Non è vero che la mafia crea lavoro, anzi lo fa morire
La criminalità organizzata è il
maggiore ostacolo allo sviluppo economico. Riduce del 15-20 per cento
il PIL pro-capite e determina un più alto livello di disoccupazione.
Non a un caso, le cinque regioni italiane a tradizionale presenza
mafiosa sono le più povere del nostro Paese, soprattutto Sicilia,
Campania e Calabria. È attraverso uno studio condotto in Puglia e
Basilicata, regioni rientranti tra quelle a più alta densità
mafiosa e con una minore crescita economica, che il Prof. Paolo
Pinotti, docente della nuova cattedra di Analisi economica della
criminalità istituita all’Università Bocconi di Milano, è giunto
ad elaborare questi dati. Dati che corroborano l’ipotesi alla base
della ricerca, ossia che la criminalità organizzata influenza
l’economia a causa della sempre più diffusa corruzione e dei
sempre maggiori finanziamenti privati rispetto a quelli pubblici.
Lo
studio è stato realizzato in Puglia e in Basilicata poiché si
tratta di aree dove il crimine organizzato si è sviluppato in tempi
più recenti - a partire dagli anni Settanta - rispetto ai territori
delle mafie storiche. Dunque, è stato più facile operare un
confronto tra il periodo antecedente e quello successivo alla
presenza delle organizzazioni criminali di tipo mafioso. Se fino agli
anni ‘70, secondo i dati raccolti, la Puglia risultava essere una
regione assimilabile a quelle del centro-nord, sia in termini di una
positiva crescita economica sia di un ridotto tasso di criminalità,
con l’arrivo di camorristi, ‘ndranghetisti e con l’emergere
della Sacra Corona Unita, il quadro economico della regione comincia
a cambiare. “E da allora la loro crescita economica è calata -
spiega Pinotti. L’arrivo della criminalità organizzata nelle
regioni pugliese e lucana, che prima rappresentavano un esempio
virtuoso nel Mediterraneo, è stata favorita da alcuni fenomeni
casuali, come i fondi stanziati per il terremoto dell’Irpinia, e
altri indotti come lo spostamento del traffico delle sigarette di
contrabbando dal Tirreno all’Adriatico e l’arrivo di criminali di
stampo mafioso e camorristico mandati in soggiorno obbligato”. La
misura del soggiorno obbligato, infatti, che nelle intenzioni del
legislatore mirava a spezzare i legami dei mafiosi con il territorio
e il gruppo criminale di appartenenza, ha invece finito per
facilitare l’espansione del crimine organizzato nelle aree di
destinazione dei soggiornanti obbligati. Così corruzione e
intimidazione, metodi entrambi adottati dalle organizzazioni mafiose,
si sono sempre più diffusi. A tal proposito, lo studio non tralascia
di ricordare il “ciclo della violenza elettorale”, ossia il
ricorso strategico alla violenza che vede aumentare le intimidazioni
ai politici in prossimità delle elezioni, soprattutto quando l’esito
elettorale è tanto più incerto. L’esempio più noto nella storia
è la strage di Portella della Ginestra. In riferimento alla
corruzione, invece, il docente della Bocconi ritiene che l’autorità
anticorruzione “è molto utile per monitorare il fenomeno e dare
direttive, ma non può essere la soluzione, che deve partire dal
basso con la cooperazione di tutti gli attori della società”.
L'analisi del meccanismo degli incanti pubblici, che garantisce
un maggiore potere discrezionale ai politici e agli amministratori
locali, mostra i diversi effetti delle procedure di aggiudicazione
degli appalti in relazione alla presenza mafiosa nel territorio.
Laddove, infatti, il territorio è scevro da condizionamenti mafiosi,
assicura la possibilità di abbreviare i tempi di affidamento degli
appalti. Al contrario, nelle zone con un’alta presenza criminale,
questo sistema aumenta il rischio di infiltrazione mafiosa nelle
amministrazioni pubbliche.
Infine, a chi ritiene che la
criminalità organizzata produca comunque un’economia, sommersa e
in nero, ma che andrebbe considerata in una visione globale di
ricchezza regionale, il Prof. Pinotti replica che “i vari
parametri, tra i quali anche i consumi di energia elettrica, sono
indipendenti dal tipo di economia, legale o sommersa. Ebbene, anche
questi sono diminuiti di una percentuale paragonabile al calo del Pil
pro capite”.
Lo studio è stato presentato in occasione
dell’inaugurazione della nuova cattedra di Analisi economica della
criminalità, guidata dal prof. Pinotti e istituita all'Università
Bocconi di Milano grazie al finanziamento di un filantropo che
intende restare anonimo.
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