La conversione di Gaspare Spatuzza secondo Alessandra Dino

Cultura | 2 ottobre 2016
Condividi su WhatsApp Twitter

Un “dottor Jekyll e mister Hyde”. Un uomo in perenne conflitto tra percorso di collaborazione con la giustizia, conversione alla fede cristiana e l’essere condizionato dalle pressioni, dalle paure di poter rivelare qualcosa che possa mettere in pericolo i propri familiari; nonostante essi abbiano troncato con lui ogni tipo di rapporto dopo il suo “pentimento”. È il ritratto di Gaspare Spatuzza che emerge dal nuovo libro di Alessandra Dino, “A colloquio con Gaspare Spatuzza. Un racconto di vita, una storia di stragi” (Il Mulino, 312 pp, 20 euro) frutto di nove incontri tra la sociologa palermitana e l'ex boss di Brancaccio tenutisi tra la fine del 2012 e l’ottobre del 2013 nel carcere di una località segreta nel quale il mafioso era detenuto.

Silenzi e non detti
“Indefinitezza, sovrapposizioni, verità incomplete, silenzi e non detti – scrive l’autrice - costituiscono il tratto caratteristico della storia di Gaspare Spatuzza; sempre sospesa tra ammissioni e rapidi dietro front, tra inaspettate aperture e drastiche chiusure; sempre condensata in piccoli frammenti che alludono a un intero mai esplicitato e sul quale pesa l’enigma di una decodifica aperta a plurime possibilità”. Le dichiarazioni del boss all’interno del libro sono frutto di numerosi tagli e revisioni richiesti dallo stesso all’autrice. «Alla fine, durante l’ultimo colloquio, riesco a recuperarne alcuni. Ma rimangono fuori passaggi importanti sul rapporto tra mafia e politica. Avevano appena rigettato la sua richiesta di detenzione domiciliare. Era amareggiato e deluso. Gli sembrava di rivivere quanto già vissuto quando, a seguito delle nuove dichiarazioni su Dell’Utri  e Berlusconi, gli era stato negato il programma di protezione. Leggo la sua cautela come il desiderio di non essere stritolato dal meccanismo». Qualcosa però la lascia trapelare, a rompere il “patto” tra Cosa Nostra e lo Stato fu la mafia: “Il primo che tradisce il patto, raccontando dell’accordo, è Giovanni Brusca. Se non stiamo più ai patti (e a violare i patti è Cosa nostra) coloro che conducono la partita sono autorizzati a cambiare le regole del gioco”. “Man mano che Spatuzza procede nel suo racconto – scrive la Dino - si delineano, con maggiore chiarezza, contraddizioni e conflitti che – nonostante gli sforzi di razionalizzazione – non riescono a comporsi in un racconto dalla trama lineare, né in un sentire univoco e definito. L’impressione, per chi ascolta, è che sfugga sempre qualcosa, che ogni significato palese ne nasconda uno latente; che tutto – nonostante la veridicità del racconto (o forse proprio per la veridicità del racconto) – si colori di una perenne sfumatura di ambiguità. «In Cosa nostra sei obbligato a mentire ogni giorno della tua vita e questo non è vivere», ribadisce più volte. […] Ma intanto egli ci ha vissuto dentro per più di trent’anni, assaporando con orgoglio la sua appartenenza; non esitando a mentire per attirare all’interno delle sue trappole mortali le vittime designate, ingannate e tradite proprio nella loro fiducia. Il tutto con naturalezza e senza la minima remora, lasciandosi guidare dalla logica della fedeltà all’organizzazione e dalla dedizione ai suoi capi”.

L’ingresso in Cosa Nostra
Spatuzza ripercorre il suo cammino all’interno dell’organizzazione mafiosa da quando, poco più che bambino, cominciò a frequentare la casa dei fratelli Graviano dove con il cugino Rosario, già all’interno del mondo di Cosa Nostra, andò a lavorare come imbianchino. I Graviano mettono sotto la “propria ala” il giovane Spatuzza affidandogli il compito di “attirare con l’inganno le vittime predestinate” e puntando sulla sua voglia di vendetta verso la famiglia dei Contorno responsabile della morte del fratello Salvatore, coinvolto nel sequestro della giovane Graziella Mandalà nell’estate del 1976 e punito con la morte da un commando di uomini d’onore scesi in campo per “ristabilire l’ordine”. Ma la “punciuta”, l’affiliazione formale a Cosa Nostra, arriva solo nel 1995 quando, dopo l’arresto dei fratelli Graviano, è lo stesso Spatuzza a prendere in mano il mandamento di Brancaccio, anche se la gestione economica resta in mano a Pietro Tagliavia, altro uomo di fiducia dei Graviano.

La conversione
Dopo l’arresto, nel 1997, Spatuzza si avvicina lentamente alla conoscenza della fede cattolica. Ma è solo nel 1999, dopo un lungo processo interiore di lacerazione e presa di coscienza interna dei gravi crimini commessi, che comincia ad avvicinarsi alla lettura della Bibbia, regalatagli da un sacerdote in occasione della messa di Natale nel carcere di Tolmezzo. Ad accompagnare il boss nel suo cammino di conversione, durante tutti questi anni, sono tre sacerdoti: il cappellano del carcere di Ascoli Piceno, padre Pietro Capoccia, che lo iscrive a un corso di teologia, don Massimiliano De Simone, cappellano del carcere de L’Aquila e il vescovo dell’arcidiocesi aquilana, monsignor Giuseppe Molinari. Una conversione così profonda che lo stesso Spatuzza arriva a immedesimarsi nella storia di Paolo di Tarso, convertitosi alla fede cristiana dopo esserne stato persecutore, tanto da arrivare a firmarsi Gaspare Paolo in una lettera inviata al vescovo.

Ma la compassione cristiana che il lettore può ritrovarsi a provare in alcune pagine e l’”umanità” che a volte traspare dalle parole di Spatuzza non fanno dimenticare la ferocia, la spietatezza del suo passato criminale. Da un tragico aneddoto emerge con cruda durezza la naturalezza atroce con la quale perpetrava i suoi delitti: un collaboratore di giustizia ricorda un episodio in cui Spatuzza con una mano mescolava con un bastone di legno i resti sciolti nell’acido di un giovane ladro appena ucciso, e con l’altra mangiava un panino acquistato con i soldi trovati in tasca alla vittima.

Una durezza e uno spaesamento che colpisce anche la stessa autrice che racconta in prima persona, lungo tutto il volume, le sensazioni e lo straniamento vissuto entrando in carcere e durante ogni colloquio. “Salita in macchina – è il suo racconto dopo l’ultimo incontro - inizia la nausea, sempre più forte, fino a diventare insopportabile. Pian piano mi rendo conto di come questo itinerario di ricerca si sia trasformato in un attraversamento esistenziale, divenendo quasi un paradigma, uno specchio riflettente. Attraverso questi incontri in carcere – confessa l’autrice - si srotolano tante esperienze del passato; faccio i conti con il dolore della mia adolescenza; con l’abbandono di una città violenta consegnata in mano al malaffare e perennemente avvolta nell’ambiguità. […] Con le possibilità e gli spazi di cambiamento di cui le enigmatiche contorsioni di Spatuzza rivelano l’enorme difficoltà”.

Il libro sarà presentato il 4 ottobre alle 18.00 alla Feltrinelli di Palermo, dove l’autrice dialogherà con Attilio Bolzoni; il 10 ottobre alla Feltrinelli di Bologna dialogheranno  con l’Autrice Raimondo Catanzaro e Chiara Rizzo e il 24 ottobre  all’auditorium della Rai di Palermo  dalle 18 ne parleranno Roberto Scarpinato, Monsignor Antonino Raspanti e Salvatore Cusimano. Modererà suor Fernanda Di Monte.

 di Davide Mancuso

Ultimi articoli

« Articoli precedenti