Aumentano le minacce ai giornalisti, la pandemia acuisce lo scontro

Società | 28 dicembre 2021
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Aumentano  le intimidazioni ai danni dei giornalisti e un peso, nella crescita del fenomeno, lo hanno anche i conflitti nati a seguito della pandemia: minacce verbali, che trovano terreno fertile nei social network, ma anche vere e proprie aggressioni degli operatori impegnati sul campo. Un quadro, quello che emerge dai dati dell’Osservatorio del Viminale, solo apparentemente smentito dal monitoraggio di Ossigeno per l’Informazione, che vede un calo rispetto agli anni passati, ma precisa che è dovuto ai minori fondi a disposizione dell’organizzazione per indagare il fenomeno.
Dai dati del Viminale emerge che nel 2021 sono stati registrati 25 episodi intimidatori nei confronti di giornalisti impegnati nelle campagne informative relative all’emergenza pandemica. Sette di questi sono avvenuti nel corso delle manifestazioni di protesta contro le misure governative di contenimento della diffusione del Covid 19 e in particolare contro l’introduzione del Green Pass. I giornalisti presenti in piazza sono stati insultati, invitati ad allontanarsi ed, in alcuni casi, accusati di aver «inculcato il timore nella popolazione attraverso la diffusione di notizie non corrette».
Sono i social network il terreno principale dello scontro. Autentiche campagne di odio sono state scatenate contro molti giornalisti, con minacce di aggressioni fisiche e persino di morte, tutte legate al lavoro della vittima, a reportage su argomenti di attualità soprattutto in tema di migrazioni. Il resoconto del Viminale - si legge sul sito di Articolo 21 - si ferma al 30 settembre 2021 ed attesta un incremento del 21% (156 episodi) rispetto all’analogo periodo del 2020, quando i casi registrati erano stati 129. Un’escalation, se si considera che in tutto il 2020 erano stati censiti 163 casi, +87% rispetto al 2019 quando se ne contarono 87.
La maggior parte degli attacchi ai giornalisti arriva da contesti politico-sociali (43%) mentre il 13% arriva da ambienti della criminalità organizzata, il restante 44% viene catalogato come «altre fattispecie». Le intimidazioni avvenute tramite web sono state 74, ossia il 47% del totale. Il maggior numero di minacce e aggressioni avviene nel Lazio (e questa è la conferma di un trend che dura da anni), seguono Toscana, Lombardia e Sicilia. Le vittime sono per due terzi giornalisti uomini, il resto è composto da donne e troupe radiotelevisive sia della Rai che di reti private.
«E’ un dato che ci aspettavamo purtroppo. - commenta il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti ad Articolo 21 -. Bisogna constatare ancora una volta che in ambito parlamentare non è cambiato nulla e che tutte le leggi a tutela dei giornalisti (ancorché insufficienti) sono congelate da anni».
Secondo i dati di Ossigeno, nel 2021 in Italia sono 301 gli operatori dell’informazione (giornalisti, blogger, fotoreporter, video cronisti) colpiti da minacce e intimidazioni. Il 24% dei minacciati sono donne. La metà delle intimidazioni (48%) sono state realizzate con querele pretestuose, un quarto (25%) con avvertimenti, il 16% con aggressioni fisiche, il 10% con iniziative non perseguibili che hanno ostacolato arbitrariamente e in modo discriminatorio l’accesso alle informazioni, l’1% con danneggiamenti. Anche in questo caso si sottolinea il peso che ha avuto l’emergenza Covid: 69 episodi hanno riguardato giornalisti impegnati a seguire le manifestazioni contro l’introduzione del green pass o del vaccino, oppure che hanno documentato l’evolversi della pandemia. Il numero dei minacciati del 2021 è inferiore a quello dei due anni precedenti (301 rispetto ai 495 del 2020 e ai 472 del 2019), ma secondo l’associazione «dipende essenzialmente dal notevole indebolimento delle risorse dell’Osservatorio, che ha avuto meno donazioni e meno prestazioni volontarie».


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