Aumentano le frodi sui fondi Ue per l'agricoltura
Europa | 16 marzo 2015
Anche la Corte dei Conti, nell'esercizio delle funzioni di controllo, fornisce un contributo all'analisi sui ritardi e le disfunzione nell'utilizzo dei fondi strutturali europei in Italia. I problemi sono noti e la magistratura contabile nulla aggiunge di qualitativamente nuovo; tuttavia l'autorevolezza della fonte rende opportuno dar conto della relazione annuale 2014 al Parlamento su "I rapporti finanziari con l'Unione Europea e l'utilizzazione dei fondi comunitari". La relazione innanzitutto consente di comprendere i complessi - e ignari al pubblico- meccanismi che stanno alla base dei rapporti finanziari tra il nostro paese e l'UE. Le notizie sulla certificazione della spesa dei fondi strutturali, riferendosi al 2013, risultano per forza di cose arretrate rispetto ai dati forniti dal Dipartimento politiche di sviluppo della Presidenza del Consiglio. Poco si ricava, inoltre sulla situazione della nostra isola, per la quale assai più dettagliate sono le informazioni ricavabili dai documenti delle Sezioni riunite della Sicilia. La Corte attesta che la posizione dell'Italia come contribuente netto dell'UE (cioè il fatto che l'Italia versa all'Unione più di quanto ne riceva) è migliorata.. L'Italia nel 2013 ha versato all'Unione 17,2 miliardi di euro con un incremento del 4,4 % rispetto al 2012. Per tipologia, tali versamenti sono così distinti: 13,0 miliardi di risorse proprie basate sul RNL (che risulta dall'applicazione ad una base imponibile che rappresenta la somma dei redditi nazionali lordi al prezzo di mercato, di un'aliquota da fissare ogni anno)), 1,7 miliardi di risorsa basata sull'Iva (risulta dall'applicazione di un'aliquota dello 0,30% a una base imponibile costituita dall'imposta riscossa dagli stati membri), 1,4 miliardi di risorse proprie tradizionali, 166 milioni per il cosiddetto rebate, l'assegno a favore della Gran Bretagna. L'importo versato dall'Italia in tutte e tre le categorie di risorse, si è collocato nel 2013 al quarto posto tra gli stati membri (dopo Germania, Regno Unito e Paesi Bassi). L'Unione ha accreditato complessivamente all'Italia nel 2013 la somma di 12, 3 miliardi, confermando la tendenza positiva evidenziatasi nel 2011, dopo che il precedente biennio era stato invece caratterizzato da una notevole contrazione dei trasferimenti. Quindi nel 2013, il dato in valori assoluti del saldo netto negativo, derivato dal divario tra versamenti ed accrediti nel singolo esercizio è risultato pari a 4.9 miliardi, rispetto ai 5,7 dell'anno precedente. L'aumento di risorse europee a favore del nostro paese è stato pari a 1,6 miliardi in termini assoluti pari al 14,8%. La quota preponderante delle risorse di provenienza europea viene destinata a due rubriche: "Conservazione e gestione delle risorse naturali" e "Coesione". Infatti, in termini di valori assoluti alla prima sono andati 5,6 miliardi pari al 45,5% degli accreditamenti, alla seconda quasi 5,6 miliardi in valori assoluti pari al 45,4%. La rubrica "Competitività" supera di poco i 900 milioni di euro, pari la 7,6% del totale. La rubrica "Libertà, sicurezza, giustizia, riceve 70 milioni (0,6%); la rubrica "Cittadinanza" 100 milioni (0,9%). Per le regioni di convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) il contributo comunitario è rimasto pressoché uguale a quello previsto all'inizio della programmazione (21,6 miliardi di euro) mentre il contributo nazionale è sceso dai 21,9 miliardi iniziali a 10,9 miliardi in seguito alla destinazione di circa 11 miliardi al Piano Azione Coesione. L'ammontare del contributo nazionale è finanziato dallo Stato attraverso il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (legge 183/87). La Corte denuncia come "molto concreto" il rischio che nella quattro regioni di "Convergenza", tra cui la Sicilia, non si riescano a certificare tutte le risorse impegnate, con l'obbligo conseguente di restituirle all'UE. Assai significativo appare il richiamo all'affievolimento del principio di addizionalità, cioè all'esigenza che i fondi strutturali siano aggiuntivi rispetto alla spesa pubblica ordinaria per investimenti, che purtroppo nell'ultimo quinquennio ha segnato nel Sud un vero e proprio crollo. Al tempo stesso, la Corte segnala come essenziali, anche in relazione al nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 il rafforzamento della capacità delle pubbliche amministrazioni e il miglioramento della loro capacità progettuale. Nel settore della politica agraria comune (PAC) gli operatori agricoli italiani hanno beneficiato, nell'esercizio finanziario 2013, di contributi per 4,541 miliardi di euro, mentre i rimborsi dall'Italia sono ammontati a 4,531 miliardi. Infine, la relazione accende un faro sulle frodi e le irregolarità. Nell'ambito del FESR sono stati riscontrati 17,8 milioni di euro di spesa irregolare, mentre per gli altri fondi la presenza di irregolarità appare meno estesa. In netto incremento si presentano invece le irregolarità in materia di politica agricola (FEAGA/FEARS), con una particolare concentrazione nelle regioni di "Convergenza", più segnate dalla presenza della criminalità organizzata.
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