"Borsellino è morto per mafia e appalti e non per i mafiosi", parola di Totò Riina
Società | 28 settembre 2023
"Borsellino l'ammazzarono loro, loro sono quelli che hanno fatto la trattativa, quelli che hanno scritto il 'papello'. Io della trattativa non posso sapere niente di niente. Perché io sono stato oggetto non soggetto della trattativa. La stessa cosa è per quel foglio con le richieste che qualcuno avrebbe presentato attraverso Vito Ciancimino. Mai scritto da me. Facciano pure la perizia calligrafica appena viene fuori e scopriremo che io non ho niente a che fare con questa vicenda. Le dicerie su Provenzano sono false. Come la storia di Di Maggio. La trattativa, le stragi ed il mio arresto sono una faccenda molto più alta. Tocca i piani alti della politica. Bisogna capire che Borsellino è morto per mafia e appalti e non per i mafiosi". Parole di Salvatore Riina.
Il capo dei capi non parlò molto con i magistrati che a più riprese tentarono di allacciare con lui un rapporto di collaborazione. Durante il primo interrogatorio con l'allora procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, all'indomani del suo arresto il 15 gennaio del 1993 disse che loro due potevano parlare del clima, del tempo e del sole o della pioggia e nulla di più. Ma qualcosa Totò 'U Curtu la disse, era naturalmente quello che voleva dire, la sua verità, ma che a distanza di trent'anni torna di grande attualità. Torna per un parallelismo con quanto detto dal suo figlioccio Matteo Messina Denaro, poco prima di morire. E torna di attualità oggi dopo le parole pronunciate da Fabio Trizzino, avvocato della famiglia Borsellino e genero del giudice ucciso con la sua scorta in via D'Amelio, in commissione Antimafia. Trizzino ha detto che Borsellino definì il suo ufficio un "nido di vipere".
Ma ancora ancora di più diventano attuali le frasi "gettate" da Riina ai magistrati di Palermo, Caltanissetta e Firenze, con la richiesta di Lucia Borsellino, la figlia del magistrato massacrato da Cosa nostra.
"Chiediamo che le componenti statuali facciano piena luce su particolari dettagli della vita di mio padre in quei 57 giorni tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio" ha detto Lucia Borsellino la quale ha aggiunto: "Siamo convinti dopo aver assistito a piste investigative di questi anni che altre piste non hanno considerato atti, documenti e prove testimoniali che potessero fornire elementi indispensabili a capire il contesto in cui Paolo Borsellino operava negli ultimi giorni della sua vita". Dopo Lucia il marito Fabio Trizzino ha aggiunto: "Denuncio il fatto gravissimo che il procuratore Pietro Giammanco non è mai stato sentito nell'ambito dei procedimenti per strage. E ora non possiamo saper se lavorasse per qualcuno perché è morto". Trizzino ha ricordato cosa disse Paolo Borsellino: "Mi uccideranno ma non sarà una vendetta della mafia, saranno mafiosi coloro che mi uccideranno ma quelli che hanno voluto la mia morte saranno i miei colleghi ed altri".
Se paragoniamo queste parole a quelle dette da Salvatore Riina "Borsellino l'ammazzarono loro" qualche dubbio sorge.
Certo le dichiarazioni o le mezze dichiarazioni di Riina possono fare storcere il naso a distanza di trent'anni ma la verità su quell'eccidio è forse ancora lontana da essere trovata. Le dichiarazioni del boss di Corleone negli Stati Uniti avrebbero forse una definizione: "briefing", un termine anglosassone intraducibile in lingua italiana ma che più o meno vuol dire "informazioni utilizzabili ma non attribuibili". Qui sono attribuili ma forse non utilizzabili. Come l'interrogatorio non fatto al procuratore Pietro Giammanco.
Le "verità" di Riina vennero raccolte in una paio di verbali da parte dei magistrati. Riina prese fortemente le distanze da Massimo Ciancimino e da suo padre (che lo tiravano in ballo per il famoso papello>, affermando, addirittura, di non conoscere Vito Ciancimino. E' chiaro che nelle sue intenzioni era una presa di distanza da un collaboratore, un infame e dalla persone che in quel momento riteneva responsabili di averlo consegnato alla giustizia.
Riina riteneva di essere stato "venduto" da Ciancimino e non da Balduccio Di Maggio che avrebbe invece indicato la casa dove il boss abitava a Palermo.
Da quell'interrogatorio emerge chiaramente che esclude categoricamente che Provenzano avesse avuto un ruolo nella sua cattura, ma si sfoga solo su Vito Ciancimino.
Riina si pone domande e indirettamente le pone ai magistrati che ha di fronte. Ed è sempre Riina ad affermare che "Spatuzza sa la verità su via D'Amelio". Gaspare Spatuzza è il collaboratore che con le sue dichiarazioni ha permesso di scoprire il depistaggio sulla strage, è il collaboratore che ha permesso di smascherare il falso pentito Vincenzo Scarantino e ha permesso la scarcerazione di sette condannato ingiustamente per l'eccidio.
In un interrogatorio successivo, però, Totò 'U Curtu cambia rotta e su Spatuzza dice: "Prendo atto che Spatuzza ha riferito di una strategia sulle stragi ma non crediate a Spatuzza che è un povero balordo. Ribadisco - concluse - che ciascun uomo deve essere coerente con se stesso, sia che svolga le funzioni di procuratore della Repubblica sia che faccia il mafioso. Io credo che Provenzano fosse un uomo coerente con se stesso e mi sento di escludere che possa avere consegnato chicchessia alle forze dell'ordine e men che mai il sottoscritto".
Ma è durante un colloquio con il figlio Giovanni, intercettato dalle forze dell'ordine, che Riina si apre. "Sono venuti ad interrogarmi per il fatto di Ciancimino, io gliel'ho detto, questi servizi segreti che dice lui, io non ho mai parlato, non li conosco anche perché se io mi fossi incontrato con uno di questi dei servizi segreti non mi chiamerei più Riina. Sì sì ho fatto una difesa di Provenzano che neanche l'avvocato ce l'avrebbe fatta. Io non sono intelligente io so solo...non sapevo e non so che avevo un paesano scrittore, ma non si sedeva con gli sbirri per farmi arrestare, il paesano queste cose non le fa".
Il capo dei capi della mafia rivolgendosi ancora al figlio: "Giovà, nella storia, quando poi non ci sono più, voi altri dovete dire e dovete sapere che avete un padre che non ce ne è sulla terra, non credete che ne trovate un altro perché non ce ne è perché io sono di una onesta e di una correttezza non comune. Io gli dissi al magistrato nella vita se volesse fare il procuratore faccia il procuratore e faccia il suo dovere di procuratore e lo faccia bene. Io se sono Riina, faccio Riina e lo faccio bene. Tuo padre è incredibile, quando tu credi sappia tutto non sa niente, perché l'ultima parole ce l'ho io e quindi l'ultima parola non si saprà mai. Quando hai una possibilità, se la sai sfruttare, l'ultima parola non la dici, te la tieni per te e puoi fare tutto su quell'ultima parola".
di Giuseppe Martorana
Il capo dei capi non parlò molto con i magistrati che a più riprese tentarono di allacciare con lui un rapporto di collaborazione. Durante il primo interrogatorio con l'allora procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, all'indomani del suo arresto il 15 gennaio del 1993 disse che loro due potevano parlare del clima, del tempo e del sole o della pioggia e nulla di più. Ma qualcosa Totò 'U Curtu la disse, era naturalmente quello che voleva dire, la sua verità, ma che a distanza di trent'anni torna di grande attualità. Torna per un parallelismo con quanto detto dal suo figlioccio Matteo Messina Denaro, poco prima di morire. E torna di attualità oggi dopo le parole pronunciate da Fabio Trizzino, avvocato della famiglia Borsellino e genero del giudice ucciso con la sua scorta in via D'Amelio, in commissione Antimafia. Trizzino ha detto che Borsellino definì il suo ufficio un "nido di vipere".
Ma ancora ancora di più diventano attuali le frasi "gettate" da Riina ai magistrati di Palermo, Caltanissetta e Firenze, con la richiesta di Lucia Borsellino, la figlia del magistrato massacrato da Cosa nostra.
"Chiediamo che le componenti statuali facciano piena luce su particolari dettagli della vita di mio padre in quei 57 giorni tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio" ha detto Lucia Borsellino la quale ha aggiunto: "Siamo convinti dopo aver assistito a piste investigative di questi anni che altre piste non hanno considerato atti, documenti e prove testimoniali che potessero fornire elementi indispensabili a capire il contesto in cui Paolo Borsellino operava negli ultimi giorni della sua vita". Dopo Lucia il marito Fabio Trizzino ha aggiunto: "Denuncio il fatto gravissimo che il procuratore Pietro Giammanco non è mai stato sentito nell'ambito dei procedimenti per strage. E ora non possiamo saper se lavorasse per qualcuno perché è morto". Trizzino ha ricordato cosa disse Paolo Borsellino: "Mi uccideranno ma non sarà una vendetta della mafia, saranno mafiosi coloro che mi uccideranno ma quelli che hanno voluto la mia morte saranno i miei colleghi ed altri".
Se paragoniamo queste parole a quelle dette da Salvatore Riina "Borsellino l'ammazzarono loro" qualche dubbio sorge.
Certo le dichiarazioni o le mezze dichiarazioni di Riina possono fare storcere il naso a distanza di trent'anni ma la verità su quell'eccidio è forse ancora lontana da essere trovata. Le dichiarazioni del boss di Corleone negli Stati Uniti avrebbero forse una definizione: "briefing", un termine anglosassone intraducibile in lingua italiana ma che più o meno vuol dire "informazioni utilizzabili ma non attribuibili". Qui sono attribuili ma forse non utilizzabili. Come l'interrogatorio non fatto al procuratore Pietro Giammanco.
Le "verità" di Riina vennero raccolte in una paio di verbali da parte dei magistrati. Riina prese fortemente le distanze da Massimo Ciancimino e da suo padre (che lo tiravano in ballo per il famoso papello>, affermando, addirittura, di non conoscere Vito Ciancimino. E' chiaro che nelle sue intenzioni era una presa di distanza da un collaboratore, un infame e dalla persone che in quel momento riteneva responsabili di averlo consegnato alla giustizia.
Riina riteneva di essere stato "venduto" da Ciancimino e non da Balduccio Di Maggio che avrebbe invece indicato la casa dove il boss abitava a Palermo.
Da quell'interrogatorio emerge chiaramente che esclude categoricamente che Provenzano avesse avuto un ruolo nella sua cattura, ma si sfoga solo su Vito Ciancimino.
Riina si pone domande e indirettamente le pone ai magistrati che ha di fronte. Ed è sempre Riina ad affermare che "Spatuzza sa la verità su via D'Amelio". Gaspare Spatuzza è il collaboratore che con le sue dichiarazioni ha permesso di scoprire il depistaggio sulla strage, è il collaboratore che ha permesso di smascherare il falso pentito Vincenzo Scarantino e ha permesso la scarcerazione di sette condannato ingiustamente per l'eccidio.
In un interrogatorio successivo, però, Totò 'U Curtu cambia rotta e su Spatuzza dice: "Prendo atto che Spatuzza ha riferito di una strategia sulle stragi ma non crediate a Spatuzza che è un povero balordo. Ribadisco - concluse - che ciascun uomo deve essere coerente con se stesso, sia che svolga le funzioni di procuratore della Repubblica sia che faccia il mafioso. Io credo che Provenzano fosse un uomo coerente con se stesso e mi sento di escludere che possa avere consegnato chicchessia alle forze dell'ordine e men che mai il sottoscritto".
Ma è durante un colloquio con il figlio Giovanni, intercettato dalle forze dell'ordine, che Riina si apre. "Sono venuti ad interrogarmi per il fatto di Ciancimino, io gliel'ho detto, questi servizi segreti che dice lui, io non ho mai parlato, non li conosco anche perché se io mi fossi incontrato con uno di questi dei servizi segreti non mi chiamerei più Riina. Sì sì ho fatto una difesa di Provenzano che neanche l'avvocato ce l'avrebbe fatta. Io non sono intelligente io so solo...non sapevo e non so che avevo un paesano scrittore, ma non si sedeva con gli sbirri per farmi arrestare, il paesano queste cose non le fa".
Il capo dei capi della mafia rivolgendosi ancora al figlio: "Giovà, nella storia, quando poi non ci sono più, voi altri dovete dire e dovete sapere che avete un padre che non ce ne è sulla terra, non credete che ne trovate un altro perché non ce ne è perché io sono di una onesta e di una correttezza non comune. Io gli dissi al magistrato nella vita se volesse fare il procuratore faccia il procuratore e faccia il suo dovere di procuratore e lo faccia bene. Io se sono Riina, faccio Riina e lo faccio bene. Tuo padre è incredibile, quando tu credi sappia tutto non sa niente, perché l'ultima parole ce l'ho io e quindi l'ultima parola non si saprà mai. Quando hai una possibilità, se la sai sfruttare, l'ultima parola non la dici, te la tieni per te e puoi fare tutto su quell'ultima parola".
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