Alla Sicilia la palma nera dei neet tra i 15 e i 29 anni

Giovani | 14 gennaio 2022
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LItalia, secondo quanto riportato da uno studio di Openpolis- è uno dei paesi europei dove i giovani raggiungono più tardi lautonomia dalla propria famiglia di origine. Rispetto alla media Ue di 26,4 anni, i giovani italiani infatti lasciano il nucleo familiare sopra i 30 (30,2 nel 2020). Sono solo altri 4 i paesi dellUnione che raggiungono tale soglia: Croazia (32,4 anni), Slovacchia (30,9 anni), Malta (come lItalia a 30,2 anni) e Portogallo (30 anni). Come termine di paragone con gli altri maggiori paesi Ue, in Francia e in Germania l’età media stimata in cui i giovani lasciano la famiglia si colloca attorno ai 24 anni (23,8 per l’esattezza). Nel 2019, viveva con i genitori circa la metà degli europei di età compresa tra i 18 e i 34 anni (50,4%). Tale quota in Italia sfiorava il 70%, contro dati vicini al 40% in Francia e in Germania. Nella fascia 16-29 anni, il 69% di giovani europei che vive con i genitori si contrappone all’85,4% dell’Italia. Secondo Openpolis sono soprattutto i paesi dell’Europa orientale e meridionale a mostrare una maggiore permanenza dei giovani nel nucleo familiare di origine.

Ad avere un impatto sull’autonomia dei giovani c’è certamente listruzione, ma possono incidere numerosi fattori, tanto di tipo economico, quanto sociali nonché culturali. A ricadere nella condizione di neet, cioè di giovane che non studia, non sta seguendo alcun percorso di formazione e non lavora, è più spesso proprio chi ha un livello di istruzione inferiore. Per tale ragione, anche l’abbandono precoce della scuola o la mancanza di formazione sono dei fattori che possono compromettere le basi su cui poggia la possibilità dei più giovani di rendersi autonomi. Non è casuale infatti che i paesi con più giovani neet siano generalmente anche quelli dove si abbandona più tardi il nucleo familiare. In Italia, nella fascia 15-29 anni, nel 2019, la quota di giovani italiani che non studiano e non lavorano è stata pari al 22,2% (il dato più alto nell’Unione europea). Nel 2020, la quota è ulteriormente salita al 23,3%, confermando il primato del nostro paese. Un dato che supera quello di Grecia (18,7%), Bulgaria (18,1%), Spagna (17,3%) e Romania (16,6%).

Il fenomeno appare particolarmente impattante nelle regioni del mezzogiorno. I dati più recenti disponibili con disaggregazione comunale, relativi all’ultimo censimento generale del 2011, già allora mostravano una maggiore incidenza nei comuni del sud. Pur utilizzando un indicatore parzialmente diverso, lincidenza di giovani fuori dal mercato del lavoro e da qualsiasi percorso di formazione appariva più elevata tra le grandi città meridionali. Tra queste Napoli (22,8%), Palermo (19,9%), Bari (15,2%). Nel 2020, a fronte di una media del 23,3% nella fascia 15-29 anni, spiccano i dati di Sicilia (37,5%), Calabria (34,6%) e Campania (34,5%). Mentre le quote più contenute si rilevano nell’Italia nord-orientale. In particolare in Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Veneto.

Come mette in luce lo studio di Openpolis, esiste un’incidenza di giovani fuori dal mercato del lavoro e dalla formazione che differenzia i diversi comuni italiani. Dei dati nettamente inferiori si rilevavano a Roma (10,70%), Milano (8,10%) e Torino (11,20%). Tuttavia, anche nelle maggiori città del centro-nord, emergevano delle spaccature interne, tra centri e periferie. Nella capitale al 6% di giovani neet dei quartieri Monte Sacro e Trieste si contrapponeva il 13,9% di Torre Angela, nella periferia orientale del comune. Mentre nel capoluogo lombardo era ampia la distanza tra la zona di Quarto Oggiaro (12,2%) e quella di Buenos Aires-Venezia (5%). Le percentuali rilevate mettono in evidenza come il ruolo dell’istruzione per la piena autonomia dei giovani sia ancora più importante soprattutto nei territori in cui incide maggiormente il disagio.

 di Melania Federico

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