Breve storia del romanzo poliziesco raccontata da Leonardo Sciascia
Cultura | 7 aprile 2022
Può un articolo pubblicato su una rivista popolare assumere la connotazione di saggio scientifico? Può accadere, se l’articolo reca la firma di Leonardo Sciascia. Lo certifica il libro “Breve storia del romanzo poliziesco” edito da “Graphe.it” (pag.43, euro 6,50). Il volume ospita un’appassionata e colta introduzione di Eleonora Carta e custodisce, al suo interno, un intenso ritratto a carboncino dedicato a Sciascia opera di Giacomo Putzu.
Il testo dello scrittore siciliano era stato già pubblicato nel 1975 dal settimanale “Epoca”. Due lunghi articoli che danno corpo a una sorta di analisi endoscopica della storia, della tecnica e dei protagonisti della letteratura gialla e poliziesca. Nel testo l’autore delle “Parrocchie di Regalpetra” è impegnato nel tentativo di riabilitare un genere letterario spesso legato al ruolo di sottoprodotto culturale.
Questo saggio vede lo scrittore siciliano ricurvo e paziente come un maestro orologiaio d’antan. Con certosina pazienza, smonta gli infiniti meccanismi e ingranaggi che compongono le storie di investigazione. Tra le pagine di questa pubblicazione singolare si dispiegano, come sul banco da orologiaio, tutti i congegni narrativi, come minuscole ruote dentate, bilancieri, alette, ghiere. Sciascia dispiega una meravigliosa sequenza logica, affollata da personaggi e titoli che riempiono, per vastità e completezza, due pagini finali di elenco posti in appendice. La narrazione investigativa è stata un’autentica passione per lo scrittore siciliano, come aveva sottolineato lo stesso Gesualdo Bufalino: “Sciascia da guardia investigativa di Regalpetra diviene grande inquisitore poliziotto di Dio”.
L’impegno sciasciano fu coronato da grandi successi editoriali. I numerosi e prestigiosi riconoscimenti, le successive trasposizioni cinematografiche delle sue storie, consolidarono definitivamente l’intento di far uscire dal cono d’ombra il genere narrativo che era stato sempre percepito come trastullo, passatempo, divagazione. Un genere che consentiva al lettore di affidarsi all’investigatore di turno e porsi, comodamente, in una posizione di assoluto riposo mentale. Una condizione che trasforma il lettore in uno spettatore cinematografico e, come al cinema, si identifica con il protagonista. Al detective, figura solitaria e di grande fascinazione, si accompagna la figura della spalla, una maschera, una sorta di macchietta banalizzante, come da tradizione mediterranea, quella che conduce fino allo strampalato Sancho Panza. Una tecnica narrativa che ingenera atmosfere impregnate di torbido, costringendo il lettore a non abbandonare la lettura, non chiudere il libro se non dopo aver letto l’ultima riga.
Questa pubblicazione ha un merito indiscutibile e una peculiarità unica: sottolineare il grande impegno sciasciano di rivalutazione del genere investigativo e consentire un raffronto comparativo con la nuova ondata narrativa italiana.
Leonardo Sciascia aveva costruito la sua cifra stilistica caratteristica innestandola, volutamente, su questa struttura narrativa. Un escamotage stilistico che gli aveva consentito di raggiungere un vasto pubblico. Ma la peculiarità sciasciana poteva contare su un valore aggiunto: non dare corpo a banali storie consolatorie, avvolgenti, materne. La sua era raffinata scrittura, colta citazione, appassionata denuncia civile, indispensabile dettato esplicito, coraggioso impegno sociale, inesauribile grido d’allarme, indispensabile scuotimento di coscienze, imprescindibile sentinella democratica. Caratteristiche che sono esattamente contrapponibili all’attuale letteratura di intrattenimento, di grande successo. Quella che obbedisce alle leggi dell’esposizione televisiva, ai dettami dell’industria editoriale, alle indicazioni dell’ordine politico. Una letteratura contemporanea che partorisce con frequenze da catena di montaggio, libretti deliziosi, educati, di facile consumo, fascianti come un plaid. Storie già pronte per essere traslate nelle trasposizioni televisive di grande consenso. Forse gli autori di questi best seller nostrani dovrebbero trovare il tempo di rileggere il maestro di Racalmuto e decidere di licenziare libri scomodi che possano raccontarci questo momento storico di complessità e smarrimenti. Come esortava il buon Sciascia anche dalle pagine di un rotocalco.
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