Virginio Rognoni, padre della prima legge antimafia con Pio La Torre
Società | 21 settembre 2022
Con Virginio Rognoni scompare un uomo della prima Repubblica, dotato di un alto profilo politico e istituzionale. Fu, tra i molti incarichi prestigiosi, anche Ministro dell’Interno dal 1978 al 1983: gli anni terribili della seconda guerra di mafia. Virginio Rognoni fu nominato Ministro dell’Interno subito dopo l’assassinio di Aldo Moro e le dimissioni di Francesco Cossiga dallo stesso incarico.
Sarà Ministro dell’Interno fino al 1983, anno della strage politico mafiosa di Rocco Chinnici.
Negli anni del suo incarico Rognoni ebbe modo di fronteggiare le tante stragi dell’82, l’omicidio di Pio La Torre e Rosario di Salvo, di Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie e della scorta.
In quella fase, com’è stato ricordato nelle varie iniziative per il quarantesimo anniversario della legge antimafia, Rognoni ebbe modo di cointestare e condividere il frutto del DDL presentato da Pio La Torre per introdurre nel codice penale il reato di associazione di stampo mafioso e l’obbligo della confisca dei beni proventi di reato. La legge sarà pubblicata il 13 settembre 1983 con il n. 646 sull’onda dell’assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, segnando una svolta storica. Grazie alla sua applicazione la mafia di quarant’anni e di trent’anni fa è stata sconfitta. La legge ha sollecitato lo sviluppo di una legislazione antimafia che, sino ad oggi, dimostra di essere efficace anche contro le nuove mafie. È diventata un esempio imitato a livello internazionale da tanti Stati e sostenuto dall’ONU e dell’Unione Europea.
In occasione di eventi promossi dal Centro Pio La Torre a Palazzo Marino nel 2011 e a Palazzo dei Normanni per il 30esimo anniversario della morte di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, ho avuto modo di constatare il forte senso istituzionale di Rognoni, la sua condivisione piena e profonda dell’idea che la mafia possa essere sconfitta con la repressione e con l’impegno politico e culturale della classe dirigente, come sostenuto da Pio La Torre quando presentò alle Camere nel 1980 il suo disegno di legge.
Rognoni è coetaneo di Pio La Torre: anche Pio avrebbe potuto vivere tanto. Rognoni – tra i democristiani prima e i popolari poi – non nascose mai la sua visione del fenomeno mafioso come fenomeno criminale speciale, perché coinvolge politica, mondo degli affari e società – come ebbe modo di ribadire in varie occasioni anche da vicepresidente del CSM. Egli condivise anche l’analisi che Pio La Torre, per primo, espose al Parlamento italiano, forte dei contributi avuti da grandi giuristi, storici, sociologi. Dopo quarant’anni è giusto sottolineare il suo impegno per la pubblicazione della legge 646 e per la sua applicazione.
di Vito Lo Monaco
Sarà Ministro dell’Interno fino al 1983, anno della strage politico mafiosa di Rocco Chinnici.
Negli anni del suo incarico Rognoni ebbe modo di fronteggiare le tante stragi dell’82, l’omicidio di Pio La Torre e Rosario di Salvo, di Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie e della scorta.
In quella fase, com’è stato ricordato nelle varie iniziative per il quarantesimo anniversario della legge antimafia, Rognoni ebbe modo di cointestare e condividere il frutto del DDL presentato da Pio La Torre per introdurre nel codice penale il reato di associazione di stampo mafioso e l’obbligo della confisca dei beni proventi di reato. La legge sarà pubblicata il 13 settembre 1983 con il n. 646 sull’onda dell’assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, segnando una svolta storica. Grazie alla sua applicazione la mafia di quarant’anni e di trent’anni fa è stata sconfitta. La legge ha sollecitato lo sviluppo di una legislazione antimafia che, sino ad oggi, dimostra di essere efficace anche contro le nuove mafie. È diventata un esempio imitato a livello internazionale da tanti Stati e sostenuto dall’ONU e dell’Unione Europea.
In occasione di eventi promossi dal Centro Pio La Torre a Palazzo Marino nel 2011 e a Palazzo dei Normanni per il 30esimo anniversario della morte di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, ho avuto modo di constatare il forte senso istituzionale di Rognoni, la sua condivisione piena e profonda dell’idea che la mafia possa essere sconfitta con la repressione e con l’impegno politico e culturale della classe dirigente, come sostenuto da Pio La Torre quando presentò alle Camere nel 1980 il suo disegno di legge.
Rognoni è coetaneo di Pio La Torre: anche Pio avrebbe potuto vivere tanto. Rognoni – tra i democristiani prima e i popolari poi – non nascose mai la sua visione del fenomeno mafioso come fenomeno criminale speciale, perché coinvolge politica, mondo degli affari e società – come ebbe modo di ribadire in varie occasioni anche da vicepresidente del CSM. Egli condivise anche l’analisi che Pio La Torre, per primo, espose al Parlamento italiano, forte dei contributi avuti da grandi giuristi, storici, sociologi. Dopo quarant’anni è giusto sottolineare il suo impegno per la pubblicazione della legge 646 e per la sua applicazione.
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