Beni confiscati, il bando delle occasioni perdute
Qualche mese fa un appello firmato dal Centro Pio La Torre assieme a Libera ed alle più importanti associazioni attive nell'impegno culturale antimafia aveva segnalato le incongruità del Bando per la valorizzazione dei beni confiscati pubblicato a fine novembre 2021 dall'Agenzia per la coesione territoriale e che destinava 250 milioni di euro agli enti territoriali nel cui patrimonio esistano immobili sottratti alle mafie. Nell'appello si chiedeva: di estendere anche all'associazionismo ed alla cooperazione sociale la possibilità di accesso diretto all'Avviso inserendo le realtà del terzo settore tra i soggetti proponenti; di introdurre modifiche finalizzate ad attuare i principi della co-programmazione e della co-progettazione; la proroga del termine di scadenza del bando fino al 31 marzo 2022 per consentire di partecipare e predisporre la documentazione richiesta a tutti i comuni interessati.
A seguito di tale iniziativa la scadenza del Bando è stata prorogata al 28 febbraio ma non sembrano risolti i nodi critici evidenziati. Si tratta di un tema particolarmente rilevante per la Sicilia dove esiste il maggior numero di beni immobili confiscati: ben 6906 nel 2021 su un totale nazionale di 36.600, mentre lo scorso agosto un'analisi condotta dal Centro Pio La Torre sulla Relazione di attività 2020 dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati aveva rilevato che nell'isola ne erano stati destinati al riuso sociale solo 449. La richiesta di modificare il Bando è rimasta sostanzialmente inascoltata, come viene denunciato dal gruppo di lavoro costituito lo scorso maggio su questo tema dalla Fondazione CON IL SUD al quale hanno partecipato l’Acri (Associazione di fondazioni delle casse di risparmio) e il Forum Terzo Settore.
Nelle sue conclusioni, il lavoro del Gruppo mette in rilievo che ”il coinvolgimento dei soggetti del Terzo settore è puramente eventuale, lasciato alla mera discrezionalità dei Comuni. Il Bando, in verità, non fa riferimento ai soggetti del Terzo settore, ma ad un generico “coinvolgimento del partenariato istituzionale, economico e sociale e delle organizzazioni del territorio”. Nel caso in cui i Comuni dovessero coinvolgere questo generico partenariato, in tempi peraltro ristretti, anche un non esperto di tecniche di concertazione comprende bene che si tratta di una semplice dichiarazione di intenti.. Della indicazione espressa dal PNRR nel punto M5C2, secondo la quale “gli interventi potranno avvalersi della co-progettazione con il Terzo settore ai sensi dell’art. 55 decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 (Codice del Terzo settore), nessuna vera traccia.”
Si sottolinea poi che la co-progettazione non è una mera rivendicazione di spazi e di ruoli da parte del Terzo settore ma vuol dire, in concreto, tenere insieme gli interventi di ristrutturazione con quelli di gestione. Infatti “il riferimento alla sostenibilità gestionale, nell’ambito dei criteri “specifici” di valutazione, sembra costituire un argine al rischio di slegare gli interventi infrastrutturali sul bene dalle possibili attività di gestione dello stesso.” Tale argine appare tuttavia insufficiente alla luce del fatto che sono stati tanti in questi anni gli immobili ripristinati in questi anni con i fondi comunitari del PON Sicurezza e ormai in pieno degrado, perché i relativi progetti hanno ignorato la concreta gestione del bene, vale a dire la precisa tipologia di attività che potevano essere svolte all’interno dell’immobile e la individuazione dei soggetti gestori.
Poco convincente, infine, la decisione di indicare i Comuni come soggetti proponenti al fine di velocizzare la procedura. “La regola della co-progettazione sarebbe stata rispettata, senza per questo immaginare tempi più lunghi, se solo nel Bando di cui si tratta fosse stato previsto l’impegno per il Comune proponente della preventiva selezione del soggetto gestore e quindi del progetto gestionale di utilizzo del bene. In questo modo la regola della co-progettazione sarebbe stata praticata come condizione generale e non invece come condizione premiale e come tale, meramente eventuale.”
Questo Bando insomma è stata una occasione persa sia dal punto di vista della opportunità di considerare la valorizzazione dei beni confiscati come vera e propria leva di sviluppo economico dei territori che da quello dell' opportunità di superare finalmente quella cultura politica che vede il Terzo settore non come un attore di sviluppo ma come un soggetto “residuale” nel quale far convergere due debolezze: le incapacità del pubblico e le non convenienze del privato. Siamo insomma di fronte al rischio concreto che una linea di intervento del PNRR di primaria importanza per il Sud non riesca a produrre nei territori risultati concreti di avanzamento economico e sociale e si trasformi nell'ennesima occasione perduta.
Ultimi articoli
- Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione
- Perché l’Occidente si autorinnega
- Ovazza, storia di un tecnico
prestato alla politica - Si smantella l’antimafia
e si indebolisce lo Stato - C’era una volta l’alleanza progressista
- Vito Giacalone, un secolo
di lotte sociali e politiche - Violenza sulle donne, come fermare
l’ondata di sangue - Ovazza, l'ingegnere ebreo comunista
padre della riforma agraria - Uno studio sui movimenti
studenteschi e le università