Alba e Sandro a Palermo, storia senza delitto ma con castigo
Una storia senza delitto ma con castigo. Questo il senso del libro “Negazioni” edito da Laurana editore (pag. 198, euro 17.00). L’autore è il giornalista Enrico Bellavia, al suo esordio narrativo dopo aver firmato numerosi saggi. Romanzo ambientato in una città tormento. Una Palermo amorale, untuosa, oscena, intabarrata nella mediocrità provinciale più bieca. Una città affollata da sbirrume, cancellieri, giudici, avvocati, giornalisti, malviventi, commissari e latitanti. Un repertorio umano di solitudini che bramano, agognano, un abbraccio.
I due protagonisti Alba e Sandro, come Raskòl'nikov e Sonja, aggrovigliano le loro vite come nelle pagine dannate dostoevskiane. È un amour fou, totalizzante, che i due amanti pagheranno a duro prezzo. Sandro è un borgataro ribaldo, balordo e randagio, ingiustamente accusato di omicidio. Alba è una donna dalla volontà indomita, ribelle, non assoggettabile. Passione fatale che, in una sorta di psicodramma, costerà alla protagonista il marchio di infamia di donna di un boss. Palermo ha sempre bruciato le sue streghe nei roghi di piazza Marina e brucerà anche la vita di questa giovane donna.
Alba vive i tormenti, gli spasmi, i contorcimenti di una Bovary di Santa Flavia. Anche lei, come l’eroina flaubertiana, intreccia una maledetta relazione adulterina con un uomo sposato. È una femme fatale, tutti perdono la testa per lei. Forse, come è accaduto con lo scrittore francese, anche Bellavia si è innamorato della sua eroina, come si percepisce dalla intensa comunanza che si sprigiona dalle sue pagine. Come accade a quel cronista di nera che si aggira per i vicoli di Palermo, inforcando un improbabile Garelli grigio.
La narrazione è un susseguirsi di adrenalinici appuntamenti, fughe, incantamenti, inseguimenti. Pagine intense che sembrano assumere la connotazione di una prossima trasposizione cinematografica. La negazione del titolo, freudianamente, è il punto di partenza di ogni psicosi. Un amore tossico, una dannazione che trascineranno in un abisso Alba e Sandro. Come da rimando sciasciano, irrompe in scena una pagina mancante, sottratta, celata. Scompare una deposizione che avrebbe potuto scagionare Sandro dall’accusa di omicidio. E Alba, come l’ostinato protagonista di “A ciascuno il suo” di Sciascia, continuerà a tormentarsi nella ricerca ossessiva della verità. Curiosamente, il protagonista della storia sciasciana evocata reca il nome della stessa casa editrice del romanzo di Bellavia: Laurana. Alla fine giungerà l’improvvido castigo. Alba perderà tutto, il suo lavoro, il suo incarico di giudice popolare in Corte di Assise, finanche la dignità, che a Palermo è una mafia declinata con accento diverso.
Il libro sconta un avvio sottotòno, forse un artificio narrativo volutamente cronachistico. Ma questa storia contiene pagine di rara fascinazione. Come quelle che descrivono, magistralmente, il senso di smarrimento della protagonista mentre osserva da una finestra una sequela di lampare che, in battere e levare, guadagnano il largo, lasciandosi alle spalle uno sperone di roccia. L’assunto consolidato è che uno scrittore può essere anche un buon giornalista, ma un giornalista non può diventare un grande scrittore. L’intensità di alcune pagine di questo libro, sembrano scardinare questo assioma.
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