Proiettato
nella suggestiva cornice del Teatro Antico di Catania il film muto
“Rapsodia Satanica” diretto dallo sfortunato Nino Oxilia,
scrittore, poeta e giornalista torinese, già autore di opere
teatrali ed affermato regista, morto sul Carso nel novembre del 1917,
falciato da una granata nemica. Accompagnato dalle musiche di Pietro
Mascagni eseguite dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini diretta
da Marcello Panni, l’opera di Oxilia - la cui anteprima romana del
1915 fu quasi del tutto trascurata dalla critica, per ragioni rimaste
oscure (ma forse a causa dell’imminente entrata in guerra
dell’Italia) - fu ritirata ed editata soltanto nel luglio1917, dopo
la concessione del visto censura e falcidiata nella durata, sembra ad
opera di Mario Caserini, nonostante l’approvazione incondizionata
della stessa censura. Così la critica del tempo: <Rapsodia
satanica di
Fausto Maria Martini e di Alfa (occorre dire che Alfa è il barone
Alberto Fassini?), musicata da Pietro Mascagni e messa in scena dal
simpatico ed applaudito autore di Addio
giovinezza! di
Zingara
e
de La
donna e lo specchio: Nino
Oxilia. In questa Rapsodia
satanica,
della quale ultimamente abbiamo avuto un saggio dinnanzi a un
pubblico ristretto d’invitati, la proiezione cinematografica
sostituisce la recitazione: siamo dunque dinnanzi ad un tentativo di
nuova arte cinematografica, concepita e condotta con intendimenti di
seria ricerca. Il tentativo esce dai limitati confini della
produzione commerciale ed entra in quelli sconfinati dell’arte>>
(“La Cinematografia Italiana ed Estera” Organo ufficiale della
Unione Italiana Cinematografisti, n. 6 del 31 marzo 1915).
Interpretato da Lyda Borelli (nei panni della contessa Alba
d’Oltrevita), ex primadonna del teatro divenuta altresì grande
diva del cinema muto italiano e modello comportamentale - che con
questo espressionistico e simbolista “cine-poema musicale”
probabilmente tocca l’apice della sua carriera - Rapsodia
satanica
sviluppa il tema faustiano del patto con Mephisto (Ugo Bazzini), ma
la contessa ringiovanita a condizione che rinunci all’amore,
tentata da Tristano (Andrea Habay), non rispetterà l’accordo con
Satana causando il suicidio di Sergio (Giovanni Cini), follemente
innamorato di lei. Un finale ancora più tragico suggella l’infernale
vicenda, narrata con inquietanti contrasti di luci ed ombre, con la
protagonista lungamente inquadrata avvolta in sottilissimi veli e più
volta ripresa in primo piano. Esaltata o non gradita dalla
critica del tempo la composizione musicale di Pietro Mascagni, già
elevato nell’empireo degli evangelisti del melodramma nazionale
dopo lo strepitoso successo ottenuto con “Cavalleria rusticana”.
TuttaviaiInnegabilmente, al di la delle polemiche e delle critiche
del tempo, l’intervento musicale di Mascagni resta uno dei
primissimi saggi di musica applicata al cinema - di cui il Livornese
divenne uno degli eponimi - sul quale “La vita cinematografica”
(la più importante rivista del cinema muto italiano), insieme ad
altre, si sofferma in un numero speciale del dicembre 1917 con un
saggio a firma del critico musicale Viti che definisce Mascagni
“autore che avvince e ci fa sognare, suade e persuade. Chè la
chiarezza del suo discorso è cristallina. E’ di essenza
mediterranea”. Molto apprezzata dal folto pubblico etneo
l’esecuzione dell’orchestra del Teatro Massimo Bellini, che prima
della proiezione del film ha anche eseguito alcuni intermezzi di
Mascagni, tra cui quello ormai celeberrimo di “Cavalleria
Rusticana”.