Non è vero che la mafia crea lavoro, anzi lo fa morire

Economia | 23 novembre 2019
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La criminalità organizzata è il maggiore ostacolo allo sviluppo economico. Riduce del 15-20 per cento il PIL pro-capite e determina un più alto livello di disoccupazione. Non a un caso, le cinque regioni italiane a tradizionale presenza mafiosa sono le più povere del nostro Paese, soprattutto Sicilia, Campania e Calabria. È attraverso uno studio condotto in Puglia e Basilicata, regioni rientranti tra quelle a più alta densità mafiosa e con una minore crescita economica, che il Prof. Paolo Pinotti, docente della nuova cattedra di Analisi economica della criminalità istituita all’Università Bocconi di Milano, è giunto ad elaborare questi dati. Dati che corroborano l’ipotesi alla base della ricerca, ossia che la criminalità organizzata influenza l’economia a causa della sempre più diffusa corruzione e dei sempre maggiori finanziamenti privati rispetto a quelli pubblici.
Lo studio è stato realizzato in Puglia e in Basilicata poiché si tratta di aree dove il crimine organizzato si è sviluppato in tempi più recenti - a partire dagli anni Settanta - rispetto ai territori delle mafie storiche. Dunque, è stato più facile operare un confronto tra il periodo antecedente e quello successivo alla presenza delle organizzazioni criminali di tipo mafioso. Se fino agli anni ‘70, secondo i dati raccolti, la Puglia risultava essere una regione assimilabile a quelle del centro-nord, sia in termini di una positiva crescita economica sia di un ridotto tasso di criminalità, con l’arrivo di camorristi, ‘ndranghetisti e con l’emergere della Sacra Corona Unita, il quadro economico della regione comincia a cambiare. “E da allora la loro crescita economica è calata - spiega Pinotti. L’arrivo della criminalità organizzata nelle regioni pugliese e lucana, che prima rappresentavano un esempio virtuoso nel Mediterraneo, è stata favorita da alcuni fenomeni casuali, come i fondi stanziati per il terremoto dell’Irpinia, e altri indotti come lo spostamento del traffico delle sigarette di contrabbando dal Tirreno all’Adriatico e l’arrivo di criminali di stampo mafioso e camorristico mandati in soggiorno obbligato”. La misura del soggiorno obbligato, infatti, che nelle intenzioni del legislatore mirava a spezzare i legami dei mafiosi con il territorio e il gruppo criminale di appartenenza, ha invece finito per facilitare l’espansione del crimine organizzato nelle aree di destinazione dei soggiornanti obbligati. Così corruzione e intimidazione, metodi entrambi adottati dalle organizzazioni mafiose, si sono sempre più diffusi. A tal proposito, lo studio non tralascia di ricordare il “ciclo della violenza elettorale”, ossia il ricorso strategico alla violenza che vede aumentare le intimidazioni ai politici in prossimità delle elezioni, soprattutto quando l’esito elettorale è tanto più incerto. L’esempio più noto nella storia è la strage di Portella della Ginestra. In riferimento alla corruzione, invece, il docente della Bocconi ritiene che l’autorità anticorruzione “è molto utile per monitorare il fenomeno e dare direttive, ma non può essere la soluzione, che deve partire dal basso con la cooperazione di tutti gli attori della società”.
L'analisi del meccanismo degli incanti pubblici, che garantisce un maggiore potere discrezionale ai politici e agli amministratori locali, mostra i diversi effetti delle procedure di aggiudicazione degli appalti in relazione alla presenza mafiosa nel territorio. Laddove, infatti, il territorio è scevro da condizionamenti mafiosi, assicura la possibilità di abbreviare i tempi di affidamento degli appalti. Al contrario, nelle zone con un’alta presenza criminale, questo sistema aumenta il rischio di infiltrazione mafiosa nelle amministrazioni pubbliche.
Infine, a chi ritiene che la criminalità organizzata produca comunque un’economia, sommersa e in nero, ma che andrebbe considerata in una visione globale di ricchezza regionale, il Prof. Pinotti replica che “i vari parametri, tra i quali anche i consumi di energia elettrica, sono indipendenti dal tipo di economia, legale o sommersa. Ebbene, anche questi sono diminuiti di una percentuale paragonabile al calo del Pil pro capite”.
Lo studio è stato presentato in occasione dell’inaugurazione della nuova cattedra di Analisi economica della criminalità, guidata dal prof. Pinotti e istituita all'Università Bocconi di Milano grazie al finanziamento di un filantropo che intende restare anonimo.

 di Alida Federico

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