Fondi Ue, la Sicilia spende poco e male: così i soldi saranno dirottati alle regioni del Nord

L'analisi | 9 ottobre 2022
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In sé la notizia non rappresenta una novità: si riconferma, nonostante le declamazioni del già presidente della Regione Nello Musumeci, che la Sicilia sconta ritardi nella spesa dei fondi strutturali europei. Con il meccanismo detto N+3 (la spesa va certificata entro il terzo anno dalla conclusione del ciclo di programmazione) ci sarà tempo fino al dicembre 2023 per evitare di restituire a Bruxelles le somme non spese.
Assai più interessante è invece verificare sul portale Cohesion data della Commissione europea (consultato l'8/10/2022 alle ore 11) la distribuzione della spesa già certificata. Per il FSE essa ammonta a conclusione del primo semestre dell'anno in corso a 441.345.601 di euro su un totale di poco più di 615 milioni di euro di risorse europee (il totale del programma compreso il cofinanziamento nazionale è di circa 820 milioni); siamo cioè, compresi finanziamento iniziale e e prefinanziamento annuale, al 72% dei pagamenti. Se ne parla di rado, perché la nostra informazione è ossessionata dalle percentuali di spesa, ma il portale contiene una voce che esplicita i risultati (achievements) conseguiti dai programmi.
Delle 125.977 persone coinvolte nelle varie attività, 60.302 sono tra il 25 ed i 54 anni, 52.269 sono al disotto dei 25 anni, 13,406 oltre i 54. Tuttavia, appena 10.492 NEET (giovani che non studiano e non lavorano) sono stati presi in carico; per rendersi conto della limitatezza della misura, basti citare il piano nazionale NEET 2022 che comprende nella definizione ben il 30,4% della popolazione siciliana della fascia d'età corrispondente, il tasso più alto in Italia. Tra le persone prese in carico, 31.995 hanno partecipato a progetti di formazione professionale, 42.265 sono stati coinvolti in attività di inclusione sociale, 50.926 in progetti tesi a migliorare la qualità e la sostenibilità del lavoro. I disabili implementati (implemented) sono stati 3329 ed appena 348 gli homeless. Un solo progetto ha riguardato partners sociali o organizzazioni non governative. I partecipanti svantaggiati impegnati nel mercato del lavoro sono stati 25.
Vi sarebbe ampio spazio per una discussione sugli effetti concreti delle politiche di inclusione sociale e delle politiche attive del lavoro nella realtà siciliana, ove si riuscisse per una volta a spostare l'attenzione da QUANTO si spende a COME si spende.
Peggiore la situazione del fondo per lo sviluppo rurale che su 1. 792.683.751 euro di contributo europeo (su un totale di 2. 885. 571.080) ha spesa certificata per 994.674.817 euro pari al 55%. Percentuale che però precipita al 41% sul totale della spesa pianificata compreso il cofinanziamento nazionale, se si fa riferimento alla spesa totale (FS+cofinanziamento) di 1.190.567.484 effettuata alla data odierna.
Per quanto riguarda il FESR che è quello dotato di maggiori risorse (4.273.038.791 euro di cui 3.418.431.018 provenienti dall'Unione), a fronte di decisioni di investimento pari a 4.928.293.139 euro (in overbooking al 115%) sono stati spesi 2.258.344,179 euro pari al 53%. Di questi ben 2.074.503.876 sono finanziamento EU, pari al 61%. Gli achievements appaiono in chiaroscuro. Infatti a fronte di 1.377.858 famiglie connesse alla banda larga su un obiettivo di 1.620.000, è evidente il fallimento nel ciclo dei rifiuti. Rispetto all'obiettivo di riciclare 395.000 tonnellate di rifiuti/anno l'attuazione si è limitata ad appena 3407 tonnellate/anno. Un lampante fallimento della politica della Regione.
Molto indietro anche le opere stradali: su 178 chilometri pianificati, solo 21 realizzati. Fallimentare anche il programma di efficientamento energetico degli edifici pubblici: era stato programmato un risparmio di 7.300.00 kWh/anno, la realizzazione si è fermata a 393.730 kWh/anno. Per le ferrovie solo 9 chilometri di linea sui 17 programmati; per tram e metro 7 Km costruiti su 12 in programma. E si potrebbe continuare!
Insisto su questi dati perché avverto un silenzio preoccupante relativamente al nuovo ciclo di programmazione 2021-2027. Il Sole 24 ore del 7 ottobre dà notizia di 16 programmi operativi presentati dall'Italia per il prossimo settennio già approvati, su un totale italiano di 46. Tra questi il programma FSE Sicilia, mentre risultano ancora sub iudice il FESR e il FEASR. Il totale dei fondi strutturali europei disponibili per l'isola sarà di 7.374,5 miliardi di euro. Se questa è una buona notizia, non poteva mancarne una negativa direttamente connessa ai ritardi di spesa della Sicilia nella programmazione in via di conclusione.
Secondo le cifre sopra riportate FESR, FSE, FEASR regionali hanno un paio di miliardi di euro non ancora utilizzati. La Campania ha una condizione simile, mentre la terza grande regione meridionale, la Puglia, ha ormai acquisito una maggiore capacità di far fronte agli impegni di spesa europei. Nel momento in cui si è aperta la caccia a tutte le risorse utilizzabili per far fronte all'impennata inflazionistica che sta colpendo soprattutto le bollette energetiche, molti guardano ai fondi europei non spesi come ad un tesoretto da cui attingere. Una tabella pubblicata su Repubblica (dati al 30 aprile 2022) individua oltre 14 miliardi di euro di risorse disponibili che potrebbero essere destinati ad intervento finalizzati ad abbattere i costi energetici. Di essi 10 miliardi provengono dal programma europeo REACT EU, il pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione ed i territori concepito per reagire alla crisi del Covid 1 e come ponte tra i due cicli di programmazione dei fondi strutturali. Se, come affermano diversi media, la Commissione concederà la possibilità di dirottare fondi strutturali verso il ristoro dei maggior costi energetici il REACT, il taglio colpirà i PON (programmi operativi nazionali) Governance, Imprese e competitività, Città metropolitane, Scuola, Ricerca, Sistemi politiche attive ed occupazione, Infrastrutture e reti, Inclusione, Fondo aiuti agli indigenti, con effetti che riverbereranno sull'intero territorio nazionale.
Le dolenti note riguardano invece i 3,518 non spesi dai programmi operativi regionali, che colpirebbero quasi esclusivamente Sicilia e Campania, anche se le normative vigenti obbligano in ogni caso ad impegnarli per l'80% al Sud. Se, insomma, passasse il tipo di intervento di cui si discute, le due più grandi e tra le più economicamente disastrate regioni del Sud farebbero con l'80% delle somme che non sono riuscite a spendere solidarietà al resto del Mezzogiorno e con il restante 20% alle ben più ricche regioni del Centro Nord. La solidarietà è sempre encomiabile, ma quella derivante dall'incapacità di utilizzare le risorse europee qualche rimorso, in chi ha governato i questi anni la Sicilia, dovrebbe pur provocarlo. Rimorsi che dovrebbero creare maggiore angoscia in chi magari si appresta a qualche incarico di governo in un Esecutivo che ha tra le sue priorità l'introduzione dell'autonomia differenziata che non farà certamente del bene al Sud ed alla Sicilia.
 di Franco Garufi

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