Angeli senza ali e senza redenzione

Cultura | 17 novembre 2016
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Alessandro Zaccuri fa parte del “tridente” – con Massimo Onofri e Fulvio Panzeri – delle pagine culturali di “Avvenire”, uno dei buoni motivi per leggere il quotidiano d’ispirazione cattolica. All’attività giornalistica Zaccuri ne affianca altre, ma in particolare quella di narratore, con un frutto maturo e speciale all’esordio, “Il signor figlio”, edito da Mondadori, come un paio di opere successive. L’ultima prova di Zaccuri (editore nuovo di zecca, Marsilio, uscito dalla galassia Rcs, a sua volta quasi tutta inglobata da Segrate) è “Lo spregio” (120 pagine, 16 euro), romanzo smilzo ma efficacissimo, dalla scrittura tesa, che per gli esiti s’avvicina alle altezze del fortunato “Il signor figlio”.

Il più recente romanzo di Zaccuri si ricollega al primo in uno snodo fondamentale: la relazione tra un padre e un figlio, non Giacomo Leopardi (per altro sotto mentite e immaginarie spoglie) e il padre Montaldo come nel suo debutto, ma più contemporaneamente fra il Moro, all’anagrafe Franco Morelli, e il figlio (non naturale) Angelo, in un’Italia a un passo dalla Svizzera e immersa negli anni Novanta. Il Moro è un ristoratore di discreta fortuna, che si occupa della trattoria ereditata, ma che ha ingenti guadagni che gli derivano da traffici illeciti. Quando il figlio – che idolatra il padre e da lui è amato – scopre le ombre del genitore, che si allungano ben oltre le mura della Trattoria dell’Angelo, fra contrabbando e prostituzione, ci sono solo constatazione e un forte senso di competizione.

È lo scarto di un’esistenza intera, che da allora in avanti, alla ricerca di vette irraggiungibili, scivola in un precipizio senza redenzione. A rendere tutto tragicamente, più semplice, l’incontro di Angelo con un “fratello” tutt’altro che raccomandabile, Salvo, figlio di Don Ciccio, meridionali spediti in quella vallata settentrionale, per inequivocabili provvedimenti giudiziari. “Lo spregio” è un libro che – tra echi biblici ed evangelici – nel suo andamento semplice ed elegante, e con registri stilistici diversi, sprigiona temi eterni e classici: il destino, soprattutto, la ribellione a esso, i conflitti e l’incomunicabilità in seno alla famiglia, il bene contrapposto al male. Una prova più che convincente.

 di Salvatore Lo Iacono

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