Anche la Corte dei Conti indaga sui beni sequestrati ai boss

Economia | 5 marzo 2016
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Una sezione del tribunale sotto inchiesta e 31 istruttorie aperte a carico di amministratori giudiziari. Dopo la magistratura ordinaria anche la Corte dei Conti sta indagando sul «grande affare» della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. La procura regionale, ha detto il procuratore Giuseppe Aloisio nel suo intervento all'apertura dell'anno giudiziario, si è mossa sulla scia del caso che ha coinvolto Silvana Saguto ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale. E ha messo a fuoco, oltre alla figura del magistrato, anche quella degli amministratori giudiziari. Per molti vengono ipotizzate responsabilità gestionali: favoritismi, interessi personali, perfino vantaggi per amici e parenti. «L'argomento - ha detto Aloisio - è di forte impatto sociale e di grande rilievo perchè sottopone all'esame dell'opinione pubblica la validità di un sistema che converte alla legalità un segmento di economia illecita, affidandone la gestione a professionisti incaricati dallo Stato». Nel caso Saguto e in tutti gli altri che coinvolgono amministratori giudiziari si è posto, ha tuonato il procuratore regionale, «una questione morale ineludibile: nessuno può tirarsi fuori dal rispetto delle regole, tanto più chi ha giurato allo Stato di farle rispettare». Aloisio ha puntato il dito sui magistrati e sugli amministratori sotto inchiesta ma ha anche ricordato che sono stati altri colleghi a promuovere le indagini e a mettere sotto accusa un «sistema» perverso. La Procura regionale ha poi aperto una serie di istruttorie nei confronti di vari «paladini dell'antimafia». Il caso più eclatante è quello di Roberto Helg, il presidente della Camera di commercio di Palermo arrestato mentre intascava una tangente di centomila euro. «I fenomeni corruttivi - ha detto il procuratore - restano una realtà molto diffusa: nel 2015 abbiamo riscontrato almeno un centinaio di casi».


 EMERGENZA PER ABUSIVISMO E RIFIUTI


L'emergenza rifiuti e l'abusivismo edilizio sono i due nodi cruciali di una «questione ambientale» che in Sicilia ha assunto «dimensioni preoccupanti». È l'allarme lanciato, all'inaugurazione dell'anno giudiziario, dal procuratore regionale Giuseppe Aloisio. La gestione del ciclo dei rifiuti, ha detto, ha privilegiato l'utilizzo delle discariche rispetto alla raccolta differenziata. Ciò ha determinato un aggravio dei costi ma soprattutto un danno ambientale con lo sversamento di sostanze inquinanti nelle falde acquifere e il conferimento in discarica di rifiuti speciali. La Procura presso la Corte dei conti ha avviato numerose istruttorie per il mancato rispetto delle prescrizioni per il trattamento del percolato (è il caso della discarica di Bellolampo) e per il mancato raggiungimento degli obiettivi di una gestione corretta. Le difficoltà sono anche causate dall'assenza di un piano organico dei rifiuti. Altra emergenza ambientale è quella dell'abusivismo edilizio che avrebbe rivelato uno «stretto legame tra ciclo illegale del cemento e organizzazioni criminali». Molti comuni (75 su 82 in provincia di Palermo) inoltre non hanno fatto pagare alcun canone ai proprietari condannati in sede penale. «È stato così causato - ha concluso Aloisio - un rilevante danno erariale». 


TROPPI INCARICHI E CONSULENZE 


C'è un ricorso eccessivo, e spesso immotivato, alle consulenze e agli incarichi esterni nella pubblica amministrazione in Sicilia. Lo ha segnalato, all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei conti, il procuratore regionale Giuseppe Aloisio. È duplice il danno causato da queste scelte: da un lato una «ingente lesività dell'erario» e dall'altro la mancata valorizzazione di professionalità interne. Le istruttorie avviate dalla Procura nel 2015 sono state 67. Tra le più significative quella che riguarda dieci aziende sanitarie e ospedaliere che, pur avendo un ufficio legale, hanno speso milioni per conferire a avvocati esterni un «numero elevatissimo di incarichi di rappresentanza e difesa». Due sole eccezioni: le Asp di Enna e Palermo sono un «esempio di corretta gestione». L'Asp di Palermo è anche quella che meglio di tutte le altre ha applicato criteri di oculatezza nella gestione degli appalti e così è riuscita a realizzare consistenti risparmi poi reinvestiti nell'acquisto di attrezzature moderne.


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