Migliora la libertà di stampa in Italia ma non troppo

Società | 9 maggio 2023
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Un balzo in avanti di ben diciassette posizioni, dal 58esimo al 41esimo posto, per l’Italia nella classifica 2023 sulla libertà di stampa redatta da Reporter senza Frontiere su 180 Paesi. Il Bel Paese sorpassa gli Stati Uniti che sono alla 45esima postazione (giù di tre posizioni). Lo scettro rimane, per il settimo anno consecutivo, alla Norvegia, che condivide il podio con l’Irlanda (secondo posto) e la Danimarca (terzo). Mentre chiudono la classifica tre paesi asiatici: Vietnam (178esima posizione), Cina (179esima) e Corea del Nord (180esima). Continua la discesa della Russia (164esima posizione)- soprattutto in seguito all’invasione dell’Ucraina – dal momento che accanto alla stampa asservita al Cremlino vi è quella di opposizione costretta all’esilio.

Lo stato di salute dell’informazione nel mondo desta serie preoccupazioni secondo quanto indicato dall’Ong francese, dal momento che il numero dei Paesi considerati in una “situazione molto grave” è passato dai 21 di due anni fa ai 31 di oggi. Come dichiarato dal segretario generale di RsF, Christophe Deloire, “Il World Press Freedom Index mostra un'enorme volatilità nelle situazioni, con forti rialzi e ribassi e cambiamenti senza precedenti, come l'aumento di 18 posizioni del Brasile e il calo di 31 posizioni del Senegal. Questa instabilità è il risultato di una maggiore aggressività da parte delle autorità in molti paesi e di una crescente animosità nei confronti dei giornalisti sui social media e nel mondo fisico. La volatilità è anche la conseguenza della crescita dell'industria dei contenuti falsi, che produce e distribuisce disinformazione e fornisce gli strumenti per produrla”.

È il Medio Oriente la regione più insidiosa del mondo per i giornalisti, mentre quella dell’Asia-Pacifico perde posizioni a causa dei regimi nemici dell’informazione, come nel caso del Myanmar (173esimo) e dell’Afghanistan (152esimo). Tra i Paesi in caduta libera vi sono il Senegal (che perde trentuno posizioni, dalla 73esima alla 104esima) e la Tunisia (dalla 94esima posizione alla 121esima). Il primo dei due paesi africani menzionati ha tradizionalmente garantito ai media un ambiente favorevole, ma l’aumento delle minacce verbali, fisiche e giudiziarie contro gli operatori dell’informazione ha indebolito questa posizione di garanzia. In Tunisia, invece, l’autoritarismo da parte del presidente Kais Saied, al potere dal luglio 2021, ha rappresentato una grave battuta d'arresto per la libertà di stampa. Anche in Turchia e in India la libertà di stampa incontra non pochi ostacoli. Il paese guidato da Erdogan perde sedici posizioni (dalla 149esima alla 165esima) per l’ostilità mostrata verso i giornalisti, soprattutto in vista delle elezioni del prossimo 14 maggio. Non è un caso che la Turchia è la “democrazia” che arresta più giornalisti. L’India ha registrato un calo di undici posizioni a causa dell’acquisizione dei media da parte di oligarchi vicini al Primo ministro Narendra Modi. In America Latina, è il Perù (110°) ad aver perso diverse posizioni - ben 33 - dal momento che i giornalisti pagano la persistente instabilità politica e vengono attaccati e denigrati a causa della loro vicinanza a politici di spicco.

Tra i Paesi che hanno visto avanzare la propria posizione nella classifica vi è il Brasile che ha guadagnato 18 posizioni (92esima) in seguito alla fine del mandato di Bolsonaro, la cui presidenza è stata caratterizzata da una estrema ostilità verso i giornalisti, e all’arrivo al potere di Lula da Silva. Sempre grazie ai cambiamenti avvenuti alla guida dei governi, Australia (+ 12 posizioni, 27esima) e Malaysia (+40 posizioni, 73esima) hanno ottenuto un avanzamento altrettanto positivo nella classifica di RsF.
I dati dell’Indice mondiale della libertà di stampa sono stati pubblicati in occasione della giornata internazionale della libertà di stampa, che si celebra il 3 maggio.
 di Alida Federico

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