I seggi elettorali sempre nelle scuole, si può mutare registro

Cultura | 6 giugno 2023
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Modalità di voto superate e seggi elettorali sempre nelle scuole. Cambiamo registro


1.Perchè le cabine elettorali sempre e solo nelle scuole?

Non è che in Italia si abbondi in fatto di giornate effettive di scuola. Tutt’altro. Tra calendari regionali differenziati, feste locali e non, chiusure preventive per motivi climatici e allerte meteo, gite scolastiche varie in classe si sta sempre meno. Ma in pochi si sono concentrati su di una incidenza: quante giornate di scuola effettiva si perdono per motivi elettorali? Tra elezioni amministrative locali, politiche nazionali, regionali, europee, referendum e ritorno alle urne per ballottaggi una media – per difetto – di tre giorni l’anno di chiusura (sabato, lunedì e martedì) significherebbe 225 giornate dal 1948 al 2023. Considerato che sono 204 le giornate di lezioni che per legge dovrebbero essere assicurate in un anno scolastico se ne deduce che ben più d’un intero anno scolastico l’abbiamo interamente cancellato per votare negli istituti scolastici. Peraltro sempre negli “stessi” edifici scolastici visto che siamo piuttosto conservatori nella conferma degli edifici nei quali allestire seggi elettorali. Modello “stessa spiaggia, stesso mare”, canzone di Piero Focaccia del 1963.
Questa stima, inattendibile per quanto si voglia, ci serve per farci una seconda domanda: possibile che in Italia non si riesca a trovare una alternativa al ricorso agli edifici scolastici per andare a votare? In passato ogni tanto una breve fiammata, un dibattito “nelle scuole sì, nelle scuole no”, giustificazioni dell’una e dell’altra posizione. Ma poi non cambia nulla. Siamo refrattari al cambiamento. Contemperare voto in presenza (a nostro avviso irrinunciabile sacralità istituzionale per il popolo sovrano) e voto elettronico e per corrispondenza con una busta opportunamente sigillata per noi quasi significa distruggere una tradizione. Conseguenza: in particolare il voto amministrativo locale nel Mezzogiorno esce con le ossa rotte da questo conservatorismo fuori luogo e fuori tempo. Metà degli elettori meridionali studia o lavora nel Nord Italia e all’estero pur conservando spesso la residenza in città e paesi del Mezzogiorno. Milioni di elettori non contano nulla in quanto non possono votare per dare il proprio contributo (diritto-dovere) e il proprio indirizzo alla vita amministrativa del territorio in cui hanno le radici e, in buona parte, spererebbero di ritornare prima o poi. Beninteso, come fai a prendere un aereo o il treno per un fine settimana “elettorale” di ritorno a casa con i costi sempre più alle stelle di biglietti aerei e ferroviari?
Possibile che i seggi non possono allestirsi in altri edifici che non siano gli istituti scolastici? Si potrebbero utilizzare le aule consiliari dei municipi, altre stanze inutilizzate in uffici municipali, regionali, statali, sale convegni pubbliche, palestre pubbliche e anche palestre scolastiche purchè le lezioni continuino a svolgersi regolarmente nei tre giorni di sabato, lunedì, martedì. E ancora: si potrebbero utilizzare saloni parrocchiali, caserme più o meno dismesse, altri edifici appartenenti al demanio pubblico, persino nei musei ambienti e sale non utilizzati idonei ad accogliere l’allestimento di uno o più seggi elettorali.
Attendiamo che in Italia qualcuno pensi seriamente a cosa fare per liberare migliaia e migliaia di edifici scolastici dal …prestito forzoso al rito elettorale. E pensi a come non contribuire a falcidiare ulteriormente le già poche giornate di lezioni scolastiche effettive e non sulla carta.

2.Come votano gli altri

In attesa che governo e parlamento decidano finalmente, pur senza rinunciare al voto in presenza - massima e fisica espressione di democrazia - a contemperarlo con altre forme, in particolare con quello per corrispondenza e con il voto on line, vediamo di documentarci su come e dove si vota altrove. Così, tanto per una ricognizione. Tra soluzioni a volte discutibili, a volte innovative, a volte concrete, a volte estemporanee.
Scriveva Matteo Guidotti il 26 gennaio 2021 su “You Trend” in un articolo intitolato “Come si vota nel mondo”:
“(…) Quello che interessa a noi è il voto al seggio fisico. Conosciamo bene quello italiano: seggi allestiti in edifici pubblici – soprattutto scuole – con forze dell’ordine a controllarne la regolarità, urne appoggiate sui tavoli, cabine elettorali.
Succede ovunque, ma anche in Italia si assiste a un progressivo calo dell’affluenza al voto. Il momento di sacralità e di ufficialità però rimane. In altri Paesi sviluppati questa formalità viene meno: non si tratta di dire che in altri luoghi ci tengono meno, sia meno controllato, o altre accuse infondate, ma è una questione di cultura.
Vedendo le immagini delle ultime elezioni americane, colpiscono i seggi costituiti nelle palestre piene di postazioni di voto anche molto vicine tra loro. Ancora più “clamoroso”, visto con occhi italiani, è il voto ai bordi delle piscine, mentre i nuotatori sono tranquillamente a svolgere la loro attività. Impensabile da noi.
Ma sempre parlando di Paesi sviluppati, sono anche altri gli esempi “particolari”. Prendiamo il Regno Unito: i seggi possono essere veramente ovunque, che si tratti di mulini, delle già citate palestre e piscine, o addirittura delle roulotte.
All’ingresso di alcuni seggi allestiti nelle chiese si può trovare anche un cartello con una freccia a sinistra e una a destra: da una parte si vota, dall’altra si prega. Questo a ribadire che tutto rimane in funzione durante le operazioni di voto”.

3.Bizzarrie americane. E in altri stati dell’Africa e dell’Asia

A proposito del voto negli Stati Uniti così lo descriveva “il Post.it” il 9 novembre 2016 in un articolo dall’eloquente titolo “Foto di strani posti dove si vota, negli Stati Uniti” e dall’ancor più eloquente sottotitolo “Seggi elettorali in piscine, case di riposo, saloni di bellezza, garage e lavanderie, dove c’è posto insomma”:
“Negli Stati Uniti si sta votando per eleggere il presidente: in alcuni stati i seggi hanno già chiuso, in altri si sta ancora votando. Da qualche ora le agenzie fotografiche stanno raccogliendo le immagini dei seggi elettorali distribuiti nel territorio nazionale, e c’è un po’ di tutto: oltre alle convenzionali scuole e palestre, ci sono seggi allestiti in saloni di bellezza, piscine, supermercati, ospizi e garage. Negli Stati Uniti gli spazi nei quali vengono allestiti i seggi elettorali possono essere pubblici o privati, purché rispondano a una serie di criteri: per esempio ci deve essere un parcheggio, devono essere accessibili ai disabili, devono esserci dei bagni e dei posti in cui installare le attrezzature per la votazione”.
Torniamo al giro del mondo per seggi e modalità di Matteo Guidotti: “Sempre parlando di Paesi sviluppati si possono citare i Paesi Bassi, simili al Regno Unito in quanto ad allestimenti dei seggi, dato che anche lì si trovano nelle roulotte o in alcune tipiche case galleggianti.
Ovviamente le più grandi particolarità riguardano i Paesi meno sviluppati. Qui le variabili sono molte: ci sono Paesi poveri dove i seggi allestiti sono pochi, oltre che in luoghi dissestati, e non di rado si formano lunghe file; ci sono Paesi democraticamente giovani, che organizzano elezioni da poco tempo e che sono ancora in una fase embrionale quanto all’organizzazione; ci sono Paesi democratici ma solo sulla carta, dove quindi il momento del voto è rigidamente controllato.
In quest’ultima categoria rientra la Cambogia, dove il seggio è composto da una moltitudine di “forzieri” che fungono da postazioni di voto e da urne, tutti molto vicini. Ma – ecco la particolarità – in ogni seggio campeggiano ben visibili le foto del primo ministro, che tranne una parentesi di cinque anni governa dal 1985, e di sua moglie. Parafrasando, “Stalin forse non ti vede, Hun Sen sì”.
In Uganda le urne sono delle vere e proprie bacinelle, mentre in Angola assomigliano ad alcuni nostri secchi per l’immondizia. La sterminata ma pochissimo abitata Mongolia prevede seggi all’aperto proprio in mezzo alla radura, e chissà il viaggio che dovranno fare alcuni mongoli per arrivarci. In Madagascar invece marito e moglie possono entrare nella stessa cabina, mentre sulle urne di Panama è stampata la scritta “il voto è segreto” anche se non è sempre stato proprio così.
Se nel Regno Unito o in Olanda si vota nelle roulotte magari per tradizione, o per comodità, accade spesso che alcuni Paesi debbano organizzarsi un po’ come capita, come nel caso dei seggi allestiti sugli autobus a Teheran durante alcune elezioni.
In molti Paesi meno sviluppati è ricorrente la presenza delle tende come chiusura delle postazioni di voto. Certo, si vedono anche nel Regno Unito e in tanti altri luoghi, ma si capisce bene chi lo fa per comodità e chi per necessità. Un’altra cosa spesso visibile in molti luoghi sono i militari con i mitra durante le operazioni di voto. Anche da noi ci sono i carabinieri, ovviamente armati, ma vedere forze di polizia ben armate spesso sta ad indicare la possibilità di attentati (che in effetti avvengono spesso) oppure un controllo del governo. Mai niente di particolarmente positivo.
Infine, una questione abbastanza nota: sempre tenendo conto del contesto di molti Paesi poveri, si può immaginare come un problema possa essere la possibilità che un elettore voti più volte. Immaginiamoci i registri di un Paese sottosviluppato e la possibilità che essi possano contenere errori: per questo si è tentato di frenare la possibilità di brogli costringendo ogni votante a intingere il dito in un inchiostro indelebile. Probabilmente la prima ad adottare il metodo fu l’Indonesia nel 1999, ma adesso sono molti i Paesi ad utilizzare questa tecnica, tra cui Iran, Iraq, Afghanistan, Nepal, Cambogia, Birmania, Sierra Leone.
Le liste elettorali, infine, meriterebbero un capitolo a parte, tra liste lunghissime (e noi che ci lamentiamo della moltitudine dei nostri partiti), nomi dei candidati scritti piccolissimi data la numerosità, e preghiere davanti ai seggi. Abbiamo qui parlato di molti Paesi in cui gran parte dell’elettorato è analfabeta: come fanno quindi gli elettori a scegliere il partito o il candidato “giusto”? Sì, ci sono i simboli elettorali, ma alieniamoci dalla nostra visione e immaginiamo di vivere in uno di quei Paesi. C’è chi non l’avrà neanche mai visto un simbolo elettorale o un logo di partito. Quindi le soluzioni possono essere diverse: in Ghana vengono stampati i volti dei candidati sulla scheda, ad esempio. Ma la soluzione più creativa rimane quella di assegnare ad ogni partito un simbolo, non di partito, ma di animali e oggetti di uso comune. Se in Burkina Faso si può votare per il leone o per l’elefante, in India oltre agli immancabili animali (anche se alcuni sono stati tolti per le proteste degli animalisti) si potrebbe votare anche per una bicicletta, un pettine, una mano aperta o un fiore di loto, il simbolo riservato ormai da anni al partito del primo ministro Narendra Modi”.

4.Dove e come si vota negli altri paesi dell’Unione Europea

Ma restiamo ai paesi dell’Unione Europea cioè agli altri nostri concittadini che vivono nella “casa comune europea”. Dove le modalità non è che siano poi così comuni. Ne scrive sul quotidiano “Domani” Youssef Hassan Holgado in una documentata inchiesta intitolata “Così gli altri stati europei garantiscono il diritto di voto ai fuori sede, mentre in Italia no”:
“Italia, Cipro e Malta sono gli unici paesi membri dell’Unione europea a non garantire una forma semplificata e accessibile di voto agli studenti fuorisede e ai lavoratori che vivono fuori dai luoghi di residenza.
In vista delle elezioni politiche del 25 settembre in Italia sono oltre cinque milioni i cittadini che in caso di voto dovranno fare ritorno ai loro comuni di residenza. Per facilitare i viaggi e l’accesso al diritto di voto, compagnie aeree e di trasporto ferroviario stipulano ogni anno delle convenzioni con i ministeri per vendere i biglietti a prezzi scontati, ma non basta, dato che molti studenti universitari sono in sessione d’esame e impossibilitati a spostarsi. Senza contare il fatto che per alcuni è una discriminazione dover affrontare delle spese, anche se in alcuni casi non sono cose eccessive, per poter esercitare un diritto sancito dalla Costituzione.
Ma quali sono le soluzioni? Attualmente il parlamento sta vagliando alcune soluzioni tra cui il voto in prefettura, il voto per corrispondenza e il voto elettronico. Come hanno aggirato la questione negli altri paesi europei? L’associazione Good lobby prova a fare chiarezza nel report Fuori sede al voto: realtà in Europa, miraggio in Italia”.

5.Votare per corrispondenza e votare per delega

Holgado si focalizza sulle quattro principali modalità: voto per corrispondenza, voto per delega, voto anticipato, voto elettronico. Conosciamole meglio caso per caso partendo dal voto per corrispondenza: “In Spagna il voto dei fuorisede avviene per corrispondenza per tutti i tipi di elezioni: comunali, regionali, politiche ed europee. Così come in Lussemburgo, Germania, Irlanda, Austria, Ungheria, Slovenia, Regno Unito e Polonia.
In Spagna i cittadini possono esprimere il voto per posta ma devono fare una richiesta alla delegazione provinciale dell’Ufficio del censimento elettorale almeno dieci giorni prima delle elezioni. Nel caso in cui venga accettata, l’elettore non può recarsi alle urne ma deve aspettare che la scheda elettorale venga inviata all’indirizzo indicato. Una volta compilata, questa deve essere spedita al seggio elettorale almeno tre giorni prima delle elezioni.
Il sistema adottato dal parlamento spagnolo sembra funzionare. Alle elezioni del 2019, 1.362.500 di elettori residenti hanno votato per corrispondenza. Alle elezioni municipali di Madrid, invece, 235.696 persone hanno votato per corrispondenza”.
Andiamo ora a conoscere meglio le modalità del voto per delega: “Francia, Belgio, Polonia, Paesi Bassi e Svezia prevedono il voto per delega. In Francia, chi è assente durante il giorno delle elezioni può votare per delega scegliendo una persona al suo posto.
Per affidare la delega, l’elettore deve compilare un modulo e presentarlo a mano a un pubblico ufficiale il prima possibile. Le scadenze sono flessibili e si estendono fino al giorno del voto, ma se il municipio non riceve in anticipo la delega il voto non è consentito. In ogni caso, l’importante è rispettare due regole: elettore e delegato devono essere iscritti nelle liste elettorali dello stesso comune; il giorno del voto il delegato non può avere più di due deleghe e devono essere di un cittadino residente in Francia e di uno all’estero.
L’elettore può designare la stessa persona per entrambi i turni elettorali, e in caso di più elezioni che si svolgono lo stesso giorno questa vale per tutte. Le deleghe possono essere annullate e la loro durata si può estendere fino a un anno. Nel caso in cui l’elettore possa recarsi alle urne all’ultimo momento può farlo prima che il delegato esprima il suo voto.
Al ballottaggio delle elezioni presidenziali del 2017 il 7 per cento degli elettori ha votato per delega”.

6.Il voto anticipato e il voto elettronico

Come funziona il voto anticipato? Spiega Holgado: “In Danimarca, così come in altri stati europei è previsto il voto anticipato un giorno prima della data univoca decisa a livello nazionale. Nello specifico, questa forma di voto è prevista per ogni elettore in uno dei 98 uffici di registrazione nazionali e la richiesta può essere fatta da tre settimane a due giorni prima dell’elezione. Chi è malato o è disabile può fare richiesta entro 12 giorni dal voto di esprimere la propria preferenza direttamente da casa.
Il voto anticipato può essere espresso in diverse strutture: ospedali, carceri e istituti di cura. Insieme alla propria scelta l’elettore consegna anche un certificato di accompagnamento in cui scriverà i propri dati e serve per verificare in un secondo momento se era correttamente registrato per la procedura o se era effettivamente iscritto al registro elettorale. Se un elettore ha espresso più di un voto anticipato, viene considerato solo l’ultimo.
Nelle elezioni parlamentari del 2019 in Danimarca, oltre l’8 per cento dei voti è stato espresso con il voto anticipato”.
Infine le sue considerazioni sul voto elettronico. “Altra opzione valida per garantire l’accesso al voto ai fuorisede è la via telematica. L’Estonia è il primo paese al mondo ad aver previsto questa procedura e basta essere muniti di un pc e di un documento d’identità valido. Gli elettori possono esprimere le preferenze durante i giorni in cui è previsto il voto anticipato.
Come avviene il voto? Ciascun elettore deve scaricare un’applicazione ed effettuare le verifiche della sua identità. Una volta eseguito l’accesso ed espresso il voto, questo viene criptato e inoltrato al server che le raccoglie. Esiste anche un meccanismo di controllo successivo per verificare se la preferenza sia stata inoltrata con successo o meno. C’è anche la possibilità di cambiare voto
Circa un terzo dei voti espressi in Estonia avviene online”.

7.Il “medioevo elettorale” e il sistema di voto “arcaico” dell’Italia

Completiamo la ricognizione con un duro articolo di Gerhard Mumelter del 20 settembre 2020 su “Salto.bz”, giornale locale online altoatesino bilingue in tedesco e italiano. Il perché della durezza si comprende già dal titolo: “Il sistema di voto arcaico dell’Italia”.
Scrive Mumelter: “Nel giugno scorso il segretario del Pd Nicola Zingaretti si è rivolto al premier Giuseppe Conte con la richiesta di non usare più le scuole per i seggi elettorali. “È un’ottima idea”, ha risposto il capo del governo, promettendo di incaricare la ministra degli interni Lamorgese di trovare locali alternativi. Ma l’idea di usare immobili della guardia di finanza o edifici di proprietà pubblica non utilizzati fallì ben presto. Alcuni sindaci hanno offerto di propria volontà degli edifici comunali, poi la questione si è persa nel calore estivo.
Ma quella di chiudere le scuole per il voto non è l’unica anomalia italiana. Ne fa parte anche il fatto che è l’unico Paese dove si vota per due giorni. E dove già il sabato nelle scuole scelte squadre di operai municipali con i loro attrezzi costruiscono robuste cabine di legno dove in altri paesi basta un tavolino con uno schermo di plastica per garantire la privacy. 
Ma in molti altri paesi gli elettori per esprimere il proprio voto non devono affatto lasciare la propria casa per recarsi alle urne. In quasi tutti i paesi dell’Unione europea esiste da anni il voto per corrispondenza.
È un sistema semplice ed efficace. Il cittadino chiede ai rispettivi uffici comunali di inviargli per tutte le future elezioni la scheda per posta. È contenuta in una busta già prestampata con l'indirizzo del rispettivo ufficio elettorale e può essere spedita anche alcune settimane prima del voto - basta imbucarla in una qualsiasi cassetta postale.
Alle ultime politiche in Germania quasi un terzo dei tedeschi ha votato con questo sistema, molto diffuso particolarmente nelle grandi città.
Ma non è certo l’unico sistema di voto a distanza. Si sa che nei paesi baltici la digitalizzazione è molto diffusa e quasi la metà della popolazione esprime il proprio voto via internet, identificandosi con la carta d'identità digitale. E lì i risultati elettorali si conoscono immediatamente dopo la chiusura dei seggi - il conteggio è automatico e veloce e riduce a zero gli errori. In Italia per conoscere i risultati definitivi bisogna attendere il giorno dopo.
Ma non bisogna andare fino in Estonia per studiare questo sistema. Viene praticato anche nella vicina Svizzera per le elezioni cantonali. Peccato che nessun partito abbia nel proprio programma l’uscita dal medioevo elettorale. In Italia, dove questa volta si vota anche in 7 regioni, lo scrutinio inizia solo il martedì. Altro che era digitale”.

8.Sconsolate riflessioni finali

Il voto per corrispondenza venne introdotto per la prima volta in Australia occidentale nientemeno nel lontanissimo 1877.
Concludiamo con le sconsolate riflessioni di un, definiamolo così, altoatesino italo-olandese, Cuno Tarfusser, di commento il giorno dopo sulla stessa testata all’articolo di Mumelter: “Dopo aver vissuto in Olanda per oltre dieci anni, il rientro in Italia è stato, per mille motivi, davvero traumatico. L'impressione è che mentre altrove si avanza, si sviluppa, si innova, l'Italia è un paese è fermo, avviluppato su sé stesso, impegnato in discussioni tra l'inutile e lo stupido. Questo l'ho pensato, per l'ennesima volta, ieri mentre ero in fila al "mio" seggio elettorale.
Nel corso dei miei anni in Olanda ho votato per le comunali, le provinciali e le europee e, abituato come ero al nostro sistema, constatare come lì il sistema, l'organizzazione viene incontro all'elettore rendendogli l'esercizio del voto, e quindi l'esercizio della democrazia, il più agevole possibile mi ha davvero colpito.
I seggi elettorali sono allestiti - non nelle scuole che servono per la cosa più importante di un paese, ovvero la formazione del proprio futuro - in funzione delle necessità degli elettori e quindi in locali comunali centrali e periferici (che, ovviamente, continuano a funzionare regolarmente), ma anche in diversi negozi nelle zone commerciali, nelle stazioni ferroviarie, aeroporti e su alcuni tram, ovvero nei luoghi normalmente più frequentati dai cittadini che vengono così agevolati all'esercizio del voto. L'orario di apertura dei seggi segue la loro ubicazione e quindi nei luoghi commerciali segue l'orario di apertura dei negozi, nelle stazioni e aeroporti segue l'orario di partenza e arrivo dei treni e aerei. Va da sé che l'elettore non è vincolato al "suo" seggio, ma che può votare dovunque si trova. Dimenticavo: si volta un solo giorno solo e non di domenica e, ovviamente, si può votare anche per posta.
Questo "venire incontro", questo atteggiamento di servizio dello Stato verso cittadino, invoglia alla partecipazione del cittadino alla vita della comunità, dello Stato.
E' drammatico come queste (e molte altre) cose tutte fattibili e che faciliterebbero la vita dei cittadini, li renderebbe anche più partecipi e consapevoli, in Italia nemmeno vengono discusse e, pur dispiacendomene, non mi meraviglio affatto che l'Olanda (e non solo) guarda con molto sospetto all'Italia (e non solo) quando si tratta di distribuire risorse economiche europee all'Italia, un paese ingessato, immobile, senza visione, un paese in cui, per rimanere in tema elettorale, il 14 settembre dopo sei mesi, tra mille difficoltà, si sono aperte le scuole, per essere richiuse solo una settimana dopo per allestirvi i seggi elettorali...”.
Bravo, signor Tarfusser. Quando si dice parlare chiaro e sapere parlare chiaro. Apprendete legislatori italiani, apprendete.
 di Pino Scorciapino

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