A Ragusa il carcere ha un volto più umano, i figli dei detenuti giocheranno con il papà
Società | 30 dicembre 2022
I figli dei detenuti giocheranno, per attutire il trauma dell’attesa del colloquio con i papà detenuti, dentro l’Istituto penitenziario. E'stata inaugurata stamattina a Ragusa la prima delle 8 aree giochi attrezzate che da gennaio verranno aperte anche nelle carceri di Agrigento, Enna, Messina, Trapani, Catania, Palermo e Giarre. Si tratta di un progetto promosso da Uisp Sicilia, selezionato dall’impresa sociale «Con i bambini» nell’ambito delle disponibilità del Fondo per il contrasto della povertà educativa e minorile con il bando «Un passo avanti». Un primo passo, appunto, di una gamma di servizi che permetteranno di aiutare detenuti e famiglie anche nella gestione del ruolo genitoriale in un contesto difficile come quello del carcere. «Quando posso con mia sorella veniamo a trovare nostro fratello - dice una delle parenti in attesa del colloquio -, incontri non semplici da gestire ma per fare felice mio fratello veniamo quando ci è possibile. Lui ha la possibilità di giocare con i bambini, di stare un pòcon loro».
Le piccole bugie aiutano, in una famiglia in cui un arresto arriva come una bomba. «I bambini sono piccoli - racconta la donna - sanno che papà sta lavorando e che aspettiamo che finisca il suo turno per tornare a casa». Mentre parliamo, un gruppo di bimbi inganna l’attesa con i clown di «Ci ridiamo su» che li accompagna nell’area giochi. Bolle di sapone e risate, uno scivolo, due altalene, perchè, come recita lo slogan della iniziativa, «Giocare per diritto» appartiene ai bambini. Jessica tiene il suo bimbo in braccio; è piccolo, ha 19 mesi; l’altra bambina, al controllo documenti, ha 7 anni, anche lei aspetta di vedere papà. E’ una situazione difficile da spiegare a loro: «Ai nostri figli abbiamo detto che papà è a lavorare a Roma con i carabinieri, che una volta alla settimana viene a Ragusa, soggiorna dai carabinieri e noi però possiamo andare a trovarlo».
Una vita difficile, dentro e fuori dal carcere e a soffrire di più, sono i figli. Prima, l’attesa del colloquio in una saletta in cui si attende il controllo documenti e il permesso per varcare la porta e vedere papà, era più difficile da gestire. Ora, con la piccola area giochi, che ha anche una casetta prefabbricata con alcuni giochi all’interno, vedere i bambini con il sorriso rende l’attesa un pò più spensierata. La sofferenza si percepisce anche nei racconti dei padri detenuti. Massimo, 49 anni, di carceri ne ha girate parecchie, è diventato nonno quando aveva 38 anni, ha tre nipoti e 5 figli che hanno 6, 11, 18, 25 e 29 anni. «Dentro al carcere lavoro, mi occupo di manutenzioni, mando a casa qualche soldo, mia moglie lavora saltuariamente e onestamente. E'difficile spiegare a mio figlio più piccolo che non posso tornare a casa con lui. E allora lui dice di voler parlare con la Polizia». Davide si commuove, si copre il volto, asciuga le lacrime. «Ho sbagliato ed è giusto pagare ma questa è l’ultima volta». La pandemia ha limitato i contatti con i famigliari e l’area giochi certamente alleggerirà l’attesa dei tanti piccoli che aspettano di vedere papà. «Perchè non torni papi, mi dice il piccolo che non si arrende mai - racconta - e io cerco...Giocare un pò prima di entrare è di sicuro positivo».
Quando parla del suo figlio più piccolo, Davide non trattiene la commozione. Ha ancora 4 o 5 anni da scontare in carcere. A Ragusa è arrivato nel 2019. «Per me Ragusa è un carcere modello, mi hanno curato fisicamente e psicologicamente, il lavoro, l’area trattamentale, gli educatori tutto funziona, mi sono sentito trattato con umanità». Damiano, invece, di figli ne ha tre: «I miei famigliari viaggiano da Catania per venire a trovarmi, partono alle 5 da casa. Questa area giochi è importante per i bambini che almeno affrontano il viaggio e l’attesa con meno stress. I miei figli hanno 12 anni e i due gemelli ne hanno 8 anni. Anche loro sanno che sono qui al carcere per lavoro».
I detenuti a rotazione svolgono dei piccoli lavori al carcere, c'è chi cucina, chi si occupa di manutenzioni, chi si prende cura dell’orto come Giancarlo che non ha figli ma che vede l’utilità della nuova iniziativa: «Lo sport e le attività sono un momento di spensieratezza, questo progetto per i bambini che vengono qui in carcere è importante, almeno pensano ad un momento di gioco quando arrivano. A nome dei detenuti vorrei ringraziare la direzione e tutti quelli che si sono impegnati a mettere in atto questo progetto». L’Uisp da un decennio collabora con il carcere di Ragusa con laboratori sportivi che permettono anche ai padri carcerati di fare delle attività con i figli. «Grazie alla Uisp inauguriamo la prima area giochi delle 8 previste nel progetto. L’area gioco è il primo step e nasce dall’esigenza di promuovere il benessere dei minori, in attesa della visita al padre, attutendo l’impatto traumatico con la struttura carceraria e le sue regole di sicurezza - spiega la direttrice del carcere Giovanna Maltese - e l’area attrezzata e l’accoglienza di operatori specializzati consentirà al bambino di ridurre l’ansia e contenere l’emozione negativa che in genere suscita l’ambiente carcerario».
Importante è la qualità del rapporto con i genitori anche se in carcere. «E' un bisogno che non può essere ignorato o negato ma che deve essere favorito e migliorato dove è possibile, nell’ottica di un sano sviluppo psicofisico del bambino», conclude la direttrice che ha al suo fianco la reponsabile dell’area trattamentale, Rosetta Noto. Il presidente di Uisp Sicilia, Vincenzo Bonasera, ribadisce la disponibilità dell’Uisp di «mettere in campo l’esperienza in ambito ludico e motorio per favorire e migliorare la qualità delle relazioni genitoriali tra detenuti e figli». Vincenzo Sapienza è direttore del progetto «Giocare per Diritto», Sergio Vinciprova ne è responsabile per l’area gioco, mentre Antonino Siciliano di Uisp iblei continua nell’impegno ormai decennale, di promozione dello «sport per tutti», obiettivo primario di Uisp, con una sinergia positiva con il carcere di Ragusa.
Le piccole bugie aiutano, in una famiglia in cui un arresto arriva come una bomba. «I bambini sono piccoli - racconta la donna - sanno che papà sta lavorando e che aspettiamo che finisca il suo turno per tornare a casa». Mentre parliamo, un gruppo di bimbi inganna l’attesa con i clown di «Ci ridiamo su» che li accompagna nell’area giochi. Bolle di sapone e risate, uno scivolo, due altalene, perchè, come recita lo slogan della iniziativa, «Giocare per diritto» appartiene ai bambini. Jessica tiene il suo bimbo in braccio; è piccolo, ha 19 mesi; l’altra bambina, al controllo documenti, ha 7 anni, anche lei aspetta di vedere papà. E’ una situazione difficile da spiegare a loro: «Ai nostri figli abbiamo detto che papà è a lavorare a Roma con i carabinieri, che una volta alla settimana viene a Ragusa, soggiorna dai carabinieri e noi però possiamo andare a trovarlo».
Una vita difficile, dentro e fuori dal carcere e a soffrire di più, sono i figli. Prima, l’attesa del colloquio in una saletta in cui si attende il controllo documenti e il permesso per varcare la porta e vedere papà, era più difficile da gestire. Ora, con la piccola area giochi, che ha anche una casetta prefabbricata con alcuni giochi all’interno, vedere i bambini con il sorriso rende l’attesa un pò più spensierata. La sofferenza si percepisce anche nei racconti dei padri detenuti. Massimo, 49 anni, di carceri ne ha girate parecchie, è diventato nonno quando aveva 38 anni, ha tre nipoti e 5 figli che hanno 6, 11, 18, 25 e 29 anni. «Dentro al carcere lavoro, mi occupo di manutenzioni, mando a casa qualche soldo, mia moglie lavora saltuariamente e onestamente. E'difficile spiegare a mio figlio più piccolo che non posso tornare a casa con lui. E allora lui dice di voler parlare con la Polizia». Davide si commuove, si copre il volto, asciuga le lacrime. «Ho sbagliato ed è giusto pagare ma questa è l’ultima volta». La pandemia ha limitato i contatti con i famigliari e l’area giochi certamente alleggerirà l’attesa dei tanti piccoli che aspettano di vedere papà. «Perchè non torni papi, mi dice il piccolo che non si arrende mai - racconta - e io cerco...Giocare un pò prima di entrare è di sicuro positivo».
Quando parla del suo figlio più piccolo, Davide non trattiene la commozione. Ha ancora 4 o 5 anni da scontare in carcere. A Ragusa è arrivato nel 2019. «Per me Ragusa è un carcere modello, mi hanno curato fisicamente e psicologicamente, il lavoro, l’area trattamentale, gli educatori tutto funziona, mi sono sentito trattato con umanità». Damiano, invece, di figli ne ha tre: «I miei famigliari viaggiano da Catania per venire a trovarmi, partono alle 5 da casa. Questa area giochi è importante per i bambini che almeno affrontano il viaggio e l’attesa con meno stress. I miei figli hanno 12 anni e i due gemelli ne hanno 8 anni. Anche loro sanno che sono qui al carcere per lavoro».
I detenuti a rotazione svolgono dei piccoli lavori al carcere, c'è chi cucina, chi si occupa di manutenzioni, chi si prende cura dell’orto come Giancarlo che non ha figli ma che vede l’utilità della nuova iniziativa: «Lo sport e le attività sono un momento di spensieratezza, questo progetto per i bambini che vengono qui in carcere è importante, almeno pensano ad un momento di gioco quando arrivano. A nome dei detenuti vorrei ringraziare la direzione e tutti quelli che si sono impegnati a mettere in atto questo progetto». L’Uisp da un decennio collabora con il carcere di Ragusa con laboratori sportivi che permettono anche ai padri carcerati di fare delle attività con i figli. «Grazie alla Uisp inauguriamo la prima area giochi delle 8 previste nel progetto. L’area gioco è il primo step e nasce dall’esigenza di promuovere il benessere dei minori, in attesa della visita al padre, attutendo l’impatto traumatico con la struttura carceraria e le sue regole di sicurezza - spiega la direttrice del carcere Giovanna Maltese - e l’area attrezzata e l’accoglienza di operatori specializzati consentirà al bambino di ridurre l’ansia e contenere l’emozione negativa che in genere suscita l’ambiente carcerario».
Importante è la qualità del rapporto con i genitori anche se in carcere. «E' un bisogno che non può essere ignorato o negato ma che deve essere favorito e migliorato dove è possibile, nell’ottica di un sano sviluppo psicofisico del bambino», conclude la direttrice che ha al suo fianco la reponsabile dell’area trattamentale, Rosetta Noto. Il presidente di Uisp Sicilia, Vincenzo Bonasera, ribadisce la disponibilità dell’Uisp di «mettere in campo l’esperienza in ambito ludico e motorio per favorire e migliorare la qualità delle relazioni genitoriali tra detenuti e figli». Vincenzo Sapienza è direttore del progetto «Giocare per Diritto», Sergio Vinciprova ne è responsabile per l’area gioco, mentre Antonino Siciliano di Uisp iblei continua nell’impegno ormai decennale, di promozione dello «sport per tutti», obiettivo primario di Uisp, con una sinergia positiva con il carcere di Ragusa.
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