Paradossi Onu, i diritti delle donne nelle mani di chi li soffoca
L'analisi | 2 aprile 2024
L’Arabia Saudita presiederà per il prossimo biennio il Forum dell’Onu sui diritti delle donne. Ecco una di quelle notizie che se non fosse tragica sarebbe comica e se non fosse comica sarebbe tragica. Che le Nazioni Unite siano ormai nulla più di un costoso carrozzone autoreferenziale privo di autorevolezza è un dato di fatto. Il colpo di grazia al crollo d’immagine dell’Onu è stato la partecipazione documentata di una quindicina di operatori palestinesi dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente, ai massacri dei civili israeliani nella macelleria a domicilio del 7 ottobre 2023. Che ha poi scatenato la reazione israeliana e la macelleria su scala industriale di Gaza che ha raso al suolo gran parte della Striscia. Partecipazione inaccettabile e ingiustificabile.
A confronto la nuova tragicomica notizia di cui ci stiamo occupando appare poco più di una barzelletta. Se non altro perché decisamente meno cruenta. Ma al contempo non si può restare indifferenti e l’indignazione scaturisce sacrosanta. Vediamo come sono andati i fatti nella ricostruzione di Amnesty International Italia che in materia di diritti umani ha competenze e conoscenze da vendere:
“L’Arabia Saudita presiederà il Forum delle Nazioni Unite sui diritti delle donne. La nomina, che non è stata altro che una mera formalità, è avvenuta nel corso della riunione annuale della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne, il 22 marzo.
La Commissione ha il compito di promuovere i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere. La nomina dell’Arabia Saudita, dove le violazioni dei diritti delle donne sono clamorose, va completamente contro le aspirazioni della Commissione.
Far parte degli organismi delle Nazioni Unite che si occupano di diritti umani, ancora di più dirigerli, dovrebbe rendere gli stati membri doppiamente responsabili del loro rispetto a livello nazionale e globale.
La legge sullo statuto della persona, entrata in vigore nel 2022 e lodata dalle autorità saudite come un passo avanti verso il progresso e l’uguaglianza, rafforza la discriminazione di genere in ogni aspetto della vita familiare: dal matrimonio al divorzio, dalla custodia dei figli all’eredità. Inoltre, non protegge le donne dalla violenza di genere.
La bozza di codice penale, recentemente analizzata da Amnesty International, prospetta un futuro catastrofico per le donne saudite: garantisce l’impunità agli autori dei “crimini d’onore”, non punisce lo stupro coniugale e criminalizza le relazioni sessuali consensuali tra persone adulte dello stesso sesso e quelle extramatrimoniali.
Le donne saudite che difendono i diritti umani subiscono condanne al carcere, divieti di viaggio e ulteriori limitazioni al loro diritto alla libertà d’espressione. Negli ultimi anni sono state inflitte condanne pesantissime a donne che avevano pubblicato contenuti in favore dei diritti delle donne.
Un caso sconvolgente riguarda Salma al-Shehab, una dottoranda e madre di due figli, che sta attualmente scontando 27 anni in carcere per aver difeso i diritti delle donne su X.
Manahel al-Otaibi, istruttrice di fitness, blogger e difensora dei diritti umani, vittima di sparizione forzata dal novembre 2023, attende il processo davanti al Tribunale penale speciale, ossia il tribunale antiterrorismo dell’Arabia Saudita, per aver pubblicato foto di sé senza l’abaya (un abito tradizionale femminile) e contenuti critici nei confronti del repressivo sistema del tutore maschile”. (Amnesty International Italia “L’Arabia Saudita presiederà il Forum Onu sui diritti delle donne”, 25 marzo 2024)
Una scelta grottesca
Di questa scelta indigna tutto: la designazione, le modalità, il silenzio-assenso di tanti paesi. Lo rimarca Enrico Franceschini (“I paradossi dell’Onu: all’Arabia Saudita la presidenza della commissione sull’eguaglianza fra i sessi” in “la Repubblica”, 28 marzo 2024): “L’Arabia Saudita ha ottenuto senza alcuna opposizione la presidenza della commissione dell’Onu incaricata di promuovere l’eguaglianza tra i sessi e per rafforzare i diritti delle donne nel mondo, nonostante le sue leggi fortemente discriminanti in materia, le violazioni dei diritti umani e la repressione nei confronti del genere femminile”.
“Senza alcuna opposizione”. Da restare di stucco.
Commenta Alice Dominese: (…) L’Arabia Saudita è stata scelta per promuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile a livello globale per i prossimi due anni.
L’ambasciatore saudita presso le Nazioni Unite, Abdulaziz Alwasil, è stato eletto presidente della Commissione sullo status delle donne (Csw) per “acclamazione”. Nei confronti di questa nomina infatti non è stato espresso alcun parere contrario e nessun altro Stato si è candidato per lo stesso ruolo. (…) Nello Stato è ancora in vigore il “sistema del guardiano” che impone alle donne di dipendere da un tutore maschile con la funzione di “protettore”. (…) Limitare gli spostamenti è una delle pratiche più utilizzate dall’Arabia Saudita nei confronti delle dissidenti, così come la tortura e l’incarcerazione preventiva. (…) La legge “sullo status personale” della donna saudita entrata in vigore nel 2022 prevede che la moglie debba obbedire al marito in “maniera ragionevole”. La mancanza di questa obbedienza, così come il rifiuto di avere rapporti sessuali con lui, di vivere nella casa coniugale o di viaggiare insieme a lui senza una “scusa legittima” possono giustificare la revoca del sostegno finanziario del marito nei confronti della moglie, come previsto dalla legge. (…) Anche per questo, per Louis Charbonneau, direttore delle Nazioni Unite presso Human Rights Watch, «l’elezione dell’Arabia Saudita a presidente della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne mostra uno scioccante disprezzo per i diritti delle donne ovunque». (Alice Dominese “L’Arabia saudita guiderà la commissione Onu per i diritti delle donne” in “La Svolta”, 29 marzo 2024)
Ancora più esplicito il titolo dell’articolo di Roberta Miraglia sul “Sole 24 Ore” del 28 marzo 2024 (“L’Onu non può affidare all’Arabia Saudita la promozione dei diritti delle donne”):
“(…) La storia di Salma e quella altrettanto dolorosa dei diritti delle donne (per tacere della repressione feroce del dissenso) nel regno di Mohammed bin Salman non hanno impedito mercoledì ai 45 membri della Commissione Onu sullo status delle donne (Csw) di nominare presidente l’ambasciatore saudita alle nazioni Unite, Abdulaziz Alwasil, nel corso della 68^ sessione annuale. Per acclamazione, perché a fronte della candidatura unica dell’Arabia Saudita, il presidente uscente filippino ha chiesto se ci fossero obiezioni. E nella sala è calato il silenzio. (…) Se il desiderio di accreditamento nonostante i fatti da parte dell’Arabia Saudita risulta evidente, incomprensibile è invece il silenzio degli altri Stati. Tra i 43 Paesi della Commissione (un posto è vacante) ce ne sono sei dell’Unione europea: Repubblica Ceca, Lettonia, Austria, Olanda, Portogallo e Spagna. Ma ci sono anche Svizzera, Corea e Giappone. Non avevano alcuna obiezione? La presidenza influenza agenda e cammino di questo organismo Onu.
Quel silenzio forse segnala la rassegnazione ai rituali di consessi che producono documenti ma non riescono a incidere sulle reali condizioni di vita lasciate alla volontà dei singoli Stati; probabilmente il blocco che appoggiava i sauditi (Paesi dell’Asia-Pacifico) avrebbe prevalso in un eventuale voto. Oppure, più benevolmente, si fa strada l’idea che la pressione degli altri Stati possa diventare motore di cambiamento anche a Riad? In tale caso, l’Arabia Saudita dimostri che merita quel posto liberando tutte le attiviste dei diritti delle donne. I colleghi che hanno taciuto lo chiedano ogni giorno all’ambasciatore Abdulaziz Alwasil”.
Il fascino dei regimi autocratici nel mondo del nostro tempo
Forse sono presenti tutti questi motivi nel tentativo di spiegare gli esiti del voto e la – chiamiamola così – “distrazione” delle delegazioni di tanti altri paesi nel consesso del Palazzo di Vetro. Forse – diciamolo senza troppe perifrasi – ha vinto ancora una volta la benevolenza con la quale, in nome di montagne di denaro e affari, quasi tutti i paesi del mondo, sia del “Sud globale” ma anche dell’emisfero settentrionale, si dimostrano indulgenti nei riguardi dell’Arabia Saudita. L’opulenta monarchia di Riad si compra tutti e compra tutto: cariche elettive, grandi esposizioni, grandi manifestazioni sportive nelle città saudite. Fondato l’auspicio della Miraglia (“si fa strada l’idea che la pressione degli altri Stati possa diventare motore di cambiamento anche a Riad?”) ma calarsi le braghe fino a questa farsa di voto di votazione “per acclamazione” da parte di diversi paesi democratici e occidentali, lasciatecelo sottolineare, sa tanto di ulteriore umiliazione per le donne di tutto il mondo.
Osserva Simona Sirianni su “Io Donna”, periodico del “Corriere della Sera”: “(…) Una scelta alquanto «paradossale» per tutti coloro che non possono fare a meno di ricordare che in questo Paese, nonostante i grandi passi avanti fatti negli ultimi anni, una donna deve chiedere il permesso a un uomo per fare molte cose. (…)
A quanto pare però, la violazione quotidiana dei diritti delle donne, così come la repressione del dissenso messi in atto nel Paese, non sono sembrati un buon motivo per i 45 membri della Commissione Onu per impedire questa assurdità. Il principe saudita ereditario Mohammed bin Salman, non la vede allo stesso modo. Sostiene, infatti, che da quando è stato nominato ha lanciato diverse iniziative per promuovere l’uguaglianza di genere nel regno.
Ha revocato il divieto alle donne di guidare e di partecipare a un concerto dove ci siano anche uomini. Poi, ha abrogato l’obbligo per le donne di viaggiare accompagnate da un uomo e di chiedere il permesso di farlo ai parenti maschi. E, adesso, per la prima volta il Regno parteciperà al concorso di Miss Universo. A rappresentare il Paese mediorientale Rumy al-Qahtani, modella saudita di 27 anni e influencer dei social media”. (Silvia Sirianni “La Commissione Onu sui diritti delle donne sarà in mano all’Arabia Saudita” in “Io Donna”, 29 marzo 2024).
Niente po’ po’ di meno che. Se basta partecipare al concorso di Miss Universo per avere titolo a presiedere una assise mondiale sui diritti delle donne, malgrado si rappresenti uno stato nel quale i diritti delle donne sono ancora a carissimo amico, è evidente che siamo al grottesco.
La scelta sulla presidenza biennale della Csw delle Nazioni Unite fa il paio con una non meno scriteriata decisione assunta in ambito Onu quattro mesi prima. Lo scorso mese di novembre, infatti, - come ci ricorda la stessa Sirianni - presiedere il Forum Sociale 2023 del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, l’Unhrc, “toccò ad Ali Bahreini, rappresentante iraniano alle Nazioni Unite. Una grave offesa del Palazzo di Vetro, l’hanno definita i gruppi per i diritti umani, ma non solo, nei confronti di tutti e tutte coloro che ogni giorno rischiano di perdere la vita per ottenere quelli che sono i diritti minimi per vivere”.
Anche allora sacrosante rimostranze. “Come affidare le pecore ai lupi” commenterebbero in casi del genere con il loro buon senso i nostri contadini. Affidare la presidenza di consessi sui diritti umani ai rappresentanti del governo iraniano e sui diritti delle donne ai rappresentanti del governo saudita testimonia lo scadimento delle Nazioni Unite. Conferma con chiara evidenza di come nei circoli internazionali le “democrazie” siano in ritirata. Mentre le cosiddette “autocrazie” – dalla Cina alla Russia, dall’Iran all’Arabia Saudita, dalla Bielorussia all’Ungheria, a quasi tutti gli stati arabi, africani e asiatici (India esclusa, in quanto democrazia) – al contrario suscitano crescenti consensi e simpatie. Più restringi le libertà, più sopprimi i diritti dei tuoi cittadini, più adotti il pugno di ferro e più diventi un modello vincente. Tanti altri stati del “Sud globale” in nome di un antioccidentalismo mai finito, ultimamente peraltro in forte ripresa, ti guardano, ti ammirano, ti appoggiano, ti votano. Da non crederci ma è così.
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