La gatta sapiente di Enrico Guarneri

13 gennaio 2015
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Continua con grande successo la rassegna teatrale "Eugenio Cammarata" 2014/2015.

L’ultima fatica, “Gatta ci cova”, portata in scena a Canicattì il 12 dicembre scorso dalla Compagnia Enrico Guarneri  è stata replicata a Roma la scorsa settimana. La commedia, la cui regia è curata da Antonello Capodici, vede come maggiore interprete l’attore Enrico Guarneri oltre a Vincenzo Volo, Rossana Bonafede, Ileana Rigano, Rosario Marco Amato, Nadia De Luca, Mario Sapienza, Pietro Barbaro, Gianni Fontanarossa, Ciccio Abela, Amalia Contarini come altri componenti del cast. Le scene sono di Salvo Manciagli, i costumi di Lina Ragonese e Riccardo Cappello.

Quanto mai attuale l’intreccio della trama: il ricco, ma sempliciotto, proprietario terriero patron Isidoro è preso di mira dalla sua abile e furba sorellastra ‘Ntonia la quale, abilmente consigliata da astuti legali, riesce a carpirgli la donazione di tutte le sue proprietà, in cambio di una vana quanto generica promessa di “possesso in vita”. Quando Isidoro si accorge del tranello in cui è caduto, cerca di rendere nullo l'atto che ha sottoscritto invocando l'art. 1083 del Codice Civile: adozione o legittimazione di un figlio.
Nella sua fattoria vi è infatti una ragazza, Vanna, figlia della “massara” ‘gna Mena, incinta del fidanzato, nel frattempo morto. Il padrone è deciso a sposarla e a riconoscerne il figlio. La lite è sospesa fino al giorno decisivo della nascita del bimbo. Purtroppo il bambino nasce morto e il povero proprietario, ormai sconfitto, abbandona immediatamente le sue terre. Ma qualcuno lo raggiunge per richiamarlo indietro, annunciandogli la vittoria. La ragazza ha dato alla luce un secondo bambino, un gemello vivo e vitale.
Il brav’uomo la sposa, ne legittima il figlio rientrando, così, nell'incontrastato possesso della sua proprietà. Una commedia tutta da vedere e da assaporare data l’indiscussa bravura del cast.
Incontro Guarneri prima dello spettacolo, ci si accomoda nel parterre del teatro, sul cui palco, silenziosa, ci fa da testimone una bellissima e curata coreografia. Decido inconsapevolmente di fargli da spalla ed esordisco con una battuta.

Per rompere il ghiaccio cominciamo con una domanda che sicuramente nessuno le avrà mai fatto…

Come nasce Litterio…

No, quando e come ha avuto inizio la sua carriera?

Ah beh, sì, anche questa…Casualità…Leggevo poco, anche di teatro, finchè un giorno, era il 1976, un amico incontrandomi per strada mi disse che stava mettendo su una compagnia teatrale e mi chiese se ne volevo entrare a far parte. Io dissi di sì, e da lì cominciò tutto. Prima ebbi delle piccole particine. La prima cosa che feci fu l’Eredità dello zio canonico, dove recitavo nella parte di Turi Nasca.

A cosa  e a chi deve la sua affermazione artistica?

Credo di non dover dire grazie a nessuno perché mi sono fatto da me. Vengo dal teatro amatoriale non da quello accademico. Ultimamente c’è stato l’impegno da parte di nuovi giovani produttori, molto in gamba, Auteri e Fraello, che hanno intrapreso la sfida di portare queste commedie a spasso per lo Stivale. Sono ragazzi svegli e capaci ed hanno capito i meccanismi, infatti siamo a Roma, da 5 anni, a Torino, Trieste, Napoli.

Qual’è l’autore che maggiormente sente a lei congeniale?

Io sono un sicilianista convinto, malato. Ho fatto Mastro Don Gesualdo e mi sono trovato vicinissimo a quello che era il carattere di Gesualdo Motta, ho fatto qualche Pirandello, sento miei tutti gli autori siciliani perché hanno portato in scena problematiche e vicende scaturite dall’aver scavato dentro l’animo umano, ed io mi sento l’incarnazione vivente dei pregi e dei difetti dei siciliani e poi, chiaramente, Eduardo (De Filippo).

Qual è il genere teatrale che sente più suo?

Sono 30 e passa anni che faccio ridere e quindi nasco come un attore comico, anche se adesso con l’età matura ho voglia di provare qualcosa di nuovo, il filone drammatico, patetico. E quando scopri queste voglie, rinasce in te la passione per lo studio che già avevi avuto. Riparte, o meglio, si completa una fase di studio, perché questo è ciò che deve fare un attore, deve ascoltarsi. Tutto nasce come una scommessa, la prima è stata con “Tutto per bene” di Pirandello, dove non c’era neanche una risata. Quest’opera nasce col titolo “Chi nguanti gialli”, Pirandello dava spesso titoli siciliani alle sue opere che poi trasformava in italiano e anche in questa (Gatta ci cova) c’è una lettura diversa di Don Isidoro, inedita.

Quanto è impregnato l’attore Guarneri di sicilianità?

Tutto…Ho cercato di fare una capatina nella commedia leggera, autori inglesi tradotti in italiano ad esempio, (Taxi a due piazze) tutti mi dicevano che era la mia strada, tornavo alla tradizione e mi applaudivano ma alla fine, sai come si dice, piglia i consigli di tutti ma i tuoi non li lasciare mai, e allora ho sentito che la mia via era quella di portare in giro per l’intera  Italia e, spero, anche in Europa, la grande drammaturgia siciliana. Mastro Don Gesualdo è per me un’opera che merita l’attenzione di tutta l’Europa. La nostra cultura letteraria è così vasta che credo sia un serbatoio inesauribile e penso sia uno spreco di tempo fare la commedia inglese tradotta in italiano.

Sono commedie divertenti ma non sono proprie della nostra cultura.

Litterio è un personaggio del popolino, semplice, a volte disarmante, ma ricco di saggezza popolare. si è ispirato a qualcuno in particolare?

No, non mi sono ispirato a nessuno. Ho preso spunto per il linguaggio da un mio vecchio amico di Randazzo che parlava così e che trovavo buffo, il suo è un gergo che può essere facilmente italianizzato. E’ il gioco più vecchio…lo scoprire l’acqua calda. Ecco Giufà per i napoletani, Pappagone, insomma il tontolone, colui che rappresenta la frase “contadino scarpe grosse e cervello fino”. Litterio non ha sempre cervello fino ma alla fine la saggezza prevale. E comunque io non amo le sovrastrutture ma la semplicità.     

Ad una considerazione superficiale l’attore comico potrebbe essere visto come un giocherellone che pensa solo a strappare una risata al prossimo. Di fatto sono convinta che dietro un comico, o meglio, dentro un comico, c’è un cervello fine e un enorme spirito di osservazione; lei conferma?

Confermo ma faccio una piccola modifica a ciò che hai detto. Ci sono attori comici e grandi attori comici. L’attore comico suscita ilarità, un grande attore comico è, oltre a tutto il resto che hai detto anche un grande attore drammatico (vedasi Totò, Chaplin). Alla base ha grande sensibilità anche se la fisionomia è molto importante, per esempio, uno come Macario, col suo viso buffo, non avrebbe mai potuto fare una parte drammatica.

Quanto difficile è spogliarsi delle problematiche personali prima e durante uno spettacolo teatrale?

Se è una situazione di cui ci si può spogliare lo si fa altrimenti se non ci si può liberare della problematica conviene non salire sul palco per un po’ di tempo. Lo dico per esperienza diretta. Ma di fronte al vile denaro e ai bisogni è necessario rimboccarsi le maniche. Ho fatto spettacoli con attori a cui era morto il padre alle 10 del mattino e alle 17 erano in scena. Piangevano ma sono stati presenti e hanno onorato lo spettacolo. Sono i casi della vita… è normale che un figlio perda un genitore non lo è il contrario. Non è un caso che non sia mai stato coniato un termine appropriato per definire una persona che perde un figlio. Io resto allibito per questi fatti di cronaca. Una madre come fa ad uccidere il proprio figlio? I greci sottolineavano il fatto che una madre che uccide la propria creatura se non è pazza è perché vuole, non uccidere se stessa ma oltre, vuole andare oltre, perché se si uccide soffre solo quell’attimo mentre se uccide la sua creatura lo fa perchè vuole continuare a punirsi per tutta la vita, vuole soffrire giorno dopo giorno.

Cosa riesce ad emozionarla?

I grandi sentimenti, quelli profondi.

Cosa riesce a far ridere un comico, ovvero, cosa riesce a farla ridere?

Mi fa ridere la comicità involontaria, gli strafalcioni di grammatica. E poi i grandissimi maestri della comicità.

Qual è il personaggio (reale e di fantasia) che trova irresistibilmente esilarante?

Troisi, per esempio, ma se ne è andato troppo presto. C’è stato un periodo in cui mi faceva ridere Benigni. Certamente Chaplin (a livello mondiale) e Totò a livello nazionale.

Qual’è il suo mito?

Il mio mito è quell’attore che riesce a farti venire i brividi in un momento di alta tensione e di farti scompisciare dalle risate in momenti di grande comicità. Un esempio di mito è Eduardo, sì, lui può entrare in questa classifica esempio ne è il personaggio di  Ferdinando Quagliuolo in “Non ti pago”.

In Insieme, Salvo La Rosa le fa spessissimo da spalla. Potendo scegliere nel parterre del mondo dello spettacolo, attuale e passato, chi designerebbe come sua spalla ideale?

Le spalle per eccellenza sono state Campanini e Agus, come dimenticare l’onorevole Trombetta?

Ha mai pensato di mandare in pensione Litterio e di sostituirlo con una nuova figura?

Ho pensato di mandare in pensione Litterio ma sostituirlo giammai. Spero anzi che diventi una maschera.

Nella vita di tutti i giorni com’è Enrico Guarneri?

Un po’ cialtrone. Ho 6/7 commedie in testa, però a casa non ci sono, sono un ectoplasma. Ho lasciato la mia famiglia senza la spesa più volte perché ho proprio dimenticato di andarla a comprare.

Cosa fa nel tempo libero?

Leggo e una volta giocavo al pallone, ora le ginocchia non reggono.

Quale testo teatrale che non ha ancora interpretato desidererebbe portare sul palcoscenico?

Per un caso strano sono innamorato di un testo americano, “Morte di un commesso viaggiatore”. Poi mi piace parecchio del teatro di Eduardo, vorrei portare in scena il Berretto a sonagli di Pirandello, di Brancati La Governante, ma sono pezzi troppo “battagliati” perché non c’è un anno in cui un attore non porti in scena il Berretto a sonagli.

Se potesse esprimere un desiderio cosa chiederebbe?

Di divenire l’ambasciatore della drammaturgia e della letteratura siciliana, in Italia, in Europa e, perché no, nel mondo.

Attraverso la scuola di teatro lei cerca di trasmettere il suo bagaglio artistico alle nuove generazioni. Quanto pensa che possa essere un valore aggiunto in questa professione il fatto di essere siciliani e quanto e se, invece, questa cosa possa nascondere delle difficoltà per la carriera?

Per quello che ho deciso di fare io (il teatro siciliano) è solo un vantaggio. Ho visto alcune edizioni di Liolà curata da capiscuola come Proietti, per esempio, ma dai risultati è chiaro non è proprio il loro ambito.

La crisi economica e la sempre crescente riduzione dei finanziamenti stanno portando diversi teatri al commissariamento o alla chiusura. Lei che vive questa realtà ha una possibile “ricetta” per scongiurare l’agonia della cultura?

Il discorso è complicatissimo e si dovrebbe fare una intervista solo su questo argomento. I famosi teatri di cui parli, che hanno avuto i soldi, in realtà hanno “papariatu”, hanno scialacquato, hanno costruito e creato milionari. I soldi erano acqua di fiume perché erano per tutti i soldi di nessuno. Non solo, hanno creato il binomio che sembra inscindibile cultura = noia. Erano emorragie, il pubblico scappava. Il teatro nasce con il normale progetto “io salgo sul palco se piaccio, se emoziono, la gente paga il biglietto e si siede. L’attore mangia se il pubblico ha pagato il biglietto, questo è l’iter normale, l’aberrazione è “io salgo sul palco, recito, non c’è nessuno, non ha importanza perché, comunque sia, arriveranno i milioni di euro dal ministero, dalla regione. Questo processo è aberrazione, non è normale.

Ci approssimiamo al Natale, cosa desidererebbe trovare Enrico Guarneri sotto l’albero e cosa vorrebbe invece regalare?

Vorrei regalare serenità a tanta gente e vorrei ricevere il regalo di sapere che è “scoppiata la pace” in tutto il pianeta.

Ha un sogno nel cassetto che non dispera di realizzare?

Quello di diventare ambasciatore della cultura siciliana.

Ha mai pensato di cimentarsi nella scrittura di un libro, magari con Litterio come protagonista?

No, non ce la farei. Non ho la pazienza.

Ha mai pensato di fare del cinema?

Come no, il grande cinema d’autore. Ma il cinema è una casta. Lì non entri se non vai per esempio a Zelig.

Quali sono i suoi prossimi impegni professionali?

Teatro e soprattutto studio per una giusta scelta di copione. Non si deve sbagliare il repertorio perché se un’opera non è per te è una sciagura.

Adesso lascio a lei carta bianca per concludere questa intervista ma il soggetto lo scelgo io. Cosa ha da dirci il signor Litterio?

Il signor Litterio vorrebbe dire che spesso si è sentito dire frasi importanti che esulano dall’arte, che appartengono alla vita di tutti i giorni. Frasi dette da fan che suonano così: “Mio padre/mia madre è morto/a 2 mesi fa, l’ultima risata che gli ho visto fare è stata quando ha guardato lei in televisione”. Quando ti hanno detto questo, quando un figlio ti dice questo, cosa si può volere di più?

Ci auguriamo un Buon Natale con l’impegno di un prossimo incontro mentre, con passo spedito, si avvia verso i suoi allievi che lo stanno aspettando in fondo alla sala del teatro mentre tra poco meno di un paio d’ore si trasformerà in Don Isidoro.

                                                                                                  

 di Teresa Monaca

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