Alle radici di una violenza spropositata, subdola ed “insensata”

Società | 2 maggio 2022
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Il 6 e il 7 maggio 2022 presso il Palazzo Chiaromonte-Steri, sede del Rettorato dell’Università degli Studi di Palermo, si svolge il convegno Rappresentazioni sociali della violenza maschile contro le donne: il femminicidio. A promuoverlo è la volontà di presentare (e restituire a chi ha contribuito alla sua realizzazione) i più salienti risultati emersi da un Progetto di ricerca di rilevanza nazionale dal titolo Rappresentazioni sociali della violenza contro le donne: il caso del femminicidio in Italia che ha visto coinvolte le Università di Bologna, Padova, Palermo, l’Università del Salento e quella di Torino.
Il Convegno è organizzato in collaborazione con i Laboratori Rappresentazioni sociali della violenza sulle donne, e Corpi, Diritti, Conflitti del Dipartimento “Culture e Società” dell’Università di Palermo e con l’Osservatorio di ricerca sul Femminicidio dell’Università di Bologna.
La scelta dell’Università di Palermo come sede dell’evento conclusivo del progetto di ricerca rispecchia la particolare sensibilità mostrata dalla governance dell’Ateneo sul tema delle disuguaglianze di genere, troppo spesso declinate come dislivelli di potere ed espresse nelle più svariate forme di violenza esercitate nei confronti delle donne; sensibilità che ha portato alla nomina di una Prorettrice con una specifica delega alla Inclusione, Pari Opportunità e Politiche di Genere e all’attivazione, presso tutti i dipartimenti di ateneo, di singoli delegati per rilevare situazioni di criticità e promuovere processi di inclusione.
La continuità con l’impegno dell’ateneo si sostanzia simbolicamente nella scelta di aprire i lavori con la proiezione di un breve video tratto da Sciarpe rosse, il dovere di cambiare, iniziativa che vede l’università di Palermo impegnata, ormai da vari anni, nel promuovere momenti di confronto con il territorio in occasione del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Ma il convegno intende, soprattutto, aprire un dibattito e offrire occasioni di scambio di conoscenze, restituendo alla città e alla regione il frutto di un lavoro che l’ha vista direttamente partecipe, attraverso il coinvolgimento delle diverse reti territoriali istituzionali nonché di esponenti del mondo della magistratura, dell’avvocatura, delle forze dell’ordine, degli assistenti sociali, dei centri antiviolenza e dell’ordine dei giornalisti
La ricca mole di dati raccolti dalle cinque università coinvolte nel progetto sarà sottoposta a dibattito con esperte ed esperti del settore a partire dagli elementi di criticità emersi sul perdurare di radicati stereotipi che, attraverso gli organi deputati al trattamento del tema (dai magistrati, agli avvocati, alle forze dell’ordine, alla stampa alle operatrici e agli operatori dei centri anti violenza), vengono riproposti “a cascata”, fino a costituire la base del cosiddetto “senso morale comune” che continua, purtroppo, a orientare anche l’esito di numerose sentenze, provocando trattamenti più dolci per i femminicidi commessi per “gelosia” e producendo “giustificazioni” della violenza estrema contro le donne anziane in taluni casi definiti come “omicidi altruistici”.
Su questi aspetti si discuterà a partire dalle tre arene prescelte come luogo di osservazione della ricerca: la cronaca e i social, le sentenze dei tribunali, le politiche pubbliche e le campagne antiviolenza.
Il convegno è un evento aperto, rivolto alle operatrici e agli operatori del settore ma che coinvolge l’intera comunità universitaria e il territorio, partendo dalla convinzione che conoscere le rappresentazioni sociali della violenza di genere che si producono nelle diverse arene sociali sia uno strumento indispensabile per destrutturare consolidati pregiudizi e diffusi stereotipi e per affrontare una questione di estremo rilievo per la tenuta della nostra democrazia, non in forma emergenziale ma considerando la sua natura strutturale, dovendosi inoltre confrontare con una perdurante carenza di dati e con decenni di sottovalutazione. La presentazione dei risultati della ricerca e la sottolineatura delle criticità e dei dislivelli di potere nelle relazioni tra i generi si accompagnerà alla valorizzazione di esperienze maturate e alla proposta di buone pratiche da realizzare nei diversi territori.
Tra i soggetti coinvolti, oltre alle cinque Università componenti il gruppo di ricerca, vi sono la “Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere”, l’Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni/AgCom, il Centro Ricerche Rai di Torino, il Comitato regionale per le comunicazioni/CoreCom, l’Istat, l’Ordine dei Giornalisti.
La struttura generale dell’evento si sostanzia in due mattine e in un pomeriggio di attività, attraverso due sessioni plenarie in cui le cinque unità presenteranno la sintesi dei risultati di ricerca invitando, per ognuna delle relazioni, esperte e professionisti a commentare i dati proposti; a seguire tre tavole rotonde rivolte alle diverse professionalità che operano nel settore. Un rilievo simbolico particolare assume la tavola rotonda su Le politiche di contrasto: testimonianze ed esperienze in Sicilia, durante la quale, grazie al contributo diretto di esperte ed esperti coinvolti nel progetto di ricerca, si porrà una attenzione particolare alla situazione dei dati e della fenomenologia della violenza di genere nel territorio siciliano e si tenterà di proporre buone prassi e iniziative di rete per il suo contrasto.
All’obiettivo primario dell’evento, si accompagna una finalità divulgativo-formativa (con ricadute nel terzo settore): per gli specialisti delle varie organizzazioni coinvolte (magistratura, avvocatura, polizia, carabinieri, assistenti sociali, centri antiviolenza, ordine dei giornalisti); per gli studenti dei corsi dell’ateneo palermitano; per gli insegnanti e per le varie categorie interessate dal tema.
Il percorso di ricerca che ha portato al convegno è stata un’esperienza particolarmente coinvolgente, nella quale la passio­ne per lo specifico tema affrontato è stata affiancata dal ricorso a una comune “cassetta degli attrezzi”, a strategie d’azione condivise e all’attivazione – di fronte a situazioni di difficile interpretazione – di strumenti analitici capaci di proporre uno sguardo differente, offrendo prospettive inusuali allo studio dei casi presi in esame.
Quel che è emerso è un quadro composito e complesso, che, soprattutto nella narrazione processuale individua criteri variegati per la ricostruzione dell’evento e diverse motivazioni a sostegno del verdetto. Il motivo del femminicidio viene sovente ricondotto a una molteplicità di fattori che possono trovarsi combinati tra loro, dando origine a categorie interpretative del “fatto” eterogenee e fluide. Il racconto della violenza estrema si mostra, quindi, come il risultato di un processo di ibridazione tra campi simbolici diversi, con frequenti sconfinamenti in sa­peri altri e con riferimenti frequenti al “sentire comune”. Ciò spiega come diverse sentenze riservino al delitto commesso per ragioni economiche un trattamen­to meno mite rispetto a quei femminicidi motivati da un sentimento, come la “gelosia”, ritenuto, dal “comune sentire”, diffuso e abituale nelle dinamiche relazionali tra un uomo e una donna e, pertanto, in sé non del tutto deprecabile.
L’impegno, la dedizio­ne, la fatica e la passione che hanno accompagnato tutte le fasi della ricerca non escludono la consapevolezza che il contributo fornito dal nostro lavoro possa rivelarsi parziale di fronte a un fenomeno pervasivo e diffuso, dalle implicazioni sedimentate in strategie di azio­ne e modelli di comportamento a tal punto naturalizzati da non essere più percepiti come violenti. Da qui l’auspicio che l’aver messo in evidenza la portata, anche politica, del­la battaglia dialettica che si combatte nei vari campi sociali intorno alle “motivazioni” della violenza di genere possa mettere in discussione quei luoghi comuni che impediscono l’emersione del pensiero critico, livellando le “conoscenze” sul dato per scontato, anestetizzando il let­tore/spettatore di fronte a un dolore che sembra non aver “ragione”. Dubbi che aiutino a intraprendere piste ermeneu­tiche nuove e differenti ipotesi di intervento.
Da parte di chi scrive, nonostante i tentativi di distanzia­mento richiesti dal lavoro di ricerca, sono profondi il turbamento e la partecipazione al dolore delle tante donne incontrate nelle sentenze e nei racconti degli intervistati, insieme all’orrore suscitato dalla “insensatezza” di una violenza spropositata e subdola che, ancora oggi, risulta difficile estirpare.
 di Alessandra Dino

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