Il film muto "Rapsodia satanica" al teatro antico di Catania

Cultura | 10 luglio 2017
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Proiettato nella suggestiva cornice del Teatro Antico di Catania il film muto “Rapsodia Satanica” diretto dallo sfortunato Nino Oxilia, scrittore, poeta e giornalista torinese, già autore di opere teatrali ed affermato regista, morto sul Carso nel novembre del 1917, falciato da una granata nemica. Accompagnato dalle musiche di Pietro Mascagni eseguite dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini diretta da Marcello Panni, l’opera di Oxilia - la cui anteprima romana del 1915 fu quasi del tutto trascurata dalla critica, per ragioni rimaste oscure (ma forse a causa dell’imminente entrata in guerra dell’Italia) - fu ritirata ed editata soltanto nel luglio1917, dopo la concessione del visto censura e falcidiata nella durata, sembra ad opera di Mario Caserini, nonostante l’approvazione incondizionata della stessa censura. Così la critica del tempo: <Rapsodia satanica di Fausto Maria Martini e di Alfa (occorre dire che Alfa è il barone Alberto Fassini?), musicata da Pietro Mascagni e messa in scena dal simpatico ed applaudito autore di Addio giovinezza! di Zingara e de La donna e lo specchio: Nino Oxilia. In questa Rapsodia satanica, della quale ultimamente abbiamo avuto un saggio dinnanzi a un pubblico ristretto d’invitati, la proiezione cinematografica sostituisce la recitazione: siamo dunque dinnanzi ad un tentativo di nuova arte cinematografica, concepita e condotta con intendimenti di seria ricerca. Il tentativo esce dai limitati confini della produzione commerciale ed entra in quelli sconfinati dell’arte>> (“La Cinematografia Italiana ed Estera” Organo ufficiale della Unione Italiana Cinematografisti, n. 6 del 31 marzo 1915). Interpretato da Lyda Borelli (nei panni della contessa Alba d’Oltrevita), ex primadonna del teatro divenuta altresì grande diva del cinema muto italiano e modello comportamentale - che con questo espressionistico e simbolista “cine-poema musicale” probabilmente tocca l’apice della sua carriera - Rapsodia satanica sviluppa il tema faustiano del patto con Mephisto (Ugo Bazzini), ma la contessa ringiovanita a condizione che rinunci all’amore, tentata da Tristano (Andrea Habay), non rispetterà l’accordo con Satana causando il suicidio di Sergio (Giovanni Cini), follemente innamorato di lei. Un finale ancora più tragico suggella l’infernale vicenda, narrata con inquietanti contrasti di luci ed ombre, con la protagonista lungamente inquadrata avvolta in sottilissimi veli e più volta ripresa in primo piano. Esaltata o non gradita dalla critica del tempo la composizione musicale di Pietro Mascagni, già elevato nell’empireo degli evangelisti del melodramma nazionale dopo lo strepitoso successo ottenuto con “Cavalleria rusticana”. TuttaviaiInnegabilmente, al di la delle polemiche e delle critiche del tempo, l’intervento musicale di Mascagni resta uno dei primissimi saggi di musica applicata al cinema - di cui il Livornese divenne uno degli eponimi - sul quale “La vita cinematografica” (la più importante rivista del cinema muto italiano), insieme ad altre, si sofferma in un numero speciale del dicembre 1917 con un saggio a firma del critico musicale Viti che definisce Mascagni “autore che avvince e ci fa sognare, suade e persuade. Chè la chiarezza del suo discorso è cristallina. E’ di essenza mediterranea”. Molto apprezzata dal folto pubblico etneo l’esecuzione dell’orchestra del Teatro Massimo Bellini, che prima della proiezione del film ha anche eseguito alcuni intermezzi di Mascagni, tra cui quello ormai celeberrimo di “Cavalleria Rusticana”.

 di Franco La Magna

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