Acqua, rifiuti, energia, sanità, formazione e mafia
“Acqua, rifiuti, energia, sanità e formazione sono i cinque interessi che negli anni in Sicilia hanno avuto a che fare con organizzazioni finite poi con l'essere di stampo mafioso. Se oggi siamo in queste condizioni lo dobbiamo alle scelte politiche di un passato che ha oscurato le possibilità del futuro, le nostre speranze sono state violentate”. Così la vicepresidente della Regione, Mariella Lo Bello, assessore alle attività produttive, ha esordito alla conferenza del progetto educativo antimafia promossa dal Centro Pio La Torre al cinema Rouge et Noir di Palermo. All'incontro, intitolato "La presenza delle mafie nell'economia globale, le nuove diseguaglianze e l’esigenza di nuovi strumenti di contrasto nazionali ed internazionali", sono intervenuti come relatori anche Antonio La Spina docente di sociologia, ed Ernesto Savona docente e direttore di transcrime, moderati dal presidente del centro studi Pio La Torre, Vito Lo Monaco. L'iniziativa rientra nel progetto "Giovani cittadini consapevoli, attivi e responsabili" promosso dal centro studi Pio La Torre con il sostegno del dipartimento della Gioventù e del servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
“Vengo da una provincia dove la Stidda esercita fermamente il suo dominio in un triangolo ben definito tra Palma di Montechiaro, Gela e Favara - ha proseguito la vicepresidente Lo Bello - oggi nella zona di Agrigento c'è un silenzio assordante, e quando non accade nulla non è perché il fenomeno non c'è piu, ma perché le organizzazioni criminali hanno fatto pace”.
“Il problema non è scoprire chi comanda, ma che questa responsabilità attribuita o definita possa tradursi in estirpazione - ha aggiunto Lo Bello - Obiettivo della mafia è il governo del territorio. Il contrasto passa attraverso atti eroici, ma il vero contrasto sta nella percezione del pericolo e nella scelta, nella necessità di dover dire no alle mafie piuttosto che rispondere a quel 'calati juncu ca passa la china'”. Secondo la vicepresidente, poi, tra le soluzioni da percorrere c'è la necessità di “affidarsi a una legislazione sui beni confiscati”. “Per colpire al cuore le mafie bisogna conoscere la provenienza delle risorse economiche, ricorrere alla tracciabilità così come indicato da Falcone nel suo metodo. Spesso i centri commerciali sono le lavanderie di ultima generazione degli interessi mafiosi, fanno morire l'economia, impoveriscono la natura del territorio e colpiscono i piccoli esercizi”. “Se guardo al caso del centro commerciale Forum di Palermo - ha aggiunto Lo Bello - in quella particolare zona del capoluogo ha solo prodotto ulteriore traffico, non ha incrementato altra economia”. Tra le misure di sostegno all'orizzonte Lo Bello ha annunciato anche “un comitato permanente di aiuto per dare una mano alle aziende in crisi che non sono in condizione di camminare o sono soffocate”. Tra i temi all'ordine del giorno e le domande dei ragazzi (30 gli istituti collegati in videoconferenza da Nord a Sud Italia) anche il tema del contrasto e del consenso alla criminalità. “Il contrasto dovrebbe venire prima della radicazione del fenomeno – ha osservato Lo Bello - a quel punto è necessario affidarsi agli eroi del tempo, a chi ha saputo guardare lontano”. La vicepresidente ha fatto anche un cenno alla cattura del boss del narcotraffico, il messicano “El Chapo”: “In questi giorni la televisione ci rimanda le sue gesta, dalle catture e fughe rocambolesche ai tanti aneddoti – ha detto ai ragazzi la vicepresidente della Regione – come per la fiction La piovra, c'è sempre stato un folto pubblico che ha fatto il tifo per i cattivi”, complice una narrazione troppo idilliaca. E i ragazzi vengono riportati brutalmente alla realtà quando Lo Bello ricorda che “in certe zone di Palermo, come a Brancaccio, serve chiedere un'autorizzazione ai boss del quartiere anche per chiudere un negozio, non solo per aprirlo. Parlando di lotta alle mafie globalzizate dobbiamo tenere per questo sempre presente cosa ci tolgono”. Infine la vicepresidente ricorda la legge della Regione siciliana varata 18 mesi fa che ha consentito ai testimoni di giustizia un posto di lavoro “Lo Stato ha scelto di stare accanto a loro. Adesso occorre una mobilitazione generale contro la corruzione, che è mancata rispetto a quella contro le mafie”. Sui temi della percezione e della definizione si sono invece espressi gli studiosi La Spina e Savona. La Spina, in particolare, ha ricordato che la definizione di stampo mafioso relativa a un'associazione, in Italia si deve a un'osservazione empirica nata dal confronto tra Pio La Torre ed alcuni magistrati. “Per quanto riguarda il portafoglio delle mafie italiano - ha poi detto Savona - va precisato che quello che si racconta sui grandi volumi degli affari a una stima più precisa si è rivelato inesatto, segno che abbiamo bisogno di maggiori dati. Pur trattandosi di moltissimi soldi, è emerso che il patrimonio delle mafie italiane non ammonta a 150 miliardi ma ad 11 miliardi di euro, molto meno, insomma”.
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