Anche la mafia si allontana dalla politica
Molti sono gli aspetti del voto che richiedono una riflessione. Tra questi, il successo del PD; la forte flessione del M5S e del Centro-destra; l'inattendibilità dei sondaggisti; l'astensione; il voto in Sicilia. Provo a esaminarli brevemente, più o meno nel medesimo ordine.
La vittoria del PD è nettissima ed è molto significativa sia per l'Europa (ove esso risulta non solo il primo tra i partiti di centro-sinistra, ma anche il partito più votato in genere) sia per l'Italia. È stato prospettato da molti un paragone con la DC (che nel 1948 prese il il 48,5% e scese sotto il 40% per la prima volta nel 1963), talora aggiungendo che il PD sarebbe pertanto una nuova DC, non a caso guidata da un leader di presunta ascendenza democristiana, quale sarebbe Renzi. Analogie del genere sono però erronee. La DC ha in effetti raggiunto a suo tempo quei risultati, ma era un partito essenzialmente differente, non solo per la sua collocazione (che era al centro), quanto anche e soprattutto per la sua struttura e le sue dinamiche interne, che si riflettevano sul sistema politico della “prima Repubblica” e ne erano a loro volta condizionate. La DC era una confederazione di correnti diversissime tra loro, che il collante anticomunista contribuiva a tenere insieme. Essa ospitò numerose personalità di rilievo, ma non tollerava che una di esse prendesse il sopravvento, assumendo una leadership marcata e un piglio decisionista. Lo stesso De Gasperi non riuscì in un'impresa del genere. Ci provò Fanfani, dopo la vittoria del 1958, assommando su di sé la presidenza del consiglio e la segreteria del partito, ma presto dovette dimettersi da entrambe. Anche De Mita, che per un breve arco di tempo aveva cumulato le due cariche, fu rapidamente sostituito alla segreteria. Lo “stile democristiano” derivava dal modo di concepire la politica degli esponenti di quel partito. Non mi riferisco a Sturzo, che era imbevuto di cultura anglofona, e neppure a De Gasperi (che tentò senza successo l'introduzione di una correzione in senso maggioritario) e Fanfani, i quali rappresentarono delle eccezioni. Per altro verso quello stile era figlio del proporzionalismo, che consentiva la compresenza di svariati partiti (PSI, PCI, PRI, PLI, PSDI, e così via) richiedeva la collaborazione tra essi.
Il PD, invece, si è richiamato fin dalla fondazione a esperienze straniere di bipartitismo o bipolarismo, ha usato le primarie (anche se non sempre è riuscito nell'intento) per designare un leader forte, legittimato dal basso, anziché dai negoziati tra correnti, capace di prendere decisioni riducendo le mediazioni allo stretto indispensabile e di rivolgersi direttamente all'opinione pubblica per attrarre elettori nuovi, aggiuntivi rispetto a quelli tradizionali. Veltroni avrebbe dovuto incarnare tale idea, ma non vi riuscì sia per limiti caratteriali che oggi lui stesso indica, sia perché il giorno dopo la sua elezione si scatenò un lavorio volto a indebolirlo e scalzarlo. Prodi era stato l'unico a vincere, due volte, contro Berlusconi, ma non era a capo di un partito (il PD non c'era ancora). Bersani, come è noto, non fu capace di interpretare adeguatamente il ruolo di leader nel senso suddetto. Renzi, invece, sembrava già ex ante una personalità adatta, e questo risultato elettorale ne è la prima importante conferma. Ma ciò ci dice anche che il Partito democratico, così come il suo leader, sono l'opposto dello “stile democristiano” di cui sopra (fermo restando che il PD ha ereditato sia alcuni valori sia il lascito di alcune grandi figure della DC), con buona pace dei commentatori più o meno volutamente smemorati.
La sconfitta del M5S, viste anche le roboanti dichiarazioni della vigilia, ha proporzioni che per molti risultano impreviste (anche se non erano imprevedibili). Adesso peraltro si votava per il parlamento europeo, e la scelta grillina sembrava dovesse catalizzare (insieme a quelle leghista) le paure e lo scontento di chi (in base a informazioni e credenze più o meno fondate) ce l'aveva con l'UE, l'euro e così via. In effetti l'euroscetticismo (presente anche nell'elettorato e in alcuni proclami di Forza Italia) veniva rilevato come alquanto diffuso[1], ma sembra aver preso anche un'altra via, quella dell'astensionismo. Il che significa che molti elettori, pur animati da un orientamento del genere, non se la sono sentiti di abbracciare posizioni forse ritenute eccessive e distruttive. Uno su cinque di coloro che hanno votato ha comunque scelto M5S, ma in termini assoluti i voti sono scesi da 8 milioni e settecentomila circa alla Camera nel 2013 a 5 milioni e ottocentomila circa. E i segni di una difficoltà, anche interna, sembrano sempre più chiari, al di là del calo elettorale.
Quanto agli altri partiti, in FI sono evidenti le conseguenze del nuovo status di Berlusconi, così come dell'incertezza circa la futura leadership del partito e del centro-destra in genere. I consensi di Scelta civica sono andati verso il PD, così come una parte di quelli di cui aveva goduto il M5S. Diversamente dai primi commenti a caldo (che spesso hanno ritenuto Renzi una personalità in grado di attrarre molti delusi provenienti dal centro-destra), le analisi dei flussi elettorali[2] in prima istanza evidenziano che lo spostamento di voti dal centro-destra verso il PD renziano è stato contenuto. Gli ex elettori forzisti non convinti dalla proposta odierna hanno caso mai preferito astenersi. Lista Tsipras e NCD-UDC hanno superato la soglia di sbarramento, il che nel momento presente è un ottimo risultato, ma lo è un po' meno se si effettuano confronti retrospettivi.
I sondaggisti nostrani si sono dimostrati clamorosamente incapaci di cogliere ciò che stava succedendo. Esistono certo alcune difficoltà peculiarmente riscontrabili nell'Italia di oggi, caratterizzata da un'elevatissima volatilità e (per alcune frange) da un voto poco meditato, d'impulso o d'impressione, più che d'opinione[3]. Ma le sorprese francese e soprattutto inglese (il trionfo di Farage, l'ingente astensionismo) evidenziano anch'esse massicci spostamenti e grande volatilità rispetto agli allineamenti consueti, che però lì la scienza demoscopica è stata, a quanto sembra, assai meglio in grado di prevedere. Vi sono quindi (è evidente, e non andrebbe sottaciuto) quanto meno problemi con la numerosità dei campioni e con la professionalità nella conduzione delle rilevazioni. Il che non vuol dire che tutti i sondaggi siano inevitabilmente fallaci. Alcuni lo sono. Altri no (se condotti come si deve, o si dovrebbe).
La Sicilia ha fatto registrare un astensionismo enorme, ben maggiore di quello già alto del resto del paese, e un successo del PD a prima vista incoerente con la spettacolo di conflittualità offerto prima, durante e anche dopo la campagna elettorale. Va peraltro notato che una pronunciata competizione, spingendo i candidati a cercare voti in varie direzioni, può purtuttavia attrarre consensi. Alcuni degli sponsor avevano precedentemente militato in raggruppamenti quali MPA o UDC, sicché è da lì che sono arrivati certi consensi. Ma è anche vero che l'elettore d'area non vincolato a una preferenza, o quello d'opinione potenzialmente ben disposto, se vede litigi e candidature con cui non si identifica cambia orientamento ovvero non vota. Il che è quanto era successo per molti alle ultime regionali e alle ultime politiche. Se il PD adesso è cresciuto anche in Sicilia si deve quindi, in definitiva, in una certa parte alla competizione intra-regionale, ma in gran parte alla tendenza nazionale e alla partecipazione diretta dello stesso Renzi e di molti dei suoi ministri alla campagna elettorale in loco.
Come si spiega, detto questo, un'astensione così elevata? Fermo restando che non esiste un partito degli astenuti, ma piuttosto una sommatoria di tanti segmenti di elettorato mossi da logiche differenti, le ragioni sono appunto molteplici. In un'area ove il centro-destra era fortissimo l'incandidabilità di Berlusconi e l'indebolimento del suo appeal hanno presumibilmente prodotto più astensioni che altrove (come evidenzia l'Istituto Cattaneo paragonando Palermo e Catania con altre città italiane)[4]. L'elettorato siciliano veniva poi da un'elezione regionale già caratterizzata da un'enorme astensionismo[5], nel quale avevano giocato sia la volatilità, sia il disorientamento di alcuni segmenti di elettorato più tradizionalista di fronte a programmi e personalità con i quali non era agevole l'identificazione, sia la conflittualità interna al centro-destra (che espresse due candidature). Chi si disorientò allora potrebbe essere rimasto in tale stato, talvolta, anche adesso. E alcuni dei freschi disorientati da Grillo (che si erano orientati in massa su M5S alle regionali e alle politiche, dando vita al “caso Sicilia”) hanno scelto anch'essi l'astensione.
Il voto clientelare certamente è stato mobilitato. Ma ha riguardato, a quanto pare, gruppi sempre più ridotti di elettori. I governanti locali vengono ritenuti sempre più inaffidabili quali garanti degli scambi che stanno alla base di tale tipo di consenso. Ciò è stato esplicitato in modo pubblico e visibile dagli esponenti di certe categorie, che hanno parlato financo di restituzione delle tessere elettorali. Confermando così platealmente la natura originaria di certe “politiche delle risorse umane”.
Alcuni dei voti controllati dalla mafia potrebbero essere stati mossi. Il grosso di tali consensi, forse, potrebbe essere invece restato dormiente. Pure agli occhi dei boss il ceto politico appare spesso scarsamente credibile come interlocutore capace di mantenere le promesse che eventualmente fa. In secondo luogo, ogni giorno che passa diventa sempre più difficile e rischioso, grazie ai successi dell'azione di contrasto, intavolare gli accordi di do ut des necessari affinché il mafioso decida di attribuire un pacchetto di voti a un certo candidato.
[1] Cfr. Istituto Cattaneo, “Gli euroscettici in marcia verso Bruxelles. In testa l'Italia”, http://www.cattaneo.org/images/comunicati_stampa/Analisi%20Istituto%20Cattaneo%20-%20Europee%202014%20-%20Euroscettici%20_19.05.14.pdf.
[2] Istituto Cattaneo, “I flussi elettorali in 11 città”, http://www.cattaneo.org/images/comunicati_stampa/Analisi%20Istituto%20Cattaneo%20-%20Europee%202014%20-%20Flussi%20elettorali%20in%2011%20citt%20_27.05.14.pdf; “Elezioni europee 2014”, http://www.cattaneo.org/images/comunicati_stampa/Analisi%20Istituto%20Cattaneo%20-%20Europee%202014%20-%20Chi%20ha%20vinto%20chi%20ha%20perso%20e%20dove%2026%20maggio%202014.pdf.
[3] Pagnoncelli, N., “Lo spread sondaggi-risultati tra infedeltà e voti d'impulso”, Corriere della sera, 30/5/2014.
[4] “I flussi elettorali in 11 città”, cit.
[5] Sia consentito il rinvio a A. La Spina, “Le dinamiche del voto siciliano”, A Sud'Europa, VI, 40, 5/11/2012.%20Europee%202014%20-%20Euroscettici%20_19.05.14.pdf.
[2] Istituto Cattaneo, “I flussi elettorali in 11 città”, http://www.cattaneo.org/images/comunicati_stampa/Analisi%20Istituto%20Cattaneo%20-%20Europee%202014%20-%20Flussi%20elettorali%20in%2011%20citt%20_27.05.14.pdf; “Elezioni europee 2014”, http://www.cattaneo.org/images/comunicati_stampa/Analisi%20Istituto%20Cattaneo%20-%20Europee%202014%20-%20Chi%20ha%20vinto%20chi%20ha%20perso%20e%20dove%2026%20maggio%202014.pdf.
[3] Pagnoncelli, N., “Lo spread sondaggi-risultati tra infedeltà e voti d'impulso”, Corriere della sera, 30/5/2014.
[4] “I flussi elettorali in 11 città”, cit.
[5] Sia consentito il rinvio a A. La Spina, “Le dinamiche del voto siciliano”, A Sud'Europa, VI, 40, 5/11/2012.
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