionale ha ripetutamente dimostrato, anche indipendentemente dall'alternarsi delle coalizioni al governo, di non essere in grado di utilizzare in modo rapido, efficace ed efficiente, le risorse pubbliche a sua disposizione. Le condizionalità che l'Unione Europea accompagna sia ai prestiti che ai contributi a fondo perduto rendono urgente ed indispensabile una radicale riforma dell'amministrazione regionale, nel quadro della più complessiva riforma della pubblica amministrazione che rappresenta un obiettivo esplicito del Recovery.

Ottavo: valorizzare il territorio e riequilibrare il rapporto tra aree interne e territori costieri.

Estensione della strategia per le aree interne

Nono: sistema della conoscenza.

Asili nido e scuola dell'obbligo, Ripensare l'offerta formativa in termini di apprendimento permanente. Rilanciare il rapporto tra Università e territorio. Ricerca e sistema produttivo.

Decimo: Interconnettere la Sicilia col Mediterraneo, con l?Europa, con il mondo

Si tratta di evitare i tradizionali elenchi di opere pubblica e di individuare le infrastrutture materiali e tecnologiche che possano consentire alla Sicilia di realizzare una piena connessione con il resto d'Italia, il Mediterraneo e l'Europa.

Ci proponiamo nelle prossime settimane di trasformare queste prime ipotesi in proposte concrete da sottoporre al confronto con tutti coloro, singoli, associazioni, corpi intermedi, che sono interessati a discutere su come la Sicilia possa risollevarsi dai disastri della pandemia ed evitare di perdere l'occasione di sviluppo che le si presenta.

 di Franco Garufi

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