Spatuzza svela i segreti di Messina Denaro: "Mi ha fatto diventare uomo d'onore"
Società | 11 agosto 2023
Ha negato di essere uomo d'onore. Ai magistrati di Palermo che lo hanno interrogato dopo il suo arresto ha detto di avere conosciuto Cosa nostra solo dai giornali. Matteo Messina Denaro, arrogante, sprezzante, indisponente, provocatorio, per certi versi fastidioso si è rivolto così al procuratore Maurizio De Lucia e al procuratore aggiunto Paolo Guido.
Cosa nostra conosciuta solo dai giornali ha sottolineato, ma a parte tutti i collaboratori di giustizia che lo hanno indicato come boss di prima grandezza del Trapanese e della mafia siciliana ce n'è uno che gli punta l'indice contro e afferma: "E' stato lui che mi ha inserito ufficialmente in Cosa nostra. Lui mi ha fatto diventare uomo d'onore". Costui è Gaspare Spatuzza, l'ex uomo d'onore di Brancaccio che con il suo pentimento ha permesso di scoprire il più grande depistaggio di Stato, quello che si riferisce alla strage di via D'Amelio. Spatuzza si è autoaccusato di essere stato colui che ha fornito la 126 poi usata come autobomba ma ha fatto anche i nomi di chi era coinvolto e di chi, invece, era stato condannato da innocente.
Gaspare Spatuzza da qualche mese, dal marzo scorso, è un uomo libero, Lui, stragista di mafia, è uscito dal carcere dopo 26 anni. Ha ottenuto la libertà condizionale. Non è più costretto ai vincoli della detenzione domiciliare, alla quale era sottoposto da quasi nove anni. Gli restano cinque anni di prescrizione da osservare, ma il suo debito con la giustizia italiana è di fatto pagato. Era stato condannato all'ergastolo per le bombe di Roma, Firenze e Milano esplose nell'estate di trent'anni fa (dieci morti e oltre cinquanta feriti) e per l'omicidio di padre Pino Puglisi ammazzato il 15 settembre del '93; nonché a 12 anni di pena per il sequestro di Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, poi ucciso e sciolto nell'acido dai suoi carcerieri.
Dopo anni dal suo arresto Spatuzza si era pentito collaborando alle indagini, con informazioni che hanno portato alle condanne di diversi mafiosi, tra cui Matteo Messina Denaro.
"All'età di 10 anni - ha raccontato U Tignusu, così è soprannominato Spatuzza - mio fratello Salvatore che aveva circa 20 anni, cui ero estremamente legato, scomparve poiché coinvolto nel sequestro di Graziella Mandalà. Sia io che mia madre soffrimmo molto della situazione e per non avere più notizie di mio fratello. All'età di 10-11 anni cominciai a lavorare per Rosario D'Agostino, il quale era inserito in contesti criminali mafiosi. Quando cominciò la guerra di mafia Rosario D'Agostino rimane alleato con i fratelli Grado e con Salvatore Contorno. Io, invece, poiché avevo instaurato una bellissima amicizia con la famiglia dei Graviano, mi avvicinai molto a costoro. Dovetti fare una scelta se schierarmi con i Graviano o con D'Agostino e scelsi i Graviano. L'arresto di D'Agostino a Voghera e l'inizio della collaborazione di Totuccio Contorno mi convinsero che avevo fatto la scelta giusta. Nell'anno '83 Gaetano Mandalà mi confidò che Contorno sarebbe tornato a Palermo per vendicare Pietro Mandalà, suo cugino, che era stato nel frattempo ucciso. Nei parlai con Carlo Civiletta il quale riferì la circostanza ai Graviano. A seguito di ciò Giuseppe Graviano mi diede l'incarico di informarli degli spostamenti di Contorno, con il quale tra l'altro ho un rapporto di parentela. Devo precisare - aggiunge Spatuzza- che il mio rancore per Contorno nasceva dal fatto che vi era il sospetto che questi fosse implicato nella scomparsa di mio fratello".
Spatuzza continua nel suo racconto e spiega la sua ascesa in Cosa nostra: "Giuseppe Graviano divenne latitante e dopo essere stato contattato da quest'ultimo mi disse che bisognava fare 'ordine' a Brancaccio essendovi troppa microcriminalità. Mi diede dei nominativi di delinquenti comuni da uccidere: Salvatore Faia, Salvatore Lombardo e un ragazzo che si chiamava Popò della Guadagna. Taormina e Lombardo li conoscevo e provai ad evitare che fossero uccisi, magari facendoli solo richiamare, ma non ci riuscii. Quindi in quel periodo mi misi alla ricerca di questi personaggi per guadagnare la loro fiducia e attirarli in tranello. Riuscii ad uccidere Salvatore Faia (lupara bianca), Popò (lupara bianca), Salvatore Lombardo (a colpi di arma da fuoco). Tutto ciò avvenne nel periodo 1986/87. Quando mi venne dato l'incarico di uccidere questi soggetti io non ero ancora uomo d'onore. Successivamente all'arresto di Giovanni Drago, venendo a mancare un punto di riferimento nella famiglia, io acquisii maggiore rilievo. Sino al 1995 comunque io sono avvicinato alla famiglia, ma non ancora ritualmente affiliato".
L'ascesa criminale di Spatuzza e la sua rituale affiliazione in Cosa nostra con contestuale assunzione della carica di reggente del mandamento avviene con la "benedizione" di Matteo Messina Denaro, il boss che ora dice di conoscere Cosa nostra solo dai giornali.
"Dopo l'arresto di Nino Mangano - afferma Spatuzza - venni contattato da Pietro Tagliavia che, per conto di Giuseppe Graviano che era detenuto, mi fece sapere che avrei avuto delle responsabilità diverse da quelle che avevo avuto fino ad allora. In quel periodo io ero latitante, poiché coinvolto nell'operazione Golden market del febbraio 1994. La mia latitanza l'ho trascorsa quasi interamente a Brancaccio e zone limitrofe. Per brevi periodi sono stato anche nel Trapanese in località Marusa, Alcamo Marina e Catellammare del Golfo. In quel periodo avvenne la scomparsa di Pietro Lo Bianco. Questi temeva per la sua incolumità e prima di andare ad un incontro con Benedetto Spera aveva preavvertito i ragazzi di tale appuntamento affinché si potesse sapere chi lo aveva fatto sparire qualora non fosse tornato. Allora mi rivolsi ad Antonino Melodia ad Alcamo Marina affinché questi contattasse Matteo Messina Denaro per avvertirlo che non si sarebbe dovuto recare ad appuntamenti qualora gli fossero stati dati. Il Melodia mi creò un contatto con Vincenzo Ferro il quale mi fissò un appuntamento con Messina Denaro che avvenne nel settembre del '95 in una casa nei pressi di Segesta ove c'erano anche Nicola Di Trapani, Giovanni Brusca e Vincenzo Sinacori. Spiegai loro il problema della scomparsa di Pietro Lo Bianco. In quel frangente Messina Denaro mi chiamò in disparte e mi chiese se fossi combinato e se sapessi qualcosa circa 'le famiglie e gli amici' ed io risposi negativamente. Matteo Messina Denaro quindi mi introdusse in una stanza e fui formalmente affiliato. In quella stessa circostanza mi venne affidata la reggenza di Brancaccio. Mio padrino di affiliazione fu Nicola Di Trapani, ma la benedizione la diede Matteo Messina Denaro. Quando tornai a Brancaccio mi venne a cercare Pietro Tagliavia al quale comunque non dissi che ero stato combinato. Non sapendo come comportarmi mi rivolsi a Nicola Di Trapani e questi mi fissò un appuntamento a Ciaculli con Giovanni Brusca, il quale mi presentò a Fifetto Cannella dicendogli che ero il nuovo reggente del mandamento".
di Giuseppe Martorana
Cosa nostra conosciuta solo dai giornali ha sottolineato, ma a parte tutti i collaboratori di giustizia che lo hanno indicato come boss di prima grandezza del Trapanese e della mafia siciliana ce n'è uno che gli punta l'indice contro e afferma: "E' stato lui che mi ha inserito ufficialmente in Cosa nostra. Lui mi ha fatto diventare uomo d'onore". Costui è Gaspare Spatuzza, l'ex uomo d'onore di Brancaccio che con il suo pentimento ha permesso di scoprire il più grande depistaggio di Stato, quello che si riferisce alla strage di via D'Amelio. Spatuzza si è autoaccusato di essere stato colui che ha fornito la 126 poi usata come autobomba ma ha fatto anche i nomi di chi era coinvolto e di chi, invece, era stato condannato da innocente.
Gaspare Spatuzza da qualche mese, dal marzo scorso, è un uomo libero, Lui, stragista di mafia, è uscito dal carcere dopo 26 anni. Ha ottenuto la libertà condizionale. Non è più costretto ai vincoli della detenzione domiciliare, alla quale era sottoposto da quasi nove anni. Gli restano cinque anni di prescrizione da osservare, ma il suo debito con la giustizia italiana è di fatto pagato. Era stato condannato all'ergastolo per le bombe di Roma, Firenze e Milano esplose nell'estate di trent'anni fa (dieci morti e oltre cinquanta feriti) e per l'omicidio di padre Pino Puglisi ammazzato il 15 settembre del '93; nonché a 12 anni di pena per il sequestro di Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, poi ucciso e sciolto nell'acido dai suoi carcerieri.
Dopo anni dal suo arresto Spatuzza si era pentito collaborando alle indagini, con informazioni che hanno portato alle condanne di diversi mafiosi, tra cui Matteo Messina Denaro.
"All'età di 10 anni - ha raccontato U Tignusu, così è soprannominato Spatuzza - mio fratello Salvatore che aveva circa 20 anni, cui ero estremamente legato, scomparve poiché coinvolto nel sequestro di Graziella Mandalà. Sia io che mia madre soffrimmo molto della situazione e per non avere più notizie di mio fratello. All'età di 10-11 anni cominciai a lavorare per Rosario D'Agostino, il quale era inserito in contesti criminali mafiosi. Quando cominciò la guerra di mafia Rosario D'Agostino rimane alleato con i fratelli Grado e con Salvatore Contorno. Io, invece, poiché avevo instaurato una bellissima amicizia con la famiglia dei Graviano, mi avvicinai molto a costoro. Dovetti fare una scelta se schierarmi con i Graviano o con D'Agostino e scelsi i Graviano. L'arresto di D'Agostino a Voghera e l'inizio della collaborazione di Totuccio Contorno mi convinsero che avevo fatto la scelta giusta. Nell'anno '83 Gaetano Mandalà mi confidò che Contorno sarebbe tornato a Palermo per vendicare Pietro Mandalà, suo cugino, che era stato nel frattempo ucciso. Nei parlai con Carlo Civiletta il quale riferì la circostanza ai Graviano. A seguito di ciò Giuseppe Graviano mi diede l'incarico di informarli degli spostamenti di Contorno, con il quale tra l'altro ho un rapporto di parentela. Devo precisare - aggiunge Spatuzza- che il mio rancore per Contorno nasceva dal fatto che vi era il sospetto che questi fosse implicato nella scomparsa di mio fratello".
Spatuzza continua nel suo racconto e spiega la sua ascesa in Cosa nostra: "Giuseppe Graviano divenne latitante e dopo essere stato contattato da quest'ultimo mi disse che bisognava fare 'ordine' a Brancaccio essendovi troppa microcriminalità. Mi diede dei nominativi di delinquenti comuni da uccidere: Salvatore Faia, Salvatore Lombardo e un ragazzo che si chiamava Popò della Guadagna. Taormina e Lombardo li conoscevo e provai ad evitare che fossero uccisi, magari facendoli solo richiamare, ma non ci riuscii. Quindi in quel periodo mi misi alla ricerca di questi personaggi per guadagnare la loro fiducia e attirarli in tranello. Riuscii ad uccidere Salvatore Faia (lupara bianca), Popò (lupara bianca), Salvatore Lombardo (a colpi di arma da fuoco). Tutto ciò avvenne nel periodo 1986/87. Quando mi venne dato l'incarico di uccidere questi soggetti io non ero ancora uomo d'onore. Successivamente all'arresto di Giovanni Drago, venendo a mancare un punto di riferimento nella famiglia, io acquisii maggiore rilievo. Sino al 1995 comunque io sono avvicinato alla famiglia, ma non ancora ritualmente affiliato".
L'ascesa criminale di Spatuzza e la sua rituale affiliazione in Cosa nostra con contestuale assunzione della carica di reggente del mandamento avviene con la "benedizione" di Matteo Messina Denaro, il boss che ora dice di conoscere Cosa nostra solo dai giornali.
"Dopo l'arresto di Nino Mangano - afferma Spatuzza - venni contattato da Pietro Tagliavia che, per conto di Giuseppe Graviano che era detenuto, mi fece sapere che avrei avuto delle responsabilità diverse da quelle che avevo avuto fino ad allora. In quel periodo io ero latitante, poiché coinvolto nell'operazione Golden market del febbraio 1994. La mia latitanza l'ho trascorsa quasi interamente a Brancaccio e zone limitrofe. Per brevi periodi sono stato anche nel Trapanese in località Marusa, Alcamo Marina e Catellammare del Golfo. In quel periodo avvenne la scomparsa di Pietro Lo Bianco. Questi temeva per la sua incolumità e prima di andare ad un incontro con Benedetto Spera aveva preavvertito i ragazzi di tale appuntamento affinché si potesse sapere chi lo aveva fatto sparire qualora non fosse tornato. Allora mi rivolsi ad Antonino Melodia ad Alcamo Marina affinché questi contattasse Matteo Messina Denaro per avvertirlo che non si sarebbe dovuto recare ad appuntamenti qualora gli fossero stati dati. Il Melodia mi creò un contatto con Vincenzo Ferro il quale mi fissò un appuntamento con Messina Denaro che avvenne nel settembre del '95 in una casa nei pressi di Segesta ove c'erano anche Nicola Di Trapani, Giovanni Brusca e Vincenzo Sinacori. Spiegai loro il problema della scomparsa di Pietro Lo Bianco. In quel frangente Messina Denaro mi chiamò in disparte e mi chiese se fossi combinato e se sapessi qualcosa circa 'le famiglie e gli amici' ed io risposi negativamente. Matteo Messina Denaro quindi mi introdusse in una stanza e fui formalmente affiliato. In quella stessa circostanza mi venne affidata la reggenza di Brancaccio. Mio padrino di affiliazione fu Nicola Di Trapani, ma la benedizione la diede Matteo Messina Denaro. Quando tornai a Brancaccio mi venne a cercare Pietro Tagliavia al quale comunque non dissi che ero stato combinato. Non sapendo come comportarmi mi rivolsi a Nicola Di Trapani e questi mi fissò un appuntamento a Ciaculli con Giovanni Brusca, il quale mi presentò a Fifetto Cannella dicendogli che ero il nuovo reggente del mandamento".
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