Aumentano i nuovi poveri in Italia a causa della pandemia
Più poveri in Italia a causa del Covid. A far scattare l’allarme degli effetti economici e sociali della pandemia in atto un dato inequivocabile: da maggio a settembre dell’anno in corso il 45% delle persone che si sono rivolte alle strutture della Caritas lo ha fatto per la prima volta. Negli stessi mesi del 2019, invece, la percentuale di “nuovi poveri” si fermava al 31%. A registrare il boom di nuovi poveri è l'ultimo Rapporto della Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia, intitolato ‘Gli anticorpi della solidarietà’, pubblicato il 17 ottobre u.s. in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà. Lo scenario nel quale le Caritas operano è quello che, nel secondo trimestre del 2020, ha visto una consistente flessione del Pil, un calo di 841mila occupati rispetto al 2019 e l’aumento degli inattivi. Tutti fattori che rappresentano un “terreno fertile per la nascita di nuove forme di povertà, proprio come avvenuto dopo la crisi del 2008”. Già nei primi mesi della pandemia e, quindi, nel periodo del lockdown, le persone che si sono rivolte alle diocesi e alle parrocchie sono state in numero consistente: circa 450 mila.
Gli effetti del lockdown si sono avuti
anche e soprattutto alla riapertura.
A rivolgersi alle strutture
diocesane a causa delle condizioni di disagio economico sono stati,
in proporzione, soprattutto le donne, i giovani e gli italiani. Le
donne che hanno chiesto aiuto da maggio a settembre sono state il
54,4% contro il 50,5% del 2019. La percentuale dei giovani tra 18 e
34 anni ha raggiunto il 22,7% (l’anno scorso era del 20%). Gli
italiani rappresentano il 52% dei poveri, contro il 47,9% del 2019,
superando quindi gli stranieri. La necessità di chiedere aiuto nasce
principalmente dalla perdita del lavoro, quindi dal crollo del
reddito delle famiglie. Tra coloro che hanno trovato un supporto alla
Caritas quest’anno vi sono anche “tanti piccoli commercianti e
lavoratori autonomi: rispetto a questo fronte le Caritas diocesane
hanno erogato sostegni economici specifici, in ben 136 diocesi sono
stati attivati fondi dedicati, utili a sostenere le spese più
urgenti (affitto degli immobili, rate del mutuo, utenze, acquisti
utili alla ripartenza dell’attività, ecc.). Complessivamente sono
stati 2.073 i piccoli commercianti e lavoratori autonomi accompagnati
in questo tempo”. I lavoratori autonomi continueranno ad essere i
più esposti al rischio povertà per la mancanza di lavoro,
“considerata l’assenza di un regime di tutela stabile in loro
favore”. Anche i giovani e gli esclusi rientrano tra coloro più a
rischio. In particolare i minori pagheranno un doppio prezzo: le
difficoltà del presente, se appartengono a famiglie povere e seguono
a intermittenza i percorsi di istruzione, e il futuro compromesso a
causa della “difficoltà di uscire dalla condizione di povertà e
l’incertezza di percorsi di istruzione solidi, stabili, duraturi”.
Pure gli esclusi da misure di supporto "vedranno peggiorare la loro situazione in una situazione in cui le possibilità di ripresa economica hanno prospettive lunghe”. Ecco perché il reddito di cittadinanza, in questa emergenza sanitaria e sociale, si sta rivelando un valido strumento per proteggere chi ne beneficia. Anche il Reddito di emergenza viene valutato positivamente dal 43% delle Caritas, ma viene segnalato come questa misura non riesca a raggiungere i più deboli.
Essa, infatti, ha finito per indirizzarsi agli stessi beneficiari del reddito di cittadinanza, quali adulti over 50, soprattutto single e monogenitori con figli maggiorenni, con un reddito fino a 800 euro e bassi tassi di attività lavorativa. Si tratta, spiega Caritas, di un profilo “del tutto sovrapponibile a quello di coloro che percepiscono il Reddito di cittadinanza” (32,5%) all’interno dello stesso campione intervistato: nuclei a reddito molto basso (49,7%), single (45,3%) e coppie senza figli (43,7%), soprattutto anziani (42,2%). Questi dati indicano che, tra le due misure, “rispetto alle caratteristiche dei beneficiari, vi sia sovrapposizione piuttosto che compensazione”. Il “paradosso di misure emergenziali che generano esclusione e che favoriscono coloro che già sono “affiliati” al sistema di protezione e assistenza sociale – invece di avvolgere, come dovrebbero, nella maniera più ampia e inclusiva possibile i destinatari del sostegno previsto – genera un travaso di richieste di aiuto, soprattutto in emergenza, su realtà come le Caritas, che non adottano meccanismi di selezione dei beneficiari”.
Davanti a questa nuova situazione Caritas italiana propone nuovi strumenti di analisi e di intervento. In particolare, suggerisce di “mettere in relazione i dati sulla povertà (assoluta e relativa) con dati sui percettori delle misure di contrasto; realizzare analisi di lungo periodo per monitorare come cambiano le condizioni di vita delle persone in povertà e se e come su di esse incidano le misure pubbliche; concepire le misure nazionali di contrasto alla povertà come un ‘work in progress’”.
Ultimi articoli
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione
- Perché l’Occidente si autorinnega
- Ovazza, storia di un tecnico
prestato alla politica - Si smantella l’antimafia
e si indebolisce lo Stato - C’era una volta l’alleanza progressista
- Vito Giacalone, un secolo
di lotte sociali e politiche - Violenza sulle donne, come fermare
l’ondata di sangue - Ovazza, l'ingegnere ebreo comunista
padre della riforma agraria