Il lavoro degli immigrati in Italia vale il 9 per cento del Pil
Economia | 29 ottobre 2022
La presenza straniera in Italia si conferma in crescita, anche se a ritmi inferiori rispetto a dieci anni fa.
A gennaio 2022 gli stranieri regolari sono 5,2 milioni, pari all’8,8% della popolazione. La concentrazione è maggiore nelle regioni del Centro Nord, in cui si fa più rilevante anche il contributo dell’immigrazione all’economia del territorio.
Ripresa dell’occupazione post-Covid. I lavoratori immigrati sono stati più penalizzati dalla pandemia, in quanto più precari e quindi non tutelati dal “blocco dei licenziamenti”. Infatti, nel 2020, il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito di oltre 4 punti, scendendo per la prima volta al di sotto di quello degli italiani. Nel 2021, invece, il PIL italiano è tornato a crescere e così l’occupazione straniera. Il tasso di occupazione degli stranieri è oggi al 57,8%, ancora leggermente inferiore rispetto a quello degli italiani (58,3%).
Un lavoratore su dieci è straniero. Gli occupati stranieri alla fine del 2021 sono 2,26 milioni, pari al 10% degli occupati totali. L’andamento negli ultimi quattro anni conferma il calo avvenuto nel 2020 e la ripresa del 2021. L’incidenza rispetto agli occupati totali, pari al 10,3% nel 2019, è scesa sotto il 10% a causa della pandemia (9,8% nel 2020), per poi risalire al 10,0% nel 2021.
In agricoltura è straniero 1 lavoratore su 6. Il 45,8% degli occupati stranieri si concentra nel settore dei servizi, specialmente quelli alla persona (es. professioni di cura e assistenza). Si tratta di oltre un milione di lavoratori, pari al 9,1% di quel settore. I settori con la maggiore incidenza degli occupati stranieri sono invece l’agricoltura (18,0% del settore), edilizia (15,5%) e ristorazione (15,3%).
A livello regionale, quasi un quarto degli occupati stranieri si concentra in Lombardia (529 mila lavoratori). L’incidenza maggiore si registra al Centro-Nord, con tre regioni sopra il 12% (Emilia Romagna 13,0%, Lazio 12,6%, Lombardia 12,2%) e altre tre sopra l’11% (Toscana 11,9%, Veneto 11,6%, Umbria 11,0%).
Contributo pari al 9% del PIL italiano. La stima del Valore Aggiunto prodotto dagli occupati stranieri offre inoltre la percezione del contributo dell’immigrazione al PIL. Il “PIL dell’immigrazione” nel 2021 ammonta a quasi 144 miliardi, pari al 9,0% del totale nazionale.
La maggior parte di questa “ricchezza” si concentra nel settore dei servizi, ovvero il comparto che registra il maggior numero di occupati stranieri. Se, invece, osserviamo l’incidenza per settore, i valori più alti si registrano in agricoltura (17,9%), ristorazione (16,9%) ed edilizia (16,3%).
A livello regionale, sono le regioni del Centro-Nord a registrare il maggior apporto economico da parte dell’occupazione straniera. In particolare, in tre regioni del Nord si rileva un’incidenza del PIL dell’immigrazione superiore al 10% del PIL regionale: Lombardia (12,7%), Veneto (11,7%) ed Emilia Romagna (11,5%).
Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, “nonostante l’emergenza Covid abbia colpito fortemente i lavoratori immigrati, in quanto più precari rispetto agli italiani, il contributo dell’immigrazione in Italia continua ad essere fondamentale in molti settori. In questo senso, dovrebbe essere prioritario favorire gli ingressi legali e contrastare l’irregolarità”.
A gennaio 2022 gli stranieri regolari sono 5,2 milioni, pari all’8,8% della popolazione. La concentrazione è maggiore nelle regioni del Centro Nord, in cui si fa più rilevante anche il contributo dell’immigrazione all’economia del territorio.
Ripresa dell’occupazione post-Covid. I lavoratori immigrati sono stati più penalizzati dalla pandemia, in quanto più precari e quindi non tutelati dal “blocco dei licenziamenti”. Infatti, nel 2020, il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito di oltre 4 punti, scendendo per la prima volta al di sotto di quello degli italiani. Nel 2021, invece, il PIL italiano è tornato a crescere e così l’occupazione straniera. Il tasso di occupazione degli stranieri è oggi al 57,8%, ancora leggermente inferiore rispetto a quello degli italiani (58,3%).
Un lavoratore su dieci è straniero. Gli occupati stranieri alla fine del 2021 sono 2,26 milioni, pari al 10% degli occupati totali. L’andamento negli ultimi quattro anni conferma il calo avvenuto nel 2020 e la ripresa del 2021. L’incidenza rispetto agli occupati totali, pari al 10,3% nel 2019, è scesa sotto il 10% a causa della pandemia (9,8% nel 2020), per poi risalire al 10,0% nel 2021.
In agricoltura è straniero 1 lavoratore su 6. Il 45,8% degli occupati stranieri si concentra nel settore dei servizi, specialmente quelli alla persona (es. professioni di cura e assistenza). Si tratta di oltre un milione di lavoratori, pari al 9,1% di quel settore. I settori con la maggiore incidenza degli occupati stranieri sono invece l’agricoltura (18,0% del settore), edilizia (15,5%) e ristorazione (15,3%).
A livello regionale, quasi un quarto degli occupati stranieri si concentra in Lombardia (529 mila lavoratori). L’incidenza maggiore si registra al Centro-Nord, con tre regioni sopra il 12% (Emilia Romagna 13,0%, Lazio 12,6%, Lombardia 12,2%) e altre tre sopra l’11% (Toscana 11,9%, Veneto 11,6%, Umbria 11,0%).
Contributo pari al 9% del PIL italiano. La stima del Valore Aggiunto prodotto dagli occupati stranieri offre inoltre la percezione del contributo dell’immigrazione al PIL. Il “PIL dell’immigrazione” nel 2021 ammonta a quasi 144 miliardi, pari al 9,0% del totale nazionale.
La maggior parte di questa “ricchezza” si concentra nel settore dei servizi, ovvero il comparto che registra il maggior numero di occupati stranieri. Se, invece, osserviamo l’incidenza per settore, i valori più alti si registrano in agricoltura (17,9%), ristorazione (16,9%) ed edilizia (16,3%).
A livello regionale, sono le regioni del Centro-Nord a registrare il maggior apporto economico da parte dell’occupazione straniera. In particolare, in tre regioni del Nord si rileva un’incidenza del PIL dell’immigrazione superiore al 10% del PIL regionale: Lombardia (12,7%), Veneto (11,7%) ed Emilia Romagna (11,5%).
Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, “nonostante l’emergenza Covid abbia colpito fortemente i lavoratori immigrati, in quanto più precari rispetto agli italiani, il contributo dell’immigrazione in Italia continua ad essere fondamentale in molti settori. In questo senso, dovrebbe essere prioritario favorire gli ingressi legali e contrastare l’irregolarità”.
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