Antimafia, nasce la holding dei beni confiscati
Dal settore alimentare al turismo, fino all' edilizia e all' energia: una filiera commerciale legherà tutte le aziende confiscate alle mafie sotto un unico soggetto giuridico.
Una sorta di holding che sarà
controllata dall' Agenzia nazionale per i beni sequestrati e
confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) ma che sarà gestita
con tecniche imprenditoriali all' avanguardia.
Un progetto
ambizioso pronto a partire, che potrebbe proiettare l' ente a una
nuova dimensione.
Il dossier è tra i più rilevanti in ballo all'
Agenzia, che tuttavia ancora si trova a dover far fronte a
problematiche di tipo tecnico: su un organico di 200 unità ne
risultano impiegate solo 92. Una carenza che rappresenta un aspetto
di non secondaria importanza per un ente che gestisce un patrimonio
pari a 2,3 miliardi di euro e che svolge uno dei compiti più
importanti nella lotta alla criminalità organizzata: far fruttare il
bene mafioso a vantaggio dello Stato.
A marzo 2017 l' ex
presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, ha parlato di un
valore del patrimonio pari 25 miliardi.
Stima che, secondo l'
Anbsc, non è realmente indicativa. È probabile, infatti, che in
quel computo siano stati inseriti non solo i beni confiscati ma anche
quelli sequestrati, i quali non risultano all' Agenzia perché si
tratta di mobili, immobili e società soggette a misure cautelari
patrimoniali, per questo suscettibili anche di annullamento.
Allo
stato risultano immobili per un valore complessivo di 1,967 miliardi
di euro e società con un valore della produzione pari a 484,35
milioni.
Il nuovo direttore, il prefetto Bruno Frattasi (si veda
l' articolo in basso), trova comunque un' Agenzia con una base
normativa per avviare una gestione innovativa delle imprese
confiscate. Non solo: un piano di restyling è stato già avviato,
attraverso gli interventi mirati dell' ex direttore, il prefetto
Mario Sodano, e dell' ex vice direttore, il prefetto Francesca
Guessarian, fresca di nomina a vice capo dell' ufficio legislativo
del ministero dell' Interno. C' è il Codice Antimafia, che ha
tracciato la strada verso una gestione unitaria delle imprese in
pancia all' Agenzia e c' è il nuovo regolamento dell' ente, in
vigore dal 31 ottobre scorso, che ha istituito due direzioni
generali: una per i beni immobili l' altra per le società.
In un'
intervista al Sole 24 Ore del Lunedì del 29 ottobre scorso, il
prefetto Sodano ha detto che «l' Agenzia gestisce oltre 500 imprese
realmente attive. Si va dal campo alimentare a quello alberghiero,
fino all' eolico. Abbiamo un panorama variegato di realtà
industriali che, allo stato, risulta frastagliato e isolato quanto a
scelte aziendali». Da qui è nata l' idea di costituire una sorta di
holding, con l' obiettivo di far gestire a manager di alto profilo
tutte le imprese confiscate alla mafia, creando una rete commerciale
con un marchio di legalità.
Cosa succederebbe, dunque, se tutte
queste società fossero gestite in modo unitario? Sinergia e
massimizzazione di guadagni.
Accadrebbe, per esempio, che merci
prodotte da un' azienda confiscata a Cosa nostra in Sicilia sarebbero
vendute da un supermercato portato via alla 'ndrangheta in Lombardia,
o che le farine prodotte da un mulino pugliese un tempo nelle mani
della Sacra corona unita sarebbero lavorate da un pastificio
confiscato alla criminalità organizzata in Abruzzo. Il tutto con un
marchio di legalità collegato non a un' associazione antimafia ma
direttamente allo Stato. Stando al progetto ci sarà una società
capofila, selezionata tra quelle già in gestione, che sarà
amministrata da manager di alto profilo. Un' unica governance e
regole aziendali condivise consentiranno uno sviluppo di tutte le
varie imprese distribuite sul territorio nazionale.
All' Agenzia
resterà il compito di vigilare sul lavoro svolto dagli
amministratori, impartendo le direttive di carattere
generale.
Secondo i conteggi, l' Anbsc ha in gestione 2.771
imprese confiscate, sparse nelle varie regioni italiane. Tra queste,
però, ci sono anche società esistenti solo sulla carta, perché
utilizzate dalle mafie al solo scopo di compiere delle false
fatturazioni, per esempio.
Poi invece ci sono quelle realmente
produttive. L' Agenzia ne ha contate 513 - quelle che almeno dal 2014
presentano un bilancio - che hanno un valore della produzione, come
detto, pari a 484,350 milioni di euro, ma che arriva a quota 1
miliardo 42 milioni 842mila euro se si contano anche le società
escluse dal filtro della presentazione del bilancio dal 2014 a oggi.
Gli altri indici delle società in pancia all' ente sono
rappresentanti dai 296,289 milioni del patrimonio e dai 364,289
milioni dei ricavi da vendite e prestazioni. Numeri che potrebbero
essere destinati a salire con una gestione unica delle imprese. (Il
sole 24 ore)
Frattasi: «Innovazione per aumentare il profitto delle imprese»
«Dobbiamo riuscire a dare
vitalità a quelle imprese portate via alla mafia, che in molti casi
finiscono per fallire. Renderle attive sul mercato è un risultato
straordinario al quale punto». Così il prefetto Bruno Frattasi,
nominato dal Consiglio dei Ministri alla direzione dell' Agenzia
nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla mafia. Un incarico
di cui «sono onorato, di grande importanza e delicatezza». Una
«grande scommessa» assicura il prefetto, che dal 2016 a oggi ha
ricoperto l' incarico di capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco,
gestendo gravi emergenze come i terremoti del Centro Italia che hanno
raso al suolo Amatrice e Accumoli.
Frattasi, il suo
predecessore all' Agenzia, Sodano, ha avviato un progetto di gestione
unitaria delle imprese confiscate.
Me ne aveva parlato, in
quanto con Sodano ho avuto modo di condividere la presenza al tavolo
del Consiglio direttivo dell' Agenzia. Sono convinto che la grande
scommessa sia legata soprattutto alla gestione del patrimonio
aziendale. È quello il vero asset. Bisogna investire in innovazione,
avviando anche iniziative coraggiose.
Certo non è facile
tenere sul mercato un' impresa che un tempo viveva grazie a
finanziamenti illeciti.
Questo è uno dei problemi principali:
prendere una impresa mafiosa, ripulirla e renderla capace di stare
sul mercato, di produrre reddito, occupazione e non essere solo
qualcosa di destinato all' emarginazione dal mercato e poi al
fallimento.
Ci sono gli strumenti giuridici per un rilancio
delle attività dell' Agenzia?
Certo, la legislazione attuale
ha consentito di rendere l' Agenzia più strutturata, in grado di far
fronte a una serie di problematiche. Ci sono quattro direzioni
generali, due delle quali destinate alla gestione dei beni immobili e
delle imprese confiscate. Abbiamo un organismo molto più complesso e
completo rispetto a quello che era stato previsto quando è nata l'
Agenzia dieci anni fa, con un decreto legge dell' allora ministro
dell' Interno.
Ha già una strategia?
Attendo il
decreto del presidente della Repubblica, con cui sarà deliberata la
nomina. Sicuramente l' obiettivo primario è di fare in modo che le
imprese producano profitto e reddito. C' è da precisare che l'
Agenzia si trova a gestire anche società sostanzialmente
inesistenti, le cosiddette cartiere. Scatole vuote create dalle mafie
al solo scopo di coprire dei traffici illeciti. Poi ci sono quelle
produttive. Dobbiamo partire da queste per invertire la tendenza che
un' impresa portata via alla mafia finisce per fallire. Noi dobbiamo
riuscire a dare vitalità alle aziende confiscate, per consentire una
continuità aziendale che mantenga i posti di lavoro e crei reddito.
Una vitalità che avrà un grande significato simbolico e che
rappresenterà un risultato straordinario.
Ultimi articoli
- Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione
- Perché l’Occidente si autorinnega
- Ovazza, storia di un tecnico
prestato alla politica - Si smantella l’antimafia
e si indebolisce lo Stato - C’era una volta l’alleanza progressista
- Vito Giacalone, un secolo
di lotte sociali e politiche - Violenza sulle donne, come fermare
l’ondata di sangue - Ovazza, l'ingegnere ebreo comunista
padre della riforma agraria - Uno studio sui movimenti
studenteschi e le università