La mafia a Racalmuto, quella guerra tra «stiddari» e «code piatte»

Cultura | 3 aprile 2016
Condividi su WhatsApp Twitter

Si esce intristiti dalla bella inchiesta di Gaetano Savatteri, I ragazzi di Regalpetra: un vortice di sanguinolenti scartafacci giudiziari.Come sono lontane le «parrocchie di Regalpetra» cui Leonardo Sciascia dedicò la sua opera d' esordio, nel '56! Certo, lo scrittore siciliano non incensava affatto quel microcosmo di salinari, zolfatari, contadini, sarti, maestri elementari, baroni e persino mafiosi, però ne dava una rappresentazione quasi picaresca, mentre qui domina un clima cupo e disperato, senza riscatto.Regalpetra, va da sé, non esiste. Esiste Racalmuto, «un paese che nella mia immaginazione confina con Regalpetra», diceva Sciascia. Anche Savatteri (classe 1964) è cresciuto a Racalmuto. Poi l' ha abbandonato, nel settembre '91, a favore di Roma, dove coronerà il proprio sogno di diventare giornalista. Però Racalmuto continua a occupare un anfratto indelebile della sua memoria.Questo libro è in primo luogo un corpo a corpo con Sciascia, ingombrante concittadino. «Malgrado tutto», si chiamava il giornale locale fondato da Savatteri nel 1980 insieme ad alcuni coetanei. Una testata che già dal nome esprimeva «una visione delle cose illuministica, diderotiana»: il pessimismo della ragione e l' ottimismo della volontà.Sciascia apprezzò l' intraprendenza dei virgulti, tanto da collaborare al loro «periodico cittadino di commento e cultura». Nel corso degli anni, saranno reclutati anche Gesualdo Bufalino, Andrea Camilleri, Vincenzo Consolo.Ma il cuore del volume, purtroppo, non riguarda l' educazione sentimentale dell' autore, vissuta in una terra densa di echi letterari. È invece monopolizzato dalla «meglio gioventù» mafiosa di Racalmuto, protagonista nel 1990-92 di una stagione efferata, costellata da una ventina di omicidi. Come se la scomparsa di Sciascia (nell' autunno 1989, dopo quasi tre anni d' infuocate polemiche sui «professionisti dell' antimafia») avesse rotto gli argini che sino a quel momento avevano preservato quelle polverose contrade. Le cronache dei primi anni Novanta cominceranno infatti a registrare stragi, ferimenti e lupare bianche, frutto dell' implacabile faida tra «stiddari» e «code piatte». Un salto di qualità, rispetto alla «mafia più di atteggiamenti che di fatti», tratteggiata nelle Parrocchie di Regalpetra.Chi erano questi nuovi mafiosi rampanti? Erano i coetanei di Savatteri. Sognavano di far carriera nella nomenclatura di Cosa Nostra, ma quasi tutti vedranno naufragare miseramente i propri sogni di gloria. Oggi alcuni di loro vivono sepolti dagli ergastoli, altri si sono pentiti e conducono l' esistenza semiclandestina dei «collaboratori di giustizia». Intervistarli in carcere o nei "rifugi" messi a disposizione dal ministero degli Interni, come ha fatto Savatteri, significa riannodare i fili di un passato comune: non senza turbamento.E qui giungiamo al lato più inquietante del libro: il dilemma della scelta. Non era così scontato, a vent' anni, schierarsi per la legalità piuttosto che per la mafia. Parafrasando quanto scrisse Italo Calvino sulla guerra civile italiana, potremmo dire che era stato spesso il caso a decidere se si dovesse combattere dalla parte dello Stato oppure in forza ai picciotti. Ecco dunque la Sicilia assurgere a metafora della «zona grigia»: l' ambigua terra di nessuno che spunta fra la trincea del bene e quella del male. Un regno dell' ombra esistito in ogni epoca, ma solo di recente scandagliato dagli storici in tutte le sue sfumature, sulla scia di un' intuizione di Primo Levi contenuta ne I sommersi e i salvati.I ragazzi di Regalpetra uscì per la prima volta nel 2009, destando qualche sussulto. Questa nuova edizione aggiornata contempla un epilogo sconsolante: lo scioglimento, per infiltrazioni mafiose, del consiglio comunale del paese, disposto dal governo il 23 marzo 2012. L' indomani, osservò il giornalista siciliano Francesco Merlo, la statua di Sciascia, «eretta come un monumento antimafia», s' era trasfigurata nel «monumento dell' uomo smarrito». (Il Sole 24 ore)
 di Raffaele Liucci

Ultimi articoli

« Articoli precedenti