Boom del rating di legalità ma non al Sud e in Sicilia

Economia | 1 gennaio 2016
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Boom del rating di legalità ma non al Sud e in Sicilia. Emilia Romagna e Veneto sono le regioni con il maggior numero di aziende che hanno ottenuto il riconoscimento attribuito dall'Antitrust alle imprese virtuose. Nel territorio emiliano sono 211 le imprese, mentre nel Veneto 171. Al terzo posto la Puglia, con 143. Settima la Sicilia con 59 imprese.

Tutte le regioni italiane sono rappresentate, compresa la Valle d’Aosta con una sola società. Tra le città a primeggiare è Roma, con 79 aziende, seguita da Milano, con 52 e Torino, con 25. In Sicilia le 59 aziende sono suddivise prevalentemente nel territorio della provincia palermitana (16) e catanese (14). Nove sono le aziende siracusane, sette le trapanesi, quattro le ragusane e le messinesi, tre le nissene, peraltro tutte con il massimo riconoscimento, una soltanto per la provincia agrigentina ed ennese.

 Sulle sessantanove aziende italiane ad aver ottenuto il massimo riconoscimento, le tre stellette, sei sono siciliane: tre della provincia palermitana e tre di quella nissena. Nel dettaglio sono la Bsf (Caltanissetta), le gelesi Turco Costruzioni e Amarù Giovanni, le palermitane Società Energie Rinnovabili e Co.San e la Tecnobox (Carini, Pa). Nel 2015 le richieste sono triplicate, passando da 441 del 2014 a 1.514 (+243%), mentre i casi chiusi dagli Uffici dell'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato sono quasi quintuplicati: da 251 a 1.382 (+450).

Lo rende noto l'Antitrust, sottolineando che “evidentemente, all'insegna della trasparenza e del contrasto alla corruzione, i benefici connessi a questo strumento sul piano economico, finanziario e anche reputazionale, inducono sempre più le aziende a rivolgersi all'Agcm per ottenere un 'bollino di qualità”. Più in dettaglio, aggiunge l'Authority, contro i 183 rating attribuiti nel 2014, quest'anno i riconoscimenti sono saliti a 1.083. In parallelo, anche i dinieghi sono aumentati da 6 a 66 e così pure le conferme, passate da 15 a 28. Sono state cinque infine le revoche, rispetto a nessuna nell'anno precedente.

Il Rating di legalità è lo strumento “premiale” con cui è stato affidato all'Antitrust il compito di attribuire un punteggio, da una a tre “stellette”, alle imprese virtuose con un fatturato di oltre due milioni di euro annui che corrispondono a una serie di requisiti giuridici, spiega l'Antitrust. Per ottenere una “stelletta”, il titolare dell'azienda e gli altri dirigenti non devono avere precedenti penali o tributari. Oltre a non essere stata condannata nel biennio precedente per illeciti antitrust, l'impresa deve effettuare pagamenti e transazioni finanziarie oltre i mille euro esclusivamente con strumenti tracciabili.

Per ottenere un punteggio più alto, il Regolamento indica altri sei requisiti: due “stellette” se ne vengono rispettati la metà, tre “stellette” se vengono rispettati tutti. In particolare questi criteri prevedono: il rispetto dei contenuti del Protocollo di legalità sottoscritto dal Ministero dell’Interno e da Confindustria, delle linee guida che ne costituiscono attuazione, del Protocollo sottoscritto dal Ministero dell’Interno e dalla Lega delle Cooperative , e a livello locale dalle Prefetture e dalle associazioni di categoria; utilizzare sistemi di tracciabilità dei pagamenti anche per importi inferiori rispetto a quelli fissati dalla legge; adottare una struttura organizzativa che effettui il controllo di conformità delle attività aziendali a disposizioni normative applicabili all’impresa o un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001; adottare processi per garantire forme di Corporate Social Responsibility; essere iscritte in uno degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa; avere aderito a codici etici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni di categoria; di aver adottato modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto della corruzione.

Del Rating assegnato dall'Agcm, secondo quanto prevede la legge, “si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario”. In forza della stessa normativa, “gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”.

 di Davide Mancuso

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