I giornali e la mafia, un difficile rapporto lastricato di sangue

Junior | 29 marzo 2023
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Le riflessioni degli alunni dell'istituto Pacinotti di Fondi sulla videoconferenza su mafia, antimafia e media promossa dal Centro Pio La Torre nell’ambito del “Progetto Educativo Antimafia 2022-2023”. Insegnante Daniele Del Vecchio.



Gaia Di Sarra Gaia, 3A LSA


Nella V edizione del progetto educativo Antimafia “Pio la Torre” si è aperta una lunga riflessione in merito alla mafia, antimafia e media.
Il ruolo dell’informazione oggi ha acquisito un’importanza fondamentale. La responsabilità dei giornalisti è molto forte.
Attraverso l’informazione prendiamo coscienza di ciò che succede intorno a noi ed è quindi essenziale il modo in cui ci viene comunicata una notizia. L’informazione non deve limitarsi al racconto del fatto, ma andare alla radice del problema; ciò è possibile raccontando ciò che ha portato a quell’evento in modo continuo e perseverante tanto da poter arrivare a smuovere le coscienze, a toccare le corde dell’animo umano e suscitare emozioni e reazioni. L’uso della memoria non deve essere solo commemorazione, ma memoria attiva.
Sono proprio le reazioni che suscitano in noi i racconti a dar vita a comportamenti antimafia, un’Antimafia non istituzionale, ma quella che riguarda ognuno di noi e che ci dà la capacità di scegliere ciò che sia giusto e cosa no, in ogni momento della nostra vita, in qualsiasi ambito, che sia a casa, a scuola, ovunque.
Di rilevante importanza è la dimensione linguistica-comunicativa perché è attraverso questa che si riesce ad entrare nel cuore di fenomeni come la mafia. Percepiamo la maggior parte dei fenomeni attraverso il linguaggio dei media che fondamentalmente non è mai neutro ma subisce sempre l’influenza del pensiero di chi scrive. Il linguaggio e la comunicazione in genere hanno il potere di creare consensi. La stessa mafia ha un linguaggio interno che le permette di acquisire consensi e potere; si presenta infatti ai suoi “adepti” come l’unica buona alternativa all’assenza dello Stato. Quello che attira è il fascino del potere, il potere che risolve tutto ed è invincibile e che spesso s’incarna in un solo uomo il “boss”, e non importa che possa far del male, l’essenziale è arrivare allo scopo.
La mafia, in un certo senso, proietta verso l’esterno la propria immagine attraverso i racconti dei media e ci spaventa….sembrando invincibile!
Noi non siamo semplici spettatori e abbiamo il dovere di schierarci, come un muro di protezione, al fianco di tutti quei giornalisti che rischiano la vita (alcuni l’hanno già persa) per difendere la libertà di stampa a favore della libertà di vita di tutti.
Siamo noi, tutti noi, l’Antimafia più potente al mondo!

Ludovica Ercole 3 A LSA

L’informatica è la scienza che si occupa della trasmissione delle informazioni per via elettronica, scienza che si evolve a passo d’uomo e che ha creato alcune tra le più ingegnose e rivoluzionarie invenzioni della storia.
Internet e social media, oggigiorno, sono la quotidianità e l’ attualità; la loro immensa importanza non è data infatti solo dalla loro creazione in sé, ma anche e soprattutto dalla potenza di divulgazione che essi comportano. Le informazioni pubblicate sul web o su un qualsiasi social sono accessibili a tutti perciò possono essere, nel bene o nel male, ulteriore motivo di conoscenza.
La mafia, ad esempio, ha strumentalizzato una parte del web nota come Dark Web, ossia uno spazio in cui digitare in anonimo, e lo sfrutta per il proprio traffico di merce illecita o di informazioni rubate. Fortunatamente però i social media si stanno rivelando uno spazio in cui tutti hanno una propria voce che va a contrastare lo straziante silenzio mafioso. Il corretto uso di una piattaforma con una potenza di tale portata potrebbe infatti accrescere un’opposizione forte e stabile che un domani potrà realmente comprendere i “sotterfugi nemici”.
L’importanza dell’informazione in tale ottica diviene primario. La costanza e la prontezza di divulgazione permettono la conoscenza non di un singolo fatto, bensì dell’intera storia che vi si nasconde dietro. Si punta a coinvolgere e a far interessare all’argomento il maggior numero di persone possibili, giovani in primis, e ancora, a smettere di tacere di fronte alla partigianeria mafiosa.
L'obiettivo dunque è utilizzare, a vantaggio dell’antimafia, il potere dell’informazione, utilizzando come spunto i grandi combattenti eroici del passato che pian piano iniziarono a mostrare ai cittadini ignari gli atteggiamenti della mafia, fino a diventare un grande muro di opposizione. Per molto tempo l’uomo ha combattuto per la propria libertà e per i propri diritti, non è ora il momento di smettere di lottare contro la paura e l’intimidazione che da anni fa breccia negli animi degli italiani. Siamo la maggioranza e con la coalizione possiamo abbattere definitivamente quest’attività di terrore psico-fisico.

Bruno Pagnani 3 A LSA

La mafia è un sistema di potere esercitato attraverso l’uso della violenza e dell’intimidazione per il controllo del territorio, di commerci illegali e di attività economiche e imprenditoriali; è un potere che si presenta come alternativo a quello legittimo fondato sulle leggi e rappresentato dallo Stato.
E’ una piaga storica del nostro Paese, che, grazie anche al suo legame con politici e figure istituzionali di alto livello, è riuscita a prosperare negli anni, intimidendo con atti di violenza, faide, omicidi ed estorsioni.
Il Presidente FNSI Giuseppe Giulietti ad apertura conferenza sul tema “Mafia, antimafia e media” ha affermato: “Guai a scoprire la lotta alla mafia il giorno dell’evento, guai a scoprire Messina Denaro il giorno del suo arresto, guai ad accendere i fari solo in quella giornata, dimenticando il prima e il dopo, anche perché nel caso di arresti eccellenti il prima è parte del racconto, parte delle trattative, parte di ciò che sta nel sottosuolo. Il compito dei giornalisti è quello, per riprendere le parole di Papa Francesco, di consumare le suole e andare anche nel sottosuolo. La memoria si può usare come commemorazione mettendo una targa per poi riprendere la nostra vita come se nulla fosse, oppure come memoria attiva. Come la memoria attiva usata a suo tempo da Pio La Torre, la cui era di non isolare mai il fenomeno mafioso, ma legarlo ai diritti, all’assenza di lavoro, all’assenza della dignità, all’assenza della pace”.
In questo momento è fondamentale il ruolo dell’informazione dei media se colleghiamo il fenomeno mafioso alla mancanza di diritti, all’assenza di dignità. L’informazione non deve essere una narrazione dei fatti, ma deve toccare l’emotività di chi legge, di chi guarda un telegiornale o clicca su un giornale digitale; tutte possibilità date ai giovani che 40 anni fa non c’erano. Oggi più che mai c’è la possibilità di decidere come informarsi e attraverso quali canali farlo. Sembra una straordinaria forma di libertà e democrazia mediatica, ma va gestita con il giusto senso di responsabilitàL’informazione è importante nel raccontare la mafia, ma anche nel sapere approcciarsi al concetto di antimafia. Se ci si limita a parlare di antimafia  se ci si riferisce all’antimafia delle carriere, a quella referenziale delle medagliette, si fa un grande errore. Quella che conta è l’antimafia dell’ordinarietà, dei comportamenti a scuola, a casa, tra gli amici, l’antimafia di chi non si volta dall’altra parte, di coloro che non accettano le ingiustizie, discernendo tra cosa è giusto e cosa sbagliato.
Ai fini della lotta contro questa organizzazione criminale, che trae vantaggio dalla globalizzazione dei mercati leciti e illeciti e dalla finanziarizzazione dell’economia, risulta essenziale un’efficace collaborazione tra le autorità giudiziarie come l’istituzione di una Procura europea, una maggiore uniformità della legislazione, a partire da quella dei Paesi della comunità europea, in particolare per quanto riguarda gli accertamenti sulla provenienza illecita del denaro e le misure di prevenzione patrimoniale, e soprattutto una più decisa azione a livello internazionale anche da parte dei Paesi che finora hanno evidenziato una minore “sensibilità antimafia”.
L’art. 21 della Costituzione Italiana afferma che: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Giuseppe Impastato, Giovanni Spampinato, Giancarlo Siani, Giuseppe Fava sono alcuni dei giornalisti che negli anni hanno perso la vita per mano mafiosa in Italia. Nomi che evocano un passato doloroso e allo stesso tempo richiedono un presente di giustizia, libertà d’espressione e verità. Queste storie di messa a tacere a causa di parole troppo scomode da sentire per radio o leggere in articoli di giornale non sono solo fatti del passato, perché il presente è purtroppo altrettanto sfacciato nel proporre testimonianze significative di donne e uomini minacciati, aggrediti, che continuano a raccontare ciò che hanno visto. Questi giornalisti dimostrano, ogni giorno, che sono capaci di affrontare continui avvertimenti in nome di un lavoro, di una missione, della passione ardente per i valori della giustizia e della verità.
Per contrastare efficacemente l’intreccio di aspetti culturali, politici ed economici che caratterizza la mafia, lo Stato è obbligato a mettere in campo azioni altrettanto articolate e ad ampio spettro. Se si ritengono politiche antimafia tutti quegli interventi volti a contenere, contrastare e distruggere le organizzazioni mafiose, si possono allora far ricadere in questa categoria la previsione di uno specifico reato associativo, la costituzione di strutture giudiziarie e di polizia specializzate, l’applicazione ai detenuti per reati di mafia di uno speciale regime carcerario, la realizzazione di progetti scolastici di educazione alla legalità, la promozione di campagne di sensibilizzazione e così via. Inoltre, la complessità del fenomeno mafioso e i suoi legami con la sfera della politica, della cultura, degli affari e del lavoro impone di considerare ‘antimafia’ anche altri interventi non esplicitamente progettati in questa chiave. Ci si riferisce, per es., alle politiche contro la dispersione scolastica, per il sostegno all’occupazione, per la tutela dei diritti dei migranti e così via.
Giovanni Falcone e PaoloBorsellino sono diventati un simbolo di come la mafia, per perseguire i suoi interessi, non si fermi davanti a nulla, anche alzando il livello della ferocia al punto da uccidere dei magistrati. Ma, per ricordare una frase del magistrato Falcone, “la mafia è nata da uomini e, come tutte le cose umane, se ha avuto un inizio deve avere anche una fine”. Il ricordo di Borsellino e Falcone resterà tale non tanto se la magistratura potrà proseguire nella sua battaglia, ma se la società italiana imparerà a considerare la mafia come un “vampiro” che persegue i suoi obiettivi e non ha paura di spazzare chi cerca di impedirlo.Sebbene anche oggi l’attività dell’antimafia continui imperterrita e Cosa Nostra, con dinamiche diverse dalla vecchie guerre di mafia, continui comunque a fiorire, i giovani sono sempre più in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. A Palermo, ad esempio, dei ragazzi hanno creato e gestiscono un’organizzazione chiamata “addio pizzo”, con la quale invitano numerosi commercianti a lottare contro il pizzo e la mafia. Inoltre, anche grazie al ruolo di film e serie tv di denuncia, si è aperta una consapevolezza sul problema mafioso che, sebbene difficile da debellare, non può più contare sempre e incondizionatamente sull’omertà e la paura. 
Luisa Santospirito 3 A LSA

Media, plurale di medium, è una parola che deriva dal latino e significa “mezzo, strumento“.
Il ruolo dei media è quello di informare le persone sui fatti, in modo da permettere loro di comprendere la realtà.
Fin dall'antichità la trasmissione delle conoscenze tramandate da generazione ingenerazione, ha permesso all’uomo di mantenere ciò che era stato appreso in precedenza e di evolversi.A pari passo con l'evoluzione antropologica, si è giunti ad un'evoluzione degli strumenti (media) a sua disposizione.
Ma esiste una relazione tra media, antimafia e mafia?I media hanno sempre costituito uno strumento di contrasto alle organizzazioni mafiose, in quanto danno voce ai silenzi che avvolgono esse. Infatti "silenzio" è una delle parole chiave in tale contesto, è il cardine su cui si basa il funzionamento mafioso. Vi sono due tipi di silenzi: quello delle vittime che, intimorite dalle conseguenze che si potrebbero riversare su di loro, decidono di non denunciare le associazioni mafiose e gli eventi che le riguardano e permettono lo sviluppo della mafia e la non cessazione delle sue attività; e poi c’è il silenzio di coloro che ricoprono dei ruoli in questa organizzazione, i silenzi dei mafiosi che contribuiscono alla creazione di un profilo mafioso segreto e criptico.
Un altro alleato mafioso è l'indifferenza dei cittadini, fenomeno ancora troppo radicato nella società del ventunesimo secolo.
C'è bisogno di superare l'ideologia retrograda che si può racchiudere nel proverbio che dice: "chi si fa i fatti suoi, campa cent'anni".
Per tali motivi risulta cruciale sottolineare il ruolo che detengono i media per ilperseguimento della repressione della diffusione del fenomeno mafioso.
Essi fanno da lente d'ingrandimento su tale problema. E’ necessario informare, raccontare e monitorare i meccanismi di distorsione messi in atto contro la legalità.
Uno dei primi a comprendere la forza dell'utilizzo di questo espediente fu Giuseppe Impastato, giornalista e attivista siciliano, noto per il suo impegno contro la mafia che fu la causa della sua morte.
Egli fondò Radio Aut, una radio indipendente e autofinanziata, in cui lui stesso conduceva la trasmissione satirica ‘Onda pazza a Mafiopoli’ in cui denunciava i loschi affari di Cosa Nostra e derideva le figure mafiose. Il suo scopo era quello di far focalizzare i cittadini sulla problematica esistente, rendendoli consapevoli. Infatti l'informazione porta alla consapevolezza e tale passaggio costituisce il primo passo per sconfiggere la mafia.
Ad oggi i giornali tendono a riportare unicamente i fatti senza far leva sulle emozioni dei lettori e non attuando un programma di sensibilizzazione al problema che è fondamentale per la sua risoluzione.
Dunque debellare il fenomeno mafioso è possibile tramite l'informazione che va a colmare i silenzi da sempre imposti dal sistema mafioso. Il lavoro dei giornalisti risulta indispensabile per far aprire gli occhi alle persone, le quali devono necessariamente cessare di attuare i comportamenti fondati sull'indifferenza.

Antonio Nardelli III B LSA

Il giorno 16 Marzo 2023 abbiamo assistito alla conferenza del progetto educativo antimafia del Centro Studi Pio La Torre su “Mafia, antimafia e media” con Giuseppe Giulietti, Marco Romano e Salvatore Di Piazza.
«Guai a scoprire la lotta alla mafia il giorno dell’evento, guai a scoprire Messina Denaro il giorno del suo arresto, guai ad accendere i fari solo in quella giornata, dimenticando il prima e il dopo, anche perché nel caso di arresti eccellenti il prima è parte del racconto, parte delle trattative, parte di ciò che sta nel sottosuolo. Il compito dei giornalisti è quello, per riprendere le parole di Papa Francesco: “di consumare le suole e andare anche nel sottosuolo”.Parole molto forti che devono farci pensare e riflettere sul mondo che ci circonda perché non è tutto bello come ci sembra e bisogna ricordare ciò che accade per far in modo che non si ripeterà in futuro.
«La memoria si può usare come commemorazione - ha proseguito Giulietti - mettendo una targa per poi riprendere la nostra vita come se nulla fosse, oppure come memoria attiva. Come la memoria attiva usata a suo tempo da Pio La Torre, il cui intento era di non isolare mai il fenomeno mafioso, ma legarlo ai diritti, all’assenza di lavoro, all’assenza della dignità, all’assenza della pace; si poneva il problema di prosciugare l’acqua attorno alla mafia. Abbiamo bisogno rafforzare l’ordinarietà dell’azione quotidiana.».
Si è passati poi con il direttore del Giornale di Sicilia, Marco Romano, al ruolo della stampa ed è stato chiesto quanto fosse importante.
«Assume una rilevanza ancora superiore non soltanto come vera narrazione dei fatti, ma andando a toccare le corde dell’emotività di chi legge, guarda un telegiornale o clicca su un giornale digitale; tutte possibilità date ai giovani che 40 anni fa non c’erano. Oggi più che mai c’è la possibilità di decidere come informarsi e attraverso quali canali farlo. Sembra una straordinaria forma di libertà e democrazia mediatica, ma va gestita con il giusto senso di responsabilità. Faccio sempre la metafora del coltello: lo puoi usare per uccidere, ma anche per tagliare il pane. Non è mai lo strumento il problema, ma l’uso che se ne fa. Lo dico perché negli anni ci siamo dovuti confrontare con quello che passava e passa attraverso i social: una comunicazione che spesso viene intesa erroneamente come informazione. Informazione che non si deve fermare a narrare, ma deve sapere far comprendere, deve essere un importante punto di analisi e un importante punto di approfondimento rispetto alle dinamiche della cronaca che ci accompagna specie in questi giorni».
Questa è stata la sua risposta che ci fa riflettere, tra le altre cose, su come noi, nel nostro piccolo mondo, possiamo fare per migliorare tutto ciò che ci circonda.
Salvatore Di Piazza, un docente Unipa, ha successivamente tenuto doveroso sottolineare l’importanza della dimensione linguistica del fenomeno mafioso con queste parole. Nella lingua traspare una cultura, una ideologia, un modo di pensare. La dimensione comunicativa della mafia è particolarmente interessante perché non c’è struttura di potere, anche la più violenta, che non abbia la necessità di costruirsi forme di consenso. Pensiamo al caso più emblematico, persino il nazismo aveva istituito il Ministero della Propaganda perché, costruirsi il consenso, è una delle modalità che hanno le strutture di potere di esercitarlo. Se la violenza fisica è quasi l’estrema ratio di strutture come la mafia, questo è ciò che consente di costruirsi un brodo di coltura nel quale il potere può proliferare. Ecco la necessità che ha la mafia di costruire attorno a sé una rete di consenso che si collega a quell’immagine che lei stessa vuole veicolare».
Sono state, poi, numerose le domande degli studenti a cui hanno risposto ai relatori in modo appassionato ed esaustivo che sempre di più ci permettono di riflettere ed approfondire l’argomento.

Lorenzo Ferraro 3BLSA
Giovedì 16 marzo 2023 si è tenuta al centro studi Pio La Torre una videoconferenza su un tema molto importante: il rapporto tra la mafia e i media e anche il rapporto fra l’antimafia e i media, una tematica, a mio parere, da non sottovalutare.
Il primo a parlare è stato il presidente GiuseppeGiulietti, che ha voluto chiarire un argomento importante, ovvero la distinzione fra memoria attiva e passiva che spesso sono confuse. La memoria passiva è ricordare grandi uomini che hanno combattuto la mafia, come lo stesso Pio La Torre, solo il giorno dell’anniversario dalla loro morte. Ciò non è corretto, perché se davvero qualcuno volesse ricordare queste persone per quello che hanno fatto lo farebbe tutti i giorni, anche solo con dei piccoli gesti, così da mantenere la loro memoria viva all’interno delle nostre menti. Uno di questi gesti può essere, per esempio, anche partecipare ed ascoltare le videoconferenze del centro studi Pio La Torre.
Un ruolo in questa vicenda lo hanno però anche i giornalisti. Questi, piuttosto che ricordare Pio La Torre o qualsiasi altro grande personaggio antimafia solo il giorno del loro anniversario, potrebbero ricordarli giorno per giorno, magari parlando anche solo di piccoli gesti che avvengono giornalmente in tutta Italia o nel mondo.
Successivamente Marco Romano, il direttore del Giornale di Sicilia, ci ha parlato di antimafia e del suo rapporto con i media. Ad oggi quando si pensa ad antimafia si pensa unicamente alle lotte in parlamento, a quelle lotte che avvengono in politica per cercare di combattere questo fenomeno mafioso. In realtà il concetto di antimafia non è solo questo. L’antimafia dovrebbe essere più una questione etica e morale di ogni singolo individuo. La lotta alla mafia avviene, come è giusto che sia, anche in parlamento, ma è importante ricordare che non avviene solo in parlamento. L’antimafia comprende anche tutte quelle persone, tutti quegli individui, che combattono la mafia ogni giorno, e che non si dichiarano antimafia solo perché è giusto oppure solo perché lo fanno tutti, ma sono antimafia perché combattono la mafia attivamente sempre.
Questa conferenza è stata forse una di quelle che più ha attirato la mia attenzione. Parlare di memoria passiva e memoria attiva mi ha fatto molto riflettere anche su me stesso, e mi ha ricordato ancora una volta dell’importanza di queste conferenze. Ma non solo la memoria passiva mi ha colpito, ma anche il concetto di antimafia è stato stravolto per me. Anche per me l’antimafia si limitava alle lotte che avvengono ogni giorno in parlamento, ma ho dovuto cambiare idea, perché sarebbe quasi offensivo considerare solo queste lotte antimafia. Va ricordato infatti anche chi, nel suo piccolo, lotta ogni giorno contro la mafia.

Lara Capotosto 3 B LSA

Nella conferenza del centro studi Pio La Torre, tenutasi il 16 marzo 2022, è stato analizzato il rapporto tra mafia e mezzi di divulgazione, quali media, giornali, cinema, utilizzati soprattutto per attuare campagne antimafia e incitare il prossimo alla memoria. A questo proposito, viene trattata la differenza tra memoria attiva e memoria passiva: la prima da me citata, si limita a ricordare occasionalmente un martire della mafia, non contribuendo alla diminuzione dei fenomeni d'ingiustizia; mentre, si dovrebbe agire attivamente anche con piccole ma significative azioni, ogni giorno. Risulta fondamentale il ruolo dei giornalisti e di chiunque promuova la conoscenza e la riflessione sull’argomento, incitando la collettività ad un impegno costante e veritiero, per non permettere che la degradazione odierna si prospetti anche nella società futura. Inoltre, è importante riflettere su quanto sia superficiale l’approccio sui soggetti di mafia,basta pensare all’arresto di Matteo Messina Denaro, il quale è l’esempio lampante di come la mafia sia vista come una potenza inarrestabile, come un bell’uomo incline al divertimento e ben vestito: è questo ciò che accade anche nei film e nelle fiction, dove si tende a “romanticizzare” la violenza, la cattiva fede, l’ingiustizia, non focalizzandosi abbastanza su quello che dovrebbe essere il messaggio principale: denunciare e riportare. A Tal proposito, non sarebbe sbagliato pensare che non ci si può fidare dei media, dei film o di alcuni giornali, in quanto il passaggio di un informazione fraintesa o mal trattata è dietro l’angolo. Per questo motivo, è necessario educare i giovani al contrasto alla mafia e renderli consapevoli rispetto all’utilizzo dei mezzi di divulgazione sopra citati; in questo modo, il messaggio potrà essere più chiaro, conciso e significativo, senza alcun tipo di idealizzazione dell’uomo mafioso o della crudeltà da lui esercitata, moda dei nostri giorni.


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