Biden ha buttato fuori Trump ma il trumpismo resiste

Politica | 8 novembre 2020
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Il commento più azzeccato è di Erika D. Smith, opinionista coloured del Los Angeles Times: “E' la prima volta che l'elezione del vice presidente potrebbe essere più storica che l'elezione del presidente”. Ascoltando l'intervento di Kamala Harris nel drive in del Delaware dove il team che ha vinto le elezioni del 3 novembre ha ringraziato gli elettori, si ha davvero l'impressione che la vera novità della politica americana sia questa cinquantaseienne californiana di padre giamaicano e madre indiana che è riuscita a incrinare il soffitto di cristallo che nel 2016 Hilary Clinton non giunse ad infrangere, nonostante avesse conquistato quasi tre milioni di voti in più di Donald Trump. 

L'altra novità è l'incremento della partecipazione popolare al voto, senza precedenti nel complesso ed abbastanza barocco sistema elettorale statunitense. 75 milioni di suffragi sono andati a Joe Biden, 71 milioni a Donald Trump; sommando i voti conseguiti dagli sconosciuti candidati minori, si arriva a quasi 150 milioni di elettori amenricani che hanno espresso la loro volontà recandosi alle urne o votando per posta. Nel 2008 Barack Obama aveva sfiorato i 70 milioni (69.498.516) ma era sceso a 66 milioni nel 2012, nel 2016 Donald Trump aveva sfiorato i 63 milioni. Cosa si cela dietro la massiccia partecipazione dei cittadini americani all'Election day di quest'anno? 

Certamente i sommovimenti che attraversano la diseguale e frastagliata società statunitense e che hanno enfatizzato l'interesse per la politica; certamente lo svilupparsi nei mesi scorsi di importanti momenti di mobilitazione sociale, a partire dal Black lives matter; certamente il clima di scontro spietato che ha attraversato la campagna elettorale ed ha funto da catalizzarìtore della partecipazione. Tuttavia, l'impressione di chi scrive è che un ruolo determinante sia stato giocato dalla pandemia che sta colpendo con ferocia classista i ceti più poveri e meno protetti di una società in cui non esiste un sistema universale di welfare e l'accesso alle prestazioni sanitarie è collegato direttamente al possesso di un'occupazione e della conseguente assicurazione sociale. 

Non a caso studiosi come il professor Mario del Pero, della parigina Sciences po, individuano le quattro principali sfide del neo eletto presidente nella riforma di un sistema fiscale che favorisce i ricchi, nella fortissima espansione della sanità pubblica rilanciando le due riforme obamiane che l'amministrazione repubblicana aveva bloccato (Medicare per gli anziani e Mediaid per coloro che non raggiungono la soglia di reddito indispensabile alla sopravvivenza), A ciò si aggiungono una svolta significativa sulle politiche di immigrazione e sicurezza; (pensiamo alla costruzione del muro anti migranti sul confine messicano ed alla ribellione di massa contro le violenze razziali della polizia che è stata alla base delle grandi manifestazioni della scorsa estate che Trump tentò di bloccare minacciando l'utilizzo della Guardia nazionale). Altri due punti centrali delle politiche della nuova amministrazione sembrerebbero rappresentate dall'ambiente e dalla transizione energetica verso la green economy e l'intervento sulle Corti federali. Oltre al noto caso della giudice conservatrice Amy Coney Barret che l'inquilino protempore della Casa Bianca volle nominare a tutti i costi a pochi giorni dalle elezioni, in questi anni Trump ha riempito tutte le corti federali di giudici vicini alla sua posizione politica.  

Tuttavia la priorità assoluta è la lotta al Covid 19: il diverso modo di affrontare la pandemia- a partire dalle polemiche sull'uso della mascherina- e le conseguenze sanitarie, economiche e sociali di quanto sta avvenendo hanno costituito una delle discriminanti principali della campagna elettorale. Il presidente eletto ha indicato in un post le sue priorità: la lotta per sconfiggere il Covid 19, la ricostruzione dell'economia, l'equità razziale, il cambiamento climatico. Saranno le scommesse decisive dei primi cento giorni della nuova amministrazione, come si legge nella pagina del portale dedicata agli impegni della transizione, cioè al periodo di interregno che si concluderà con il giuramento da presidente di Joe Biden il 21 gennaio 2021. Il segno che si vuol dare alla nuova amministrazione, nella quale è prevista una significativa presenza femminile e di qualche nome gradito ai repubblicani (reso ancor più necessario dalla probabile maggioranza del Great Old Party al Senato), sarà di forte collegialità. Got the band get togheter- la banda deve suonare all'unisono- è stata tra le affermazioni più significative del discorso di Wilmington, insieme all'impegno di trarre l'America fuori dall'attuale grim era, cioè dall'epoca priva di speranze nella quale Trump l'aveva precipitata. 

Tuttavia la strada è ancora lunga perchè, rompendo una delle più consolidate tradizioni della democrazia USA, il presidente uscente (è successo solo dieci volte nelle bicentenaria storia della Confederazione che un incumbent , come vengono chiamati i presidenti ricandidati venisse battuto alle urne) non vuole concedere la vittoria al subentrante, anzi pretende di aver vinto e minaccia una marea di ricorsi. Una situazione potenzialmente pericolosa per un paese costretto a far i conti con la fine del cosiddetto secolo americano che ne vide l'egemonia a livello mondiale. 

I settanta milioni di voti conseguiti dimostrano che Donald Trump ed il populismo di cui è uno dei principali esponenti mondiali, non sono stati una parentesi definitivamente espunta dalla storia americana. Per sconfiggerlo ci vorranno tempo e scelte coerenti. C'è un malessere profondo che attraversa un paese diviso dalle barriere razziali, dalla crescente diseguaglianza sociale, dalla crisi economica provocata dalla pandemia, dalla tentazione della chiusura isolazionista e del protezionismo economico. L'unico modo per sconfiggere la prospettiva di arretramento profondo che Trump rappresenta, è realizzare gli impegni e le promesse di rinnovamento che tante speranze hanno creato nei 75 milioni di donne ed uomini che hanno votato Joe Biden e Kamala Harris.

 di Franco Garufi

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