Asili nido costosi e introvabili, soprattutto al Sud e in Sicilia

Società | 1 novembre 2019
Condividi su WhatsApp Twitter

Una famiglia media italiana, con un bambino al nido, spende al mese 303 euro per lanno in corso, +0,9% rispetto all’anno scolastico 2018/19. Secondo i dati forniti dallOsservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, realizzato nellambito del progetto “Consapevolmente consumatore, ugualmente cittadino”, finanziato dal Ministero dello Sviluppo economico, la retta più alta è in Trentino Alto Adige, pari a 472 euro in media, mentre quella più bassa in Molise, 169 euro. Una famiglia media siciliana, con un bambino al nido, spende al mese 213 euro nellanno in corso, +3,8% rispetto allanno precedente. La media nazionale è di 303 euro. Nell’anno scolastico 2019/2020 la retta mensile più alta è a Catania, pari a 275 euro, seguita da Messina (270 euro) e da Palermo (259 euro). La più bassa, invece, è a Ragusa ed è pari a 140 euro. Le regioni settentrionali si caratterizzano per una spesa media per le famiglie più elevata, ma in decremento rispetto allanno precedente, stabile la spesa al Centro e in aumento, invece, nelle regioni meridionali (+5,1%). Lecco risulta essere il capoluogo più costoso con 515 euro di spesa media a famiglia, Catanzaro il più economico con 100 euro. 

Trova posto in un asilo nido poco più di un bimbo su cinque, ma la copertura è assai variegata fra le diverse Regioni: si va dal 34,3% dellUmbria al 6,7% della Campania e ben sei regioni sono sotto la media nazionale (21,7%).

“Questi servizi - ha dichiarato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva- concorrono a garantire pari opportunità di educazione e di cura e a ridurre le disuguaglianze territoriali, economiche, etniche e culturali. Di conseguenza, unofferta così eterogenea in termini di disponibilità, accessibilità economica, qualità risulta essere un ostacolo ad un uguale accesso, non solo a servizi ma anche a diritti costituzionalmente garantiti, quali quello al lavoro delle donne e alla crescita delle nuove generazioni che dovrebbero essere assicurati a livello nazionale, indipendentemente da differenze geografiche, economiche e socioculturali”.

Sono 11.017 i nidi in Italia, di cui 6.767 privati e 4.250 pubblici; i posti disponibili sono 320.296, distribuiti fra 153.316 privati e 166.980 pubblici. Notevoli le differenze regionali: più forte la prevalenza di posti nei nidi pubblici in Basilicata, Emilia Romagna, Molise, Piemonte, Sicilia, Toscana, trentino Alto Adige; nei nidi privati invece in Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Puglia, Sardegna, Veneto; equilibrata nelle altre regioni. La percentuale di copertura a livello nazionale è pari al 21,7% della potenziale utenza (bambini residenti sotto i 3 anni di età), ma con notevoli differenze tra le singole regioni: in negativo si distingue la Campania, con una copertura pari appena al 6,7%, in positivo lUmbria con il 34,3%; sotto la media nazionale sei regioni: Campania (6,7%), Calabria (8,8%), Sicilia (9,3%), Puglia (13,6%), Basilicata (14,2%), Abruzzo (19,9%). Dunque tutte le regioni meridionali sono ben al di sotto della media di copertura, fa eccezione la Sardegna che raggiunge il 26,1%.

Tra il 2004 e il 2012 le risorse messe a disposizione dai Comuni per gli asili nido sono cresciute del 47%, passando da 1,1 a 1,6 miliardi di euro; tra 2012 e 2014 si è registrata una contrazione della spesa, nel triennio 2014-2016 una stabilizzazione, con una spesa complessiva per i servizi per linfanzia nel 2016 di circa 1 miliardo e 475 milioni di euro.

La quota a carico degli utenti sul totale della spesa è passata dal 17% del 2004 al 20% del 2013, mentre dal 2015 si attesta al 19,4%. La quota percentuale a carico delle famiglie è più elevata della media in dieci regioni, in vetta il Veneto dove le famiglie contribuiscono del 26,2% rispetto alla spesa complessiva, allestremo opposto la Sicilia le cui famiglie contribuiscono per una quota pari al 6,3%.                                         

A livello comunale, il 48% prevede esenzioni dal pagamento della retta per le famiglie in stato di disagio economico e già seguite dai servizi sociali. A livello regionale, dieci regioni quasi esclusivamente del Centro Nord (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Valle dAosta) hanno emanato disposizioni per contenere o abbattere i costi a carico delle famiglie.

In relazione alle Carte dei servizi, essa è presente nell81% delle amministrazioni prese in esame, ma anche questo dato mostra molte discrepanze territoriali: la carta è assente nel 40% dei capoluoghi di provincia del Sud, nel 12,5% di quelli del Centro e nel 6% dei capoluoghi del Nord. Sono previsti strumenti per rilevare la soddisfazione delle famiglie nell80% delle Carte dei servizi dei capoluoghi settentrionali, nel 67% di quelli dellItalia centrale e nel 43% dei capoluoghi del Sud.

 di Melania Federico

Ultimi articoli

« Articoli precedenti