I valori della socialdemocrazia e la rinascita della sinistra in Italia
Nel dibattito apertosi dopo la vittoria della destra-centro (a trazione Meloni) alle elezioni dello scorso 25 settembre , uno dei principali esponenti del gruppo dirigente post comunista, Massimo D'Alema, ha testualmente affermato che il ”riformismo oggi è imbrigliare le questioni sociali sulla base delle esigenze del capitalismo globale.” L'evidente confusione delle lingue obbliga a tornare ai “fondamentali”: la definizione di Socialdemocrazia, così come ciascuno di noi può rintracciarla su Wikipedia. “La socialdemocrazia” si afferma “è una filosofia politica, sociale ed economica che sostiene riforme in senso socialista all'interno dei sistemi di democrazia liberale rifiutando perciò le teorie rivoluzionarie proprie del comunismo e del massimalismo. Per socialdemocrazia s'intende il socialismo riformista , ispirato ai principi della democrazia parlamentare, rispettoso dei diritti individuali di libertà (inclusa la libertà di mercato) e fortemente sostenitore dello stato sociale, per realizzare una maggiore equità sociale e correggere i “difetti” del mercato. Dagli accademici la socialdemocrazia è descritta come sostenitrice di interventi economici e sociali per promuovere la giustizia sociale nel quadro di un sistema politico liberal-democratico e di un'economia mista orientata al capitalismo. I protocolli e le norme utilizzati per raggiungere questo obiettivo comportano un impegno per la democrazia rappresentativa e partecipativa, misure per la redistribuzione dei redditi, regolazione dell'economia nell'interesse generale e disposizioni socio-assistenziali.”
Tra il novembre 1989 (“la Bolognina”) e il febbraio 1991 (fondazione del PDS) il gruppo dirigente del PCI, con l'eccezione della cosiddetta ala migliorista di Chiaramonte, Napolitano e Macaluso rifiutò apertamente tale approdo per ii partito che nasceva dallo scioglimento di quello comunista. Sempre per memoria, il PD stesso- nato nel 2007- aderì al Partito socialista europeo solo nel febbraio 2014 alla viglia del congresso del PSE che si tenne a Roma.
Sgomberato il campo dai professionisti del rimescolamento della storia, è tempo di ragionare a mente fredda sulle conseguenze del voto del 25 settembre. Nella sintesi necessaria, vanno sottolineati tre elementi utili ad un primo approccio ritenga ancora possibile e necessaria la presenza della sinistra in Italia. Un approccio che, più in là nel tempo, andrà rapportato al concreto della Sicilia.
Il primo elemento
Il destra-centro che ha vinto le elezioni (ben diverso dal vecchio centro destra egemonizzato da Berlusconi) ha diritto/dovere di governare. Lo ha detto bene Maurizio Landini dal palco della bella e partecipata manifestazione della Cgil di sabato scorso a Roma. Al suo interno la Lega di Salvini ha dimezzato i voti, mentre Berlusconi è riuscito a frenare la caduta dei consensi. Il 26 settembre non ci siamo risvegliati in orbace e non siamo alla vigilia della marcia su Roma (coincidenze della storia; il centenario cadrà il 28 ottobre 2022) Il fatto certo è, però, che il partito che ha guadagnato più voti (in gran parte sottratti agli alleati)- i Fratelli d'Italia della prossima probabile ( se e quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella le conferirà l'incarico) presidentessa del Consiglio dei ministri- si richiama a valori e sta al centro di una rete di relazioni politiche in Europa che ne fanno l'interlocutore naturale della peggiore destra europea: da Vox , ad Orban, ai conservatori polacchi. Non è ancora chiaro, per il prevalere nella leader della coalizione dei tatticismi da campagna elettorale, quali saranno la politica sociale ed economica, il posizionamento rispetti ai diritti civili, la collocazione nell'Unione Euriopea e l'approccio di politica internazionale del governo più a destra della storia della Repubblica. Questi saranno i veri terreni di verifica e di scontro.
Secondo elemento
Le forze progressiste, comunque definite, hanno perso in termini percentuali ed assoluti anche in ragione dello straordinario tasso di astensionismo pari a circa il 36%. La loro flessione però non è omogenea: I cinque stelle, nonostante l'aggressiva campagna elettorale di Giuseppe Conte scontano (dati Istituto Cattaneo) un calo di consensi di più del 17% rispetto al 2018 e si configurano sempre più come un partito del Sud: 6% nel Nord Est, 9% nel Nord Ovest, 11% nella cosiddetta zona rossa , 15% al Centro, 30% nel Sud, 26% nelle isole. Il partito democratico, pur mantenendo percentuali sostanzialmente immutate rispetto al 2018 (che fu però il suo dato peggiore) perde quasi un milione di voti rispetto alle precedenti politiche e consegue il 17% nel Nord Est, il 20% nel Nord ovest, il 26% nella zona rossa, il 19% nel Centro, il 16% nel Sud, il 14% nelle isole. Se si analizza la condizione professionale il 45% degli operai ha votato per il centro destra , con una punta del 21% per FdI, a far giustizia di troppo facili sociologismi - Nel centro sinistra il 20% degli operai ha preferito i cinque stelle, il 18% ha scelto il PD. Anche nel ceto medio, però il 28% ha votato FdI e solo il 18% per il PD. Il 40% di chi si trova in difficoltà economica non ha votato. Anche nel segmento dei più disagiati è in testa FdI col 29%, seguito dai Cinque stelle con il 23%, Solo il 14% ha scelto il PD.
Verosimilmente il PD è stato percepito come un partito comunque troppo legato al governo e poco sensibile alle istanze di chi sta peggio. Il ritardo maturato dal governo Gentiloni alla fine della penultima legislatura nell'approvazione del Reddito di inserimento e il ruolo che invece ha giocato nell'immaginario – e nella sopravvivenza durante la pandemia- il reddito di cittadinanza come “manifesto” grillino hanno influito non poco. Tuttavia non è vero che la sconfitta politica è conseguenza dell'aver i Democratici trascurato i diritti sociali a favore dei diritti civili. Luigi Manconi ha fatto luce sull'equivoco della presunta contrapposizione tra diritti civili e diritti sociali ricordando che la fase alta dell'espansione dei diritti nella democrazia italiana è stata la prima parte degli anni '70 del secolo scorso. Allora diritti sociali e diritti civili si affermarono in parallelo: statuto dei lavoratori, divorzio, aborto e così via. Rispetto alla vexata questio delle alleanze, l'impressione è che nessuno dei leaders del centrosinistra voleva veramente l'alleanza elettorale, aldilà delle affermazioni pubbliche, e che si è preferito- di fronte ad una vittoria delle destre data più che probabile- correre in reciproca concorrenza nella prospettiva di future egemonie.
I fatti hanno invece dimostrato che tale risultato non era scontato. Penso francamente che, nella traversata del deserto che il PD ha davanti non si tratta di inseguire il Fregoli di turno (secondo l'icastica definizione di Mario Tronti, teorico dell'operaismo) ma di costruire le condizioni per dar corpo, gambe e sangue finalmente anche in Italia ad una grande forza socialista di stampo europeo, cioè esplicitamente socialdemocratica; magari senza ripetere gli errori del tornante precedente della democrazia italiana, il biennio 1992-1993. In ogni caso i democratici dovranno risolvere al Congresso altri due nodi, oltre quello dell'identità: la struttura organizzativa nei territori (in particolare nelle periferie urbane) e la trasformazione da federazione di capi corrente in comunità di ideali e valori.
Terzo elemento
Mai come in questo momento, almeno dalla fine della crisi dei missili di Cuba nell'ottobre 1962, sullo scenario internazionale si sono addensate nubi tanto fitte. Anche se inflazione e crisi energetiche, innestate dalla pandemia da Covid 19, erano precedenti all'invasione russa dell'Ucraina gli avvenimenti che si sono succeduti da febbraio 2022 le hanno potentemente accelerate con conseguenze drammatiche sulla qualità della vita delle donne e degli uomini, ormai colpiti dall'incombente crisi economica e sociale. Due si stanno rivelando gli avvenimenti determinanti a livello mondiale. Il primo consiste nella potente ondata della rivoluzione in Iran che, cominciata in nome del diritto delle donne alla propria vita ed alla propria , sembra mettere in discussione dalle fondamenta l'intero edificio del potere della teocrazia fondamentalista islamica che dura fin dal lontano 1978. Gli avvenimenti in corso sembrano allargare il fronte dell'opposizione a settori sempre più ampi della società iraniana ed aprono una vicenda foriera di sviluppi che possono determinare la liberazione di quel paese oppure, al contrario, una stretta ulteriore sui diritti.
In Italia non è stata pienamente compresa la portata di quanto sta avvenendo e sostegno, solidarietà, iniziativa politica appaiono ancora non adeguati all'importanza ed al valore decisivo per tutta l'area del Medio Oriente, di quella lotta.
Il secondo avvenimento è oggetto invece nel nostro paese di una discussione tanto estesa quanto aspra. Non possono esserci equivoci: in Ucraina non si sta consumando lo scontro tra due imperialismi ma un popolo aggredito proditoriamente sta lottando per la propria libertà. Per quanto complessa possa essere la situazione geopolitica di quelle tormentate aree dell'Europa e per quanti errori possano esser stati compiuti in passato dall'Europa e dagli USA , non può esserci equidistanza. La costruzione di un movimento per la pace deve fondarsi sulla consapevolezza senza equivoci che fin oggi l'aggressore non mostra alcun segno di disponibilità ad una mediazione capace di porre fine al conflitto. Perciò ha ancora una volta ragione Luigi Manconi quando afferma che il terreno per il confronto è quello della diplomazia e della politica non “dell'irenismo che è proprio della profezia e della teologia”.
In ogni caso si deve rifugiare da facili strumentalizzazioni post-elettorali e dalla divisione ipocrita tra i presunti “bellicisti” (orrido neologismo) e tutti gli altri che si presumono invece animati da intenzioni pure e prive di macchia. Un manicheismo che mi induce a concordare, per quanto personalmente mi riguarda, con la proposta del sociologo sassarese: parteciperò ad ogni manifestazione che si concluderà davanti alle sedi diplomatiche o consolari russe e/o iraniane.
Franco Garufi
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