Beni confiscati, il tesoro mafioso che lo Stato ignora

Società | 21 febbraio 2020
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Il valore dei beni sottratti alle mafie da gennaio 2015 a settembre 2019 è pari all’1,8% del PIL nazionale, per un totale di quasi 32 miliardi di euro. Di questo ammontare, 20 miliardi sono rappresentati dai beni mobili e immobili sequestrati, mentre 11,7 miliardi sono costituti da quelli definitivamente confiscati. Il primato di sequestri e confische spetta a Cosa nostra. Seguono ‘Ndrangheta e Camorra, con la mafia calabrese che sorpassa quella campana per volume di attività illecite. Questi dati sono in linea con quelli indicati dalla Direzione Nazionale Antimafia, dalla Direzione Investigativa e Antimafia e dalla Commissione Bicamerale Antimafia e anticipati dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale a Valori, la testata giornalistica della Fondazione Finanza Etica.

Tra i settori in cui le mafie investono maggiormente vi sono quello ambientale, della ristorazione, dell’alberghiero e dell’agroalimentare. Vista la presenza delle organizzazioni mafiose sullo scenario internazionale, anche l’azione degli inquirenti contro i patrimoni dei boss ha superato le frontiere nazionali, come si evince dai dati della DNA. Nel 2019, su 1,25 miliardi di euro di beni sequestrati, oltre 24 milioni di euro derivano dalle indagini oltre confine. I procedimenti hanno portato altresì alla confisca di beni per un valore di oltre 3 milioni di euro su un miliardo e 645 milioni totali. Dei beni sottratti alle mafie, secondo i dati dell’Agenzia Nazionale beni sequestrati e confiscati alla criminalità, gli immobili sono attualmente 17.727 e le aziende in gestione alla stessa agenzia sono 2.693. Mentre sono 16.446 quelli già destinati al riutilizzo insieme a 1.317 aziende.

Per quanto concerne i beni destinati, la Sicilia è la regione con il maggior numero di associazioni che gestiscono beni confiscati alle mafie. Seguono Lombardia, Campania, Calabria, Puglia e Lazio. Tra le realtà a cui sono affidati i beni un tempo dei boss vi sono associazioni sportive dilettantistiche, associazioni temporanee di scopo, consorzi di cooperative, diocesi, parrocchie e Caritas, fondazioni, gruppi scout e scuole di diversi ordini e grado.

La effettiva restituzione dei beni alla collettività richiede anche un’attenta verifica del processo da parte della collettività. Ecco perché, per rispondere alla necessità di un monitoraggio civico sulle aziende confiscate alla criminalità organizzata, la loro destinazione ed il loro riutilizzo, lo scorso novembre il ministro Lamorgese ha inaugurato un portale (https://www.benisequestraticonfiscati.it/news/open-data-aziende-confiscate) per l’accesso aperto della società civile alle informazioni. Il sito è stato realizzato dal Ministero dell’Interno con la collaborazione di UnionCamere.

 di Alida Federico

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